Politica

I disastri dell’ameno Bersani

Il vaniloquio borbottante e innegabilmente caricaturale di Bersani, alla Festa de l’Unità di Cremona, non va sottovalutato. Dentro c’è tutta la pochezza di quella quasi-sinistra che ha contribuito alla implosione di questo paese, permettendo che il peggiore centrodestra d’Europa lo sbranasse con agio.

Ascoltate le sue parole, osservate l’espressione diversamente arguta, ammirate l’eloquio da bocciofila di Nevio Nipoti, inebriatevi degli effluvi di quel sigaro tronfio.

L’Ameno Pierluigi Bersani rappresenta al meglio il peggio del leaderismo politico: l’uomo privo di carisma, supponente dietro la scorza del sempliciotto che si finge umile, politicamente miope e retoricamente esangue. In grado di sbagliare sempre, fingendo ogni volta di dimenticarsi di avere sbagliato. Un Luis Silvio Danuello che si crede, chissà perché, Marco Van Basten.

La “sinistra” italiana è passata da Enrico Berlinguer a Bersani, e anche solo questo dimostra come Darwin non avesse capito una mazza dell’evoluzione umana.

L’Ameno Bersani è una sorta di Paperino respingente, comico e al tempo stesso tragico, circondato da una ghenga improbabile – il cosiddetto Tortello magico – che ha il compito di chiamarlo Gastone per riverberargli l’illusione di esser bravo e ficcante: addirittura vincente.

Non ho ricordi di una incapacità politica così ostinata, conclamata e forse in parte addirittura inseguita. In confronto Occhetto assurge a Churchill.

In qualsiasi altro paese, uno così – in grado di non-vincere elezioni già stravinte, di congelare il post-elezioni con la sua presenza ingombrante, di affossare la possibilità di eleggere un Presidente della Repubblica realmente nobile, etc – sarebbe stato accompagnato neanche troppo gentilmente all’ospizio della politica, stando bene attenti a togliergli dalle mani i giocattoli preferiti (per non fargli fare altri danni).
In Italia, no: dopo un brevissimo tempo, l’Ameno Bersani è tornato a dare lezioni. A dispensare giudizi. A farsi beffa delle speranze di milioni di italiani. A riscrivere la storia d’Italia, cancellando le parti in cui ha sbagliato (tutte) ed evidenziando i passaggi (immaginari) in cui sembra quasi uno statista. E c’è perfino chi ancora lo omaggia e riverisce. Persino quando smentisce se stesso, come un Berlusconi di quart’ordine.

Non so se sia più tenero lui o chi continua a difenderlo, ripetendo il mantra autoassolutorio “E’ solo colpa di Grillo” e denotando l’onestà intellettuale di un Pippo Inzaghi in area di rigore.

L’Ameno Bersani suole ripetere che “non son mica matto”. Può anche essere, ma di sicuro – con rispetto parlando – non pare neanche granché sveglio. Faccia un regalo al paese: se non proprio il giaguaro, smacchi il bradipo. Cioè se stesso.