Il Cavaliere riunisce i suoi e annuncia per settembre il cambio del nome. Conferma il sostegno al governo, ma accusa "chi è contro la pacificazione". La Biancofiore: "Gli abbiamo dato tutti le nostre dimissioni in bianco". Ma il partito non è compatto come sembra
Il ritorno di Forza Italia, il sostegno continuo al governo, una parte della maggioranza contro la pacificazione, la magistratura “come un’associazione segreta“. Silvio Berlusconi riunisce i suoi nell’ufficio di presidenza del Pdl. E li galvanizza. A Palazzo Grazioli i dirigenti del partito hanno discusso con il Cavaliere la strategia da mettere a punto dopo la decisione della Corte di Cassazione di calendarizzare il processo Mediaset per il 30 luglio. L’ex presidente del Consiglio ha annunciato, intanto, a settembre il lancio del nuovo partito che avrà come nome quello di Forza Italia. Il Cavaliere ha sottolineato come il nome Forza Italia sia più attrattivo rispetto all’acronimo Pdl. Berlusconi chiederà “il cambio di nome come richiamo all’ideale del Popolo dei moderati”.
Il leader del centrodestra conferma la lealtà al governo Letta (“Per il bene dell’Italia”), ma giura intransigenza sulle questioni economiche, in particolare su Imu e Iva. Certo, c’è sempre il rapporto difficile con il Pd. Secondo alcune ricostruzioni delle agenzie di stampa il Cavaliere avrebbe attribuito “l’accelerazione dei processi negli ultimi due mesi” al fatto che “una parte della maggioranza non vuole un governo di pacificazione”. Ma una nota di Palazzo Grazioli smentirà questa dichiarazione. Piuttosto, dice il comunicato, “c’è chi non vuole un governo di pacificazione, senza riferirsi o accusare in alcun modo l’attuale maggioranza”. In ogni caso Berlusconi si dice “profondamente commosso dalla compattezza dei gruppi e ciò rafforza la mia voglia di combattere per il bene del nostro Paese”. Poi un nuovo attacco alla magistratura: “Una parte della magistratura è come un’associazione segreta di cui non si conoscono gli aderenti”. Da qui l’invito ai parlamentari di “avviare discussioni e approfondimenti su quello che accade nel settore giustizia a livello provinciale per spiegare cosa succede”. Non solo: è il momento di scendere in piazza, allestire gazebo e raccogliere firme a sostegno del referendum sulla giustizia proposto dai Radicali.
Nel corso dell’Ufficio di presidenza,secondo quanto si apprende, Silvio Berlusconi ha citato gli ultimi sondaggi in suo possesso in cui si evidenzia il vantaggio del Pdl che è al 28,1% mentre il Pd è al 28%. Anche la coalizione di centrodestra, secondo i sondaggi del Cavaliere, è in vantaggio attestandosi al 35,9% rispetto al centrosinistra che è al 33,9%. Più distaccato il Movimento 5 Stelle che viene dato al 15,9%.
La solidarietà dei parlamentari e ministri va così lontano che, racconta il sottosegretario alla Funzione Pubblica Michaela Biancofiore, “tutti noi abbiamo già dato le dimissioni in bianco. Sono sul tavolo di Berlusconi, è lui che decide”. Sulla falsariga di quanto fatto a Milano al Palazzo di Giustizia, Biancofiore ipotizza che tutti insieme vadano al Colle a consegnare le dimissioni. “La notizia della Cassazione mi ha colpito – aggiunge – io e altri non ci abbiamo dormito la notte. A Berlusconi siamo legati da un affetto profondo, non è solo il nostro leader. Sto male, la condanna sarebbe un’infami. La mia vita politica è legata a quella di Berlusconi, devo tutto il mio percorso politico a lui e come me tutti gli altri. Se viene condannato ci dimettiamo tutti”.
“La sospensione delle Camere – prosegue – non serve a niente. Dobbiamo andare tutti da Napolitano al Quirinale perché deve ascoltare il nostro grido di dolore. Andare al Palazzo di Giustizia ha sortito qualche effetto, adesso andiamo al Quirinale per gridare la nostra indignazione, a dare le dimissioni dal Presidente della Repubblica. Salvare Berlusconi significa salvare la giustizia italiana”.
Tuttavia il partito “compatto” di cui parla Berlusconi e che le parole della Biancofiore confermerebbero sta soffrendo. Dentro al partito non sono pochi, infatti, coloro che sarebbero pronti a sostenere un “governo di scopo”, che Giorgio Napolitano sarebbe pronto a formare (magari presieduto dallo stesso Letta) per fare la legge elettorale e poco altro, magari anche grazie a un sostegno dei Cinque Stelle su alcuni provvedimenti. E’ l’area “del silenzio”, di coloro che non si espongono, dei filogovernativi che non si espongono. I nomi sono famosi, ma anche no. Lupi, Gelmini, Lorenzin: a dispetto della loro lunga fedeltà al capo non si farebbero trascinare nelle sabbie mobili fino alla fine dei giorni. In questo scenario il governo di transizione porterebbe il Paese alle elezioni nella prossima primavera e proprio a quel punto Napolitano potrebbe rassegnare le proprie dimissioni. Ma ogni previsione in questo momento è una scommessa. Il primo giro di boa è fissato per il 30 luglio.