Scienza

Prevenzione dei tumori: mangiare o non mangiare? Questo è il dilemma

Non è un blog di medicina. In questo spazio un medico-scrittore ragiona in libertà. La premessa avrebbe dovuto essere fatta prima, ma l’esordio con le protesi al seno di Angelina Jolie, “gancio” comunicativo che chiedeva che mi manifestassi come senologa, ha finto di decretare il destino di un blog che ora va avanti come gli pare. Cioè come pare a me.

Mi è capitato di partecipare a eventi pubblici sulla prevenzione attraverso il cibo. Mi ha colpito il delirio dei “fan” che rincorrono adoranti chef di stampo scientifico-salutista con un conteggio preciso (e ossessivo) dei metalli nella ricotta, del numero di battiti di pinna concessi a un tonno prima che diventi rancido e del fatale, orrido impatto di un microgrammo di carne sull’equilibrio psicofisico. Ricordo una donna che da tre anni non tocca altro che cibi prescritti dai libri sulla prevenzione: mi ha chiesto ansiosa se così ha il “cento per cento” della sicurezza di non ammalarsi. Che tristezza doverle dire “NO”. Mi sono chiesta se non avessimo perso di vista l’equilibrio, me lo chiedo quando leggo i commenti ai blog dove pare ci sia gente che gode nel nutrirsi solo di muschio e licheni nella certezza di non sviluppare tumore. Certezza infondata.

La domanda è: “Sapete che la prevenzione con l’alimentazione regala una percentuale e non la certezza di non ammalarvi?”. E un’altra domanda, più drammatica: “Sapete che anche chi mangia sano può ammalarsi di tumore o patologia cardiovascolare?”. Certo, accade forse (sottolineo il forse) meno, ma non accade. Perché i dati scientifici dicono questo: lo stile di vita conta (un insieme di attività fisica, astensione dai superalcolici e dal fumo – ne ammazza di più una sigaretta che trenta chili di carne rossa, alimentazione corretta) ma arriva fino al massimo al 50% della responsabilità nella salute dell’individuo.

Se proprio vogliamo cercare un fattore che la scienza abbia individuato come utile per la longevità, questo è la restrizione delle calorie, cioè NON mangiare troppo. Che si tratti di alga spirulina o quinoa, di carpaccio di anguria o un trito di noci di macadamia su un letto di soia brasata, dedicarsi a un sanissimo digiuno una volta alla settimana è molto meglio che sbattere la testa sugli stand del supermercato alla ricerca del prodotto vegetale pubblicizzato come un toccasana. Il digiuno è digiuno, per alcune ora si mangia NIENTE. Il niente non è sostituibile da altro che dal niente. Bere tanta acqua e qualche tisana non dolcificata, e fare altro senza pensare al cibo. Solo così l’insulina, ormone fondamentale ma pericoloso per la formazione dei tumori, se ne sta buona nei ranghi senza creare disturbo.

Eppure anche così, anche con il digiuno la certezza non c’è. Detto da chi con Umberto Veronesi ha scritto “La dieta del digiuno”…

Allora? Ce la caviamo con coscienza, inseguiamo i cuochi se sono attraenti ma non ingrassiamo il marketing sguaiato. Informarsi e adottare uno stile di vita sano è un dovere, non permettere che ci illudano lo è altrettanto.