“La diffusione del Vangelo non dipende dalla quantità del denaro“. È il cuore dell’omelia che Papa Francesco ha tenuto, stamane, durante la Messa celebrata nella Basilica Vaticana con oltre seimila seminaristi, novizi e novizie, giunti a Roma per il loro pellegrinaggio nell’Anno della fede. “La diffusione del Vangelo – ha affermato Bergoglio – non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili”. 

Un’omelia “senza sconti”, come l’ha definita monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Ai futuri sacerdoti e suore Francesco ha spiegato che sempre dovranno vivere la loro vocazione nel “mistero pasquale”, nella “croce di Cristo”. “E se rimaniamo dentro questo mistero – ha affermato il Papa – noi siamo al riparo sia da una visione mondana e trionfalistica della missione, sia dallo scoraggiamento che può nascere di fronte alle prove e agli insuccessi”.  Francesco ha, inoltre, sottolineato con forza che il sacerdote e la suora non sono dei “mestieri come il sarto, il cuoco o la cuoca“.

“L’evangelizzazione si fa in ginocchio”, mi diceva l’altro ieri uno di voi. “Siate sempre uomini e donne di preghiera! Senza il rapporto costante con Dio la missione diventa mestiere. Il rischio dell’attivismo, di confidare troppo nelle strutture, è sempre in agguato. Se guardiamo a Gesù – ha aggiunto Francesco – vediamo che alla vigilia di ogni decisione o avvenimento importante, si raccoglieva in preghiera intensa e prolungata. Coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più urgenti e pressanti”. 

Un passaggio sicuramente autobiografico che sottolinea come il Papa viva intensamente questi giorni che precedono una serie di nomine e di riforme che caratterizzeranno fortemente il suo pontificato. Secondo alcune indiscrezioni, infatti, Bergoglio starebbe pensando ad alcuni cambiamenti chiave nei dicasteri della Curia romana, oltre alla nomina più importane e più delicata, quella del suo “premier”, ovvero il successore del cardinale Tarcisio Bertone alla guida della Segreteria di Stato. 

In pole position ci sarebbe monsignor Pietro Parolin, attuale Nunzio apostolico in Venezuela, ordinato vescovo da Benedetto XVI, molto legato al cardinale Angelo Sodano che nel 2002 lo volle in Segreteria di Stato come sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, ovvero viceministro degli Esteri vaticano. Parolin ha anche collaborato con Bertone, da molti vescovi nella Curia romana e non solo considerato il “peccato originale” del pontificato di Benedetto XVI. 

Prima della fumata bianca del 13 marzo scorso, Parolin aveva auspicato l’elezione di un Papa latinoamericano. “L’America Latina – aveva dichiarato Parolin – ha tutti i titoli per poter esprimere un Papa. Non dimentichiamoci che è il continente dove vive la maggioranza relativa dei cattolici del mondo. Si tratta di una Chiesa viva, presente nella società, cosciente della sua vocazione di discepola-missionaria. Credo – aveva proseguito il nunzio – che l’elezione di un Papa latinoamericano potrà imprimere un impulso forte all’evangelizzazione del nostro tempo e al contributo che la Chiesa è chiamata a dare alla soluzione dei grandi problemi attuali, come la povertà, la giustizia sociale, la convivenza pacifica”. 

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