Approda in Parlamento la vicenda dell'espulsione della moglie e della figlia del dissidente Ablyazov, rispedite tra le mani del dittore Nazarbayev. La Commissione diritti umani ospita i legali della famiglia, che parlano di atto "fortemente illegittimo". Tante le incongruenze nell'operato della Questura di Roma sulle quali il minitro dell'Interno è chiamato a rispondere
Il caso dell’espulsione di Alma Shalabayeva e di Alua, moglie e figlia del dissidente kazako Ablyazov, arriva finalmente alla Camera. Dopo l’intervento di Giarrusso (M5s) e l’interrogazione parlamentare di Zan (Sel) richieste di chiarimento arrivano da tutte le parti. Anche dal presidente della commissione Esteri del Senato Pier Ferdinando Casini. E così domani il ministro degli Interni Alfano, ritenuto da più parti il responsabile della cattiva gestione della vicenda, ne risponderà durante il question time delle 15. Le domande sul tavolo sono molte, anche perché tutta l’operazione messa in atto dalla Questura di Roma sembra sempre di più essere stata organizzata non per catturare il marito, ma per espellere in tutta fretta moglie e figlia e consegnarle a Nazarbayev, dittatore di un paese dove la tutela dei diritti umani è sconosciuta.
Nell’attesa delle risposte di Alfano alla Camera, nella conferenza stampa convocata dal presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato Luigi Manconi, sono stati Riccardo Olivo ed Ernesto Gregorio Valenti, legali di Alma Shalabayeva, a denunciare come il provvedimento di espulsione nei confronti della loro assistita sia stato “fortemente illegittimo”. Gli avvocati hanno parlato di “procedure insolite, che diventano non giustificabili quando a subirle è la moglie di un noto oppositore politico di un paese in cui i diritti umani non sono tutelati”. A queste parole si è opposto con veemenza il senatore del Pdl Ciro Falanga, vicepresidente della Commissione diritti umani, nell’evidente tentativo di giustificare l’operato del suo segretario di partito Alfano.
Ma i racconti degli avvocati e le prove presentate ribadiscono l’urgenza di adeguate risposte, al Parlamento e all’opinione pubblica, da parte di quel ministro degli Interni cui tutta la vicenda sembra ricondurre ogni giorno di più. Ilfattoquotidiano.it ha rivelato ieri in anteprima che l’Ufficio Stranieri della Questura di Roma era in possesso di una nota dell’ambasciata kazaka che riferiva come la signora fosse in possesso di due validi passaporti kazaki, e pertanto non avrebbe potuto essere sottoposta a rimpatrio coatto. Oggi sono emerse altre novità sull’operato delle forze dell’ordine che necessitano di spiegazione. E siccome la Questura di Roma e il suo Ufficio stranieri dipendono dal ministero dell’Interno, ormai il cerchio si sta stringendo sempre di più attorno all’operato del segretario del Pdl.
Per esempio, non potendo Shalabayeva essere rimpatriata senza sua figlia, ecco che gli avvocati della donna dipingono un quadro a tinte fosche. La mattina del 31 maggio, il giorno del rimpatrio, gli uomini della Questura si dirigono per la quarta volta nella villa di Casal Palocco. Qui, essendo tutti gli altri parenti in Questura per accertamenti, trovano solo la piccola Alua, una bambina di sei anni che da un anno sta frequentando la scuola qui in Italia, sua cugina, una zia e un domestico. Nessuno capisce bene l’italiano, tranne la bambina che a Roma ha frequentato un anno di scuola. Gli agenti consigliano di non contattare i legali poi chiedono alla piccola se vuole andare a trovare la mamma in Questura, mentre la donna si trova in realtà al Cie di Ponte Galeria. La bambina acconsente.
Dalla relazione di servizio della polizia si viene a sapere che alle 13,10, mentre la piccola è in macchina, arriva l’ordine di non andare in Questura, ma di dirottare l’auto verso Ciampino, dove la madre è già a bordo del famigerato aereo austriaco pronta a portarla in Kazakistan. Il tutto avviene mentre gli avvocati fiduciosi aspettano che alle 15 cominci l’orario di colloquio al Cie, e credono che Shalabayeva sia ancora lì, per produrre ulteriori documenti neccessari a rinviare l’espulsione della donna. Ma il meccanismo appare organizzato con tempistiche strettissime.
Quel famigerato aereo austriaco è stato prenotato alle 11 di mattina – come da testimonianze agli atti delle Procura di Vienna che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare e riportare in anteprima – ovvero prima ancora che il Giudice di pace del Cie di Ponte Galeria convalidasse il fermo di Alma, dato che l’udienza della mattina come da verbale è terminata dopo le 11.20. Ecco perché il quadro che viene a delinearsi è che tutta l’operazione possa essere stata organizzata fin dall’inizio proprio per consegnare le due donne al dittatore kazako Nazarbayev, e di farlo in tutta fretta, piuttosto che per trovare il marito. Anche perché, spiegano ancora gli avvocati, se in quella casa gli uomini della questura avessero trovato Ablyazov, nei suoi confronti avrebbe dovuto aprirsi un processo di estradizione, e non di espulsione, dai tempi infinitamente più lunghi.