Maria Carmela Lanzetta, prima cittadina già minacciata dalla 'ndrangheta in passato e già convinta in passato a non lasciare il suo incarico: "Vulnus politico-amministrativo. Sono incompresa". Lettera alla Boldrini con cui era previsto un incontro: "Scelta dolorosa ma necessaria"
Maria Carmela Lanzetta si è dimessa da sindaco di Monasterace (Reggio Calabria). Voleva costituirsi parte civile in un processo nato da un’inchiesta antimafia che ha coinvolto il boss della cittadina della Locride, Benito Vincenzo Antonio Ruga, l’imprenditore Aladino Grupillo e per il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Vito Micelotta. Contro quest’ultimo, il Comune si era già costituito durante l’udienza preliminare. Per una questione di principio, il primo cittadino voleva che l’amministrazione lo facesse anche nei confronti del capocosca e degli imputati accusati di abuso d’ufficio e falso ideologico “al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalla commissione dei reati”. E anche se le accuse iniziali (concorso esterno in associazione mafiosa) sono cadute, l’inchiesta “Village” aveva dimostrato l’influenza della ‘ndrangheta nel palazzo comunale; gli indagati, infatti, avrebbero manovrato gli appalti dell’amministrazione e garantito alla cosca Ruga il monopolio del movimento terra.
Da qui, la richieste della Lanzetta di estendere la costituzione di parte civile. L’ordine del giorno, però, ha registrato il voto contrario dell’assessore al Personale Clelia Raspa alla quale, poco tempo fa, la ‘ndrangheta ha incendiato l’auto. Un voto contrario che, a detta della Lanzetta, l’ha spinta alle dimissioni che lei definisce irrevocabili. “Ha provocato un vulnus politico-amministrativo – spiega il sindaco antimafia finito nel mirino della criminalità – rispetto alle linee guida presenti e future sulla legalità e sul rispetto delle regole che la sindacatura della sottoscritta ha sempre posto come principio di riferimento per qualsiasi azione intrapresa dal e per il Comune di Monasterace. Rassegno quindi le mie dimissioni perché avrei molte difficoltà personali ad amministrare il Comune sulla base di questa vulnerabilità. Ritengo che sia giusto lasciare anche per la grande stima che che nutro per l’assessore che ha votato contro”.
La ‘ndrangheta le aveva già incendiato la farmacia di cui è proprietaria, le ha sparato all’auto e alla saracinesca della sua attività. Anche in quell’occasione aveva pensato di dimettersi. Poi non lo fece e rispose alle minacce della cosca Ruga restando al suo posto. Vive sotto scorta e, in questi anni, ha dimostrato di non avere paura: “Non sono intimidita, ma incompresa” commenta a caldo le sue dimissioni dopo avere annunciato la sua decisione alla presidente della Camera Laura Boldrini con cui, nei prossimi giorni, si sarebbe dovuta incontrare nella Locride.
“Purtroppo – scrive la Lanzetta – si è verificata una circostanza amministrativa inattesa che mi costringe a rassegnare le dimissioni dalla carica di sindaco”. Nella lettera, inoltre, ricorda il primo incontro avuto con la Boldrini insieme ai sindaci di Rosarno e Lamezia, Elisabetta Tripodi e Giannetto Speranza: “Abbiamo potuto esprimere le preoccupazioni per le difficoltà finanziarie che incontrano i sindaci dei piccoli Comuni anche per le intimidazioni che subiscono e, soprattutto, per le condizioni disagiate del lavoro in Calabria che riguarda gli uomini, le donne e i giovani calabresi. Preoccupazioni che legano in maniera indissolubile lavoro, donne, legalità, rispetto delle regole”.
E sulla decisione di gettare la spugna, l’ormai ex sindaco di Monasterace aggiunge rivolgendosi alla Boldrini: “L’esigenza di non derogare alla coerenza personale di valutazioni istituzionali indirizzate a tenere la schiena dritta per tutelare il nome del mio Comune e della mia amministrazione, mi hanno convinta a fare una scelta dolorosa ma necessaria, di cui lei, sono sicura, che ne capirà le ragioni. Sono le ragioni dei principi che stanno alla base della mia esistenza umana, professionale e amministrativa: lavoro, giustizia sociale, cultura e rispetto dell’uomo e della donna in quanto tali. Principi che ho appreso dai miei genitori e da molti uomini e donne che hanno sacrificato la loro vita per rispettare i principi su cui avevano fondato la loro esistenza. Purtroppo queste scelte, quando non vengono comprese, conducono anche a perdere le amicizie di una vita e al peso della solitudine, ma sono il pilastro su cui è possibile poggiarsi per conservare la libertà del proprio agire umano e amministrativo”. Infine un appello ai cittadini calabresi: “È necessaria una svolta profonda, che è soprattutto culturale, per valorizzare le tantissime persone coerenti, coraggiose e solidali che operano spesso e volentieri mettendo in gioco se stessi, in termini di impegno civile e, a volte, anche economico, per raggiungere l’obiettivo del bene comune”.