Erano in prima linea nelle proteste di massa che hanno portato alle dimissioni di Mubarak, erano in piazza Tahrir contro il presidente Morsi e lo sono oggi a chiedere garanzie per la democrazia. Sono soprattutto le donne, giovani, acculturate, padrone dei mezzi informatici, a partecipare attivamente a ogni rivoluzione, a sollecitare il cambiamento, a invocare i principi di libertà e uguaglianza contro ogni giogo e imposizione politica o religiosa.
Oggi al Cairo, ieri a Tunisi, alla fine degli anni settanta sotto la dittatura militare argentina nella Plaza de Mayo, in Italia nella Resistenza.
Nella storia e nelle storie c’è spesso una donna o un gruppo di donne a compiere il primo gesto, a combattere a fianco agli uomini in maniera paritaria, con la stessa determinazione e lo stesso coraggio. Poi, quando tutto finisce, la rappresentanza femminile nelle istituzioni scende a cifre ridicole o scompare del tutto.
Come nelle elezioni del dopo Mubarak dove le donne elette erano appena il 2% o nelle prime della nostra Repubblica dove solo il 7% era rappresentato in Parlamento.
E gli esempi potrebbero continuare all’infinito, perché anche quando la legge prevede candidature paritarie come in Tunisia, alla fine la rappresentanza femminile non è andata al di là del 26%. Eppure le donne continuano a scendere in piazza, a protestare e a chiedere giustizia, anche se questa loro partecipazione non verrà riconosciuta, anche se per questa partecipazione pagheranno il prezzo più alto.
La storia è vecchia come la terra e si ripete nel corso di ogni guerra, di ogni conflitto, di ogni manifestazione che degenera in violenza: le donne come terra di conquista, come oggetto da punire, da menare, da stuprare.
E’ accaduto e sta accadendo di nuovo al Cairo, dove numerose donne che protestavano contro Morsi hanno affermato di essere state vittime di violenze sessuali nell’indifferenza e nell’impunità generali, come ha testimoniato la Ong Human RightsWatch. Ed è accaduto che altre, arrestate dai militari siano state obbligate a denudarsi e a fare il “test di verginità” come ha denunciato Amnesty International.
Come se comunque vada e qualunque sia la controparte a perdere e a rimetterci sono sempre le donne. Una storia che ci siamo stancate di sentire e di raccontare e alla quale vogliamo dire basta.
Tutte insieme, da tutte le parti del mondo.