Politica

Mediaset, Pdl contro la Cassazione. Brunetta: “E’ un colpo di Stato”

Berlusconiani all'attacco nella riunione dei parlamentari. Il sottosegretario Biancofiore: "Il consiglio dei ministri deve agire per decreto". Capezzone: "Servono azioni forti di massa". Galan: "Dimettiamoci tutti in massa"

Un colpo di Stato contro il governo, contro l’Italia e contro la democrazia. Di fronte al quale “non è più tempo di risposte ordinarie: in questi 20 giorni ci vogliono eventi forti, di massa, simbolici”. Fino alle dimissioni di massa dal Parlamento e andare a elezioni subito. Il Pdl lancia l’urlo di battaglia e, come sempre accade ad ogni pronuncia di un tribunale nei confronti di Silvio Berlusconi, fa quadrato intorno al proprio leader dopo la fissazione dell’udienza del processo Mediaset in Cassazione. Il presidente del Consiglio Enrico Letta ripete come un mantra (alla Bbc, a Floris su Raitre) che le vicende giudiziarie del Cavaliere non avranno alcun effetto sull’esecutivo, ma a sentire gli uomini e le donne del partito di Berlusconi lo scenario è del tutto diverso. Per tutto il giorno si è assistito a un bombardamento di dichiarazioni dal primo (Angelino Alfano: “Spero che per cittadini meno famosi ci sia la stessa giustizia lampo”) fino all’ultimo deputato, compreso Domenico Scilipoti. Cosa fa imbestialire  La velocità “sospetta” del giudizio arrivato in Cassazione – riflette il capogruppo al Senato Renato Schifani – sulla presunta frode fiscale per la quale Berlusconi è stato condannato sia in primo grado che in appello a 4 anni. Una giustizia contra personam, la definisce il capogruppo di Montecitorio Renato Brunetta. La persecuzione, come ricorda Renata Polverini. Il disegno per eliminare il leader del centrodestra, aggiunge Sandro Bondi. Tanto che serve una riforma della giustizia “per decreto”, suggerisce il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Michaela Biancofiore. Infine il “ticket mediatico-giudiziario aberrante”, protesta Luca D’Alessandro

Il Pdl dunque è contrariato dalla velocità del processo a Berlusconi in terzo grado. Velocità in senso parecchio lato, se è vero che la vicenda Mediaset va avanti da 12 anni. Altro che tre gradi in 9 mesi: il dibattimento del primo grado è iniziato nel 2006. Ma secondo i berlusconiani la fissazione della data in tempo (forse) utile per evitare la prescrizione è anche un colpo al “giusto processo” perché nel frattempo milioni di italiani vedono le loro cause aspettare anni e anni prima di concludersi. Così che il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli può dirsi “molto sorpreso da queste polemiche sulla Cassazione che si è limitata ad applicare quanto previsto dalla legge: nei confronti di Berlusconi non c’è stato alcun trattamento di sfavore per il quale meravigliarsi o scandalizzarsi”. Sabelli sottolinea che nel processo Mediaset “vi sono stati ripetuti rinvii per il legittimo impedimento invocato da Berlusconi allora presidente del Consiglio per effetto di leggi poi dichiarate in tutto o in parte incostituzionali dalla Consulta”. Il leader delle toghe (che sarà poi definito “caposindacalista” da Brunetta dì lì a poco) rileva infine che è “per effetto della riforma della prescrizione che tale termine non si calcola più a partire dal compimento dell’ultimo reato commesso in continuazione ma in base ad ogni singolo reato. Pertanto è proprio questa riforma a imporre al magistrato di tenere presente i tempi di ogni singola prescrizione di reato”.

Nel Popolo della Libertà non si tira indietro nessuno, neanche i ministri. Alfano, Lupi, Quagliariello. Tutti gridano allo scandalo. Durante la riunione dei parlamentari Pdl parlano tra gli altri Capezzone, Galan, Verdini, Gelmini, Biancofiore, Rotondi. Interventi a titolo personale ma tutti caratterizzati dall’assenza dela tradizionale distinzione tra falchi e colombe: in questo momento l’emergenza sembra essere quella di schierarsi compatti a difesa del Cavaliere. Tra le ipotesi in campo, dimissioni in massa dei deputati, iniziativa plateale in piazza, riunione permanente dei deputati pidiellini con conseguente non partecipazione ai lavori della Camera. Interventi diversi che dovrebbero trovare una sintesi in una proposta che verrà sottoposta a Silvio Berlusconi al momento opportuno. Lasciando la riunione il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello ha preferito non rilasciare dichiarazioni e altrettanto ha preferito fare il ministro dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo.

Poi c’è chi come Gianfranco Rotondi propone di andare da Napolitano per denunciare un deragliamento dai binari della democrazia. Giancarlo Galan è più tranchant individuando come unica soluzione il ritorno alle urne. Una delle proposte poi avanzata dal presidente della commissione Cultura e rilanciata dal vice capogruppo Mariastella Gelmini è quella delle dimissioni di massa. Non è esclusa nemmeno l’idea di tenere una grande mobilitazione coinvolgendo gli elettori nella difesa del Cavaliere. Il momento è drammatico, aggiunge Brunetta, assistiamo a qualcosa di simile ad un colpo di Stato, ad un golpe contro Berlusconi, contro il movimento, contro la democrazia, contro il nostro Paese, contro questo governo delle larghe intese voluto da Berlusconi, contro il tentativo di pacificazione. “Non è tempo di risposte ordinarie – prosegue Daniele Capezzone – ma in questi 20 giorni ci vogliono eventi forti, di massa, simbolici”. Durante la riunione del gruppo, che si è sviluppata in un clima descritto come “drammatico”, ha parlato anche Fabrizio Cicchitto che cerca di scindere la vicenda dell’accanimento giudiziario nei confronti del leader del Pdl dalle questioni del governo. Anzi: Berlusconi è finito di nuovo nel mirino, secondo l’ex capogruppo, proprio perché il governo delle larghe intese è stato voluto fin dall’inizio – e all’inizio esclusivamente – dal Pdl. 

E in questo senso è plastica la distanza siderale da ciò che pensa e da come si comporta il capo del governo rispetto ai suoi ministri. “Penso che vada rispettato il principio dell’autonomia tra i poteri dello Stato – dice Enrico Letta – quindi come premier preferisco non commentare. Io sono qui perché il potere esecutivo rispetti le sentenze”. Sul tema della giustizia “il governo credo debba assicurare i cambiamenti necessari”. E il presidente del Consiglio insiste: “Sono convinto che non ci saranno conseguenze sulla vita del governo”. E Berlusconi? Per ora è in silenzio. Ha disertato l’assemblea dei gruppi e la tentazione è di rimanere in silenzio – evitando anche uscite pubbliche – fino al 30, quando potrebbe già uscire il verdetto della Cassazione.