Non sono piaciute al Garante per la Privacy, Antonello Soro alcune delle decisioni assunte dal Governo in sede di varo del recente Decreto del Fare né alcune delle misure si “semplificazione” che lo stesso Esecutivo ha inserito in un Disegno di legge appena approvato.

Ma soprattutto il Garante per la Privacy non ha apprezzato la scelta del Governo – peraltro presieduto dal suo ex compagno di partito Enrico Letta – di adottare decisioni tanto delicate per la privacy dei cittadini nell’ambito di un decreto legge e, dunque, senza l’adeguata ponderazione.

Il Garante ha, quindi, preso carta e penna – speriamo solo in senso figurato – e scritto ai Ministri Alfano, Franceschini, Lorenzin e Zanonato nonché ai Presidenti delle Commissioni bilancio, tesoro e programmazione e Affari Costituzionali della Camera dei Deputati per manifestare le proprie perplessità e preoccupazioni.

In cima alla lista – per la verità e, per fortuna, breve – delle cose che, secondo Soro, non vanno nel Decreto del Fare, c’è la nuova disciplina sulla c.d. liberalizzazione del wifi che, davvero, sembra destinata a non trovare pace nel nostro Paese.

Tutte condivisibili le considerazioni e le preoccupazioni del Garante Privacy al riguardo.

Soro, in sostanza, rimprovera al Governo che nell’abolire – ammesso che un simile obbligo potesse considerarsi vigente – l’obbligo per i gestori degli esercizi commerciali di identificare i propri clienti prima di fornire loro risorse di connettività in modalità wifi, avrebbe, contestualmente, posto a loro carico l’obbligo di tracciare alcune informazioni quali, ad esempio, il c.d. Mac address.

Tale obbligo – un tempo presente nell’ordinamento e poi abrogato – per un verso, minaccerebbe di aggravare inutilmente l’attività dei gestori degli esercizi commerciali disincentivandoli dalla condivisione delle proprie risorse di connettività e, per altro verso – ed il profilo che sta più a cuore al Garante Privacy – potrebbe finire con il far confluire, contrariamente a quanto ritenuto dal Governo, una grande quantità di dati personali nelle mani di una “platea considerevole di imprese”.

Ineccepibile il ragionamento del Garante che, dopo aver ricordato al Governo che, in talune ipotesi, le informazioni in relazione alle quali ha reintrodotto l’obbligo di tracciamento contengono dati personali, ha auspicato lo stralcio delle relative disposizioni dalla legge di conversione e “l’approfondimento di questi aspetti nell’ambito di un provvedimento che non abbia carattere di urgenza”.

Come chiedere all’Esecutivo di ripresentarsi all’esame di Privacy a Settembre, dopo aver studiato di più e meglio.

Egualmente condivisibile un’altra delle preoccupazioni espresse da Soro a proposito dell’annunciata intenzione del Governo di eliminare – attraverso il disegno di legge appena approvato dal Consiglio dei Ministri – dall’ambito di applicazione del Codice privacy anche i dati relativi agli imprenditori.

“Tali norme privano di fatto le persone fisiche – sia pure quando agiscano nell’esercizio della propria attività imprenditoriale – del diritto alla protezione dei dati – ha scritto Soro nelle lettere ai ministri – con conseguenze paradossali e non certo semplificatorie. E anzi perfino pregiudizievoli per la stessa attività d’impresa, stante la difficoltà di distinguere, nella vita concreta, il dato della persona fisica da quello riferito alla sua qualità di imprenditore. In questo modo, gli imprenditori si troverebbero ad avere meno diritti (ad esempio non potrebbero più rivolgersi al Garante per tutelarsi in caso di informazioni non corrette presenti nelle banche dati), ma gli stessi oneri ai quali erano prima soggetti.”.

In questo caso, il Garante non si è però limitato a “rimandare a settembre” il Governo ma l’ha addirittura bocciato senza prove d’appello, ricordandogli che la disposizione, introdotta, “peraltro si porrebbe in netto contrasto con la Direttiva europea con la conseguenza di costringere l’Autorità a sollevare la questione in sede comunitaria.”.

Siamo al paradosso.

Come già scritto il Governo legifera in materia di Privacy senza sentire il parere del Garante per la Privacy – che, sia detto per inciso, è tra l’altro, pagato proprio per orientare le scelte di Governo e Parlamento – e costringe quest’ultimo a bacchettarlo ed a minacciare di denunciarlo davanti alle Istituzioni dell’Unione Europea.

Viene da ridere – ma ci sarebbe da piangere – ad immaginare cosa penserebbero a Bruxelles nel vedersi arrivare una segnalazione con la quale il Garante per la Privacy italiano denuncia l’illegittimità di una norma varata dal Governo italiano.

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