Presto o tardi i cittadini e la loro rappresentanza istituzionale dovranno pur capire che la politica è cosa diversa dalla tifoseria; che i partiti non devono diventare fazioni; che i parlamentari debbono pensare e non recitare ordini di scuderia; che tutti hanno il dovere di documentarsi o, altrimenti, di tacere.
Tutto questo, naturalmente, non avviene mai: ne è prova quello che sta succedendo sulla ineleggibilità o meno di B., questione complessa quanto mai e che invece ha due certissime soluzioni – ovviamente tra loro opposte – a seconda degli schieramenti. Il che basta per dimostrare che siamo un popolo di fans e dunque di sudditi; i cittadini sono altra cosa.
Venendo al merito della questione, va detto subito che si tratta di un problema legale; nel senso che si deve applicare la legge. Il che significa che non ha importanza se la legge piace o no, se è giusta o ingiusta. Se ne può anche fare un’altra; ma, intanto, si deve applicare quella che c’è. E quella che c’è (Dpr 361/57- art. 10) così dispone: non è eleggibile chi “in proprio o in qualità di rappresentante legale di società o di imprese private risulti vincolato con lo Stato per concessioni amministrative…”. Allora B. è ineleggibile: Mediaset è “vincolata con lo Stato” perché trasmette programmi Tv, il che comporta concessioni amministrative per l’uso delle frequenze. Veramente no; perché il divieto si applica a chi “in proprio o in qualità di rappresentante legale di società” trasmette programmi Tv; e B. non è né l’uno né l’altro: i programmi li trasmette Mediaset (il soggetto “vincolato con lo Stato) e non lui; e il rappresentante legale è Confalonieri. Allora è eleggibile.
Veramente no; perché l’art. 2639 del codice civile prevede: “Per i reati previsti dal presente titolo al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.” E siccome non c’è dubbio che B. sia il “padrone” e che è lui a decidere tutto (lo ha detto, da ultimo, anche la Corte d’Appello di Milano, confermando la condanna per frode fiscale), ecco che deve essere “equiparato” al legale rappresentante Confalonieri.
Allora B. è ineleggibile. Veramente no; perché questo articolo si riferisce ai “reati previsti dal presente titolo”, che sono i reati societari (falso in bilancio etc.). E la legge elettorale non ha nulla a che fare con questi reati. Allora B. è eleggibile. Veramente no; perché la Cassazione ha stabilito che la nozione di amministratore di fatto prevista nell’art. 2639 c. c. “non comporta che questi possa essere ritenuto autore esclusivamente dei reati societari e non anche di quelli fallimentari” (Cass. Pen. 39535 – 20/06/2012); e anche che “l’amministratore di fatto di una società è da ritenere gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore “di diritto”, per cui è penalmente responsabile per tutti i comportamenti a quest’ultimo addebitabili” (Cass. Pen. 15065 – 02/03/2011). Allora B. è ineleggibile. Veramente no; perché, prima di tutto, queste sentenze si riferiscono tutte a situazioni di natura penale e in particolare a reati fallimentari. E la legge elettorale non ha nulla a che fare con questi reati. Ma poi la stessa Cassazione (questa volta civile) ha stabilito che “La figura dell’amministratore di fatto di una società, assumendo rilievo soltanto ai fini di un’eventuale responsabilità per gli atti di gestione da lui compiuti, non incide sulla necessaria individuazione del rappresentante legale quale soggetto cui è formalmente affidata l’amministrazione della medesima società” (Cass. Civ. 22957 – 13/12/2012). Dunque essere “amministratore di fatto” non fa venir meno la figura di “rappresentante legale” della società; e la legge elettorale a questa figura fa riferimento, non a quella di amministratore di fatto. Allora B. è eleggibile. Veramente no. Resta aperta la possibilità che lo stesso tipo di interpretazione analogica estensiva che la Cassazione ha fatto quanto all’art. 2639 cod. civ. (non si applica solo ai reati societari, ma anche a quelli fallimentari sebbene non previsto esplicitamente) possa farsi quanto all’art. 10 della legge elettorale, equiparando il “padrone” della società al legale rappresentante di essa, rispettando non la forma della legge ma il suo spirito, la ragione per cui è stata emanata: evitare conflitti di interesse tra Stato e suoi rappresentanti istituzionali.
Allora B. è ineleggibile? Mah! Il senatore pd Casson, ex magistrato, non ha dubbi; in claris non fit interpretatio (la chiarezza non richiede interpretazione) ha detto, B. è ineleggibile. Beato lui. E beati i pretoriani del Pdl, armati di analoghe ma contrarie certezze. Sarebbe più dignitoso per tutti premettere: a me B. fa schifo (oppure: B. è un santo); ciò detto, cerchiamo di capire cosa si deve fare secondo giustizia.
il Fatto Quotidiano, 11 Luglio 2013