Sono molto delusa da una decisione presa di recente dal Consiglio regionale Lombardo. Pare proprio che non sarà data assistenza pediatrica di base ai minori stranieri presenti in Lombardia senza permesso di soggiorno.
Una cosa che faccio fatica a tollerare in quella che è la mia regione e che dovrebbe essere il motore economico del paese.
Il Consiglio di Palazzo Lombardia, infatti, ha bocciato una mozione presentata dai due gruppi di centrosinistra, con primo firmatario Umberto Ambrosoli e che chiedeva un impegno della Giunta di Roberto Maroni per estendere il servizio di cure pediatriche anche ai piccoli irregolari. Una decisione che non avrebbe avuto alcun immediata ricaduta pratica, ma che avrebbe messo le basi per iniziative future e certo stabilito uno scatto di civiltà per questa regione. E invece niente.
Vorrei però ricordare a Roberto Maroni cosa dice la Carta dei diritti dell’infanzia. O meglio la “Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” che è stata approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite (ONU) a New York addirittura il 20 Novembre del 1989. L’Italia ha ratificato e reso esecutiva la Convenzione il 27 Maggio 1991 attraverso l’approvazione della Legge 176.
A questo punto sarebbe importante che tutti i politici e amministratori italiani conoscessero in dettaglio questo documento al fine di essere, ognuno nel proprio ambiente e attraverso le proprie opportunità, difensori consapevoli e convinti dei diritti di ogni bambino che viene al mondo. Come è scritto nel preambolo della convenzione: “Questo documento vede nei bambini e negli adolescenti non solo degli oggetti di tutela, ma soprattutto dei soggetti di diritto, proponendo una nuova consapevolezza sul valore che l’infanzia rappresenta per l’intero pianeta”. Nella Carta, che non presenta numeri di articoli, ma una lista di principi fondamentali, è scritto che: “Il bambino deve poter vivere in salute anche con l’aiuto della medicina”.
Successivamente è stabilito che gli Stati devono garantire questo diritto con diverse iniziative:
“fare in modo che muoiano meno bambini nel primo anno di vita; garantire a tutti i bambini l’assistenza medica; combattere le malattie e la malnutrizione fornendo cibi nutritivi ed acqua potabile; assistere le madri prima e dopo il parto; informare tutti i cittadini sull’importanza dell’allattamento al seno e sull’igiene; aiutare i genitori a prevenire le malattie e a limitare le nascite. Il bambino che è stato curato deve essere controllato periodicamente”.
Insomma, il principio di base di questa Convenzione è che ogni bambino deve essere assistito in caso di necessità, e credo che non possa rappresentare discriminante il fatto che sia presente su un territorio in maniera regolare o meno. Infatti, nel secondo caso, la colpa non sarebbe sua, ma dei genitori che lo hanno costretto a violare la legge del paese che li ospita, in quel modo.
“Ogni bambino ha diritto a vivere bene”. Dovrebbe essere questo l’unico principio guida delle decisioni di politi e amministratori.
Invece il dibattito, in Lombardia, s’è ridotto tutto al solito teatrino di contrapposizione tra destra e sinistra. Ambrosoli ha spiegato che i figli di stranieri senza permesso di soggiorno “possono accedere alle strutture sanitarie solo per prestazioni urgenti ed essenziali”, mentre “hanno diritto all’assistenza del pediatra di famiglia solo fino ai 6 mesi di vita”. A quel punto ha invocato, invece, una piena garanzia del “diritto alla salute del minore”. L’assessore alla Salute Mario Mantovani (Pdl) gli ha risposto che “anche i minori non in regola rispetto alle norme di ingresso in Italia hanno già il diritto di ricevere le prestazioni previste dalla legge, come le cure urgenti e quelle essenziali”. Ma solo quelle.
Quel che mi ha stupito è la posizioni di quanti hanno criticato gli estensori della mozione, bollandola addirittura come “una delle tante manovre della sinistra per aprire la strada allo ius soli”, firmato Fabio Rizzi (Lega).
Resta però il fatto che i bambini, figli di genitori irregolari, in Italia esistono, e sono tanti. Risultano però difficili da censire, ma secondo statistiche non ufficiali sarebbero svariate migliaia. Che si dovrebbe fare di loro nel caso si ammalassero? A questo la politica pretendo che dia una risposta.