I detriti prodotti dai lavori per la realizzazione della linea 5 della metropolitana di Milano finiti in una cava del basso Bresciano. E’ l’ipotesi su cui è stata aperta un’inchiesta della Procura di Brescia che poggia, tra l’altro, sulle dichiarazioni di un autotrasportatore. L’area su cui si stanno effettuando gli accertamenti si trova tra i comuni di Pompiano, Orzivecchi e Trenzano: sarebbe quella una delle tante pattumiere di Milano e lì sarebbe finito il materiale di scarto provenienti dai cantieri della M5, la cosiddetta “lilla”, inaugurata nello scorso febbraio.
Una zona immersa nel verde, che comprende anche un laghetto, sperso tra la campagna e radi cespugli di alberi. Lo specchio d’acqua, di quasi 50 ettari, è di solito frequentato da appassionati di pesca che cercano di tornarsene a casa con pesci gatti, carpe e cavedani. Un quadretto idilliaco, sporcato ora dalle rivelazioni fatte agli inquirenti da chi ha visto scaricare lì dentro camion e camion di betonite in arrivo da Milano. La betonite non è certo un rifiuto tossico, ma un minerale argilloso di cui è pieno il sottosuolo del capoluogo lombardo. Non potrebbe però essere scaricata in questo modo: in un laghetto di cava che si è formato con acqua di falda. Andrebbe invece trasportata in appositi impianti per essere riciclata e riutilizzata in altre attività legate all’edilizia.
“L’acqua del laghetto era diventata tutta bianca” ha raccontato chi ha assistito a quei trasporti, per poi far riflettere gli inquirenti su quello che nel settore del movimento terra è il business del momento: il traffico illecito dei rifiuti. Non è importante con che indice di ribasso un’azienda riesca ad aggiudicarsi un lavoro, quel che conta è far muove ruspe e camion perché poi, nella confusione di un cantiere, il modo di guadagnare lo si trova sempre; magari smaltendo materiale scomodo, in economia e un po’ “alla buona”.
Si starebbe poi indagando su chi frequentava quella cava del basso Bresciano e le altre vicine. Tra loro alcuni padroncini, sospettati di avere amicizie pericolose che magari, per qualcuno, sono più che un sospetto. Da quelle parti pare puntassero pure i camion di Giuseppe Romeo, nativo di Reggio Calabria, e sino al 2010 titolare di un’azienda di movimento terra di Agrate Brianza, in provincia di Milano. Arrestato e condannato cinque mesi fa a 16 anni e 4 mesi di carcere, in primo grado.
È accusato di appartenere alla consorteria di ‘ndrangheta dei Palamara-Morabito-Bruzzaniti e a suo carico pesa una parentela molto scomoda. Suo fratello, infatti, è sposato con la cugina di Giuseppe Morabito, detto U’ Tiradrittu, boss dell’omonima cosca, in carcere a Parma in regime di 41 bis.
Ebbene come riferito dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, nell’ambito dell’inchiesta Redux-Caposaldo del 2010, la presenza dei camion di Romeo sul cantiere di viale Zara a Milano, per la realizzazione della metropolitana M5, “è stata certificata nel corso di un controllo da parte dell’ispettorato del lavoro”; presenza spiegata perché evidentemente gli erano stati passati dei lavori in subappalto “contrariamente a quanto previsto dalla normativa”, concludono i magistrati. Proprio da viale Zara, secondo l’autotrasportatore testimone degli inquirenti bresciani, sarebbero giunti i bilici carichi di betonite poi svuotati nel laghetto artificiale, tra Pompiano e Trenzano. A questo punto si indaga sulle connivenze e le complicità che avrebbero reso possibile un simile traffico di rifiuti; col beneplacito dei poveri pescatori del posto che confidano: “Questa storia ci sta facendo passare la voglia di mangiare pesce”.