Non è Fiat, non è Diego Della Valle e neanche il nipote di Lady finanza Andrea Bonomi. E’ giallo sul nome dell’acquirente che questa mattina ha messo le mani su una fetta importante di Rcs, casa editrice del Corriere della Sera, dopo la delusione con cui si è concluso ieri il primo giorno di asta per l’inoptato dell’aumento di capitale. Sono stati infatti acquistati da un unico soggetto tutti i restanti titoli dell’operazione sulle azioni ordinarie, pari a circa 15 milioni di diritti di voto, equivalenti a circa 45 milioni di azioni e all’11% del capitale post-aumento.
La posta in gioco è alta. Al punto che se il soggetto acquirente conservasse l’intera quota sarebbe proiettato a diventare il secondo azionista del gruppo. Per cercare di fare luce sul caso è intervenuta anche la Consob, chiedendo ai principali intermediari intervenuti di chiarire per conto di chi abbiano operato. Il mistero, tuttavia, non è destinato a durare a lungo. L’esercizio dei diritti – spiega una nota Rcs – dovrà infatti essere effettuato, pena la decadenza, entro tre giorni lavorativi, ovvero entro il 16 luglio.
Fonti finanziarie riferiscono alle agenzie di stampa che i titoli non sono stati acquistati dal Lingotto, che è già salito oltre il 20% del gruppo. La casa automobilistica ha intanto risposto alle richieste della Consob, spiegando le ragioni della “strategicità” della partecipazione in Rcs. “Fiat ritiene di avere fatto con rigore, disciplina e trasparenza la propria parte – recita un comunicato stampa – quale uno degli azionisti di rilievo, nel contribuire alla stabilità finanziaria di questa importante società itailana quotata”.
E anche Diego Della Valle, che dovrebbe presentarsi in questi giorni alla Consob per fornire chiarimenti sulla sua posizione riguardo al gruppo editoriale, si sarebbe tenuto lontano dall’asta, perché, come spiegano fonti vicine all’imprenditore marchigiano, “non ha più avuto alcun interesse ad acquisire l’inoptato” dopo la lettera al presidente Giorgio Napolitano, dove formulava l’ipotesi di un azionariato diffuso per guidare il gruppo. Della Valle sembra quindi aver rinunciato al progetto di salire oltre il 20% nella casa editrice “prendendo anche tutto l’inoptato”, come aveva annunciato alcuni giorni prima lanciando la sfida al Lingotto, accontentandosi della quota già in portafoglio pari all’8,8%.
Si sarebbe tenuta lontana dalle quote anche la Investindustrial di Andrea Bonomi, presidente del consiglio di gestione della Banca popolare di Milano. Come anche la Newscorp di Rupert Murdoch che ha smentito ufficialmente un suo coinvolgimento nell’asta definendo tali voci “senza fondamento” . E’ stato poi escluso anche il gruppo editoriale tedesco Axel Springer, il cui presidente Giuseppe Vita è anche presidente di Unicredit ed ex membro del cda di Rcs. “No, nella maniera più assoluta”, ha detto, spiegando che “Axel Springer non investe nella carta stampata ma esclusivamente nel digitale”.
L’ultima smentita è quella di Paolo Basilico. Dopo che indiscrezioni di stampa hanno puntato i riflettori sulla sua Kairos come possibile acquirente dell’inoptato Rcs, la società è intervenuta con una nota per smentire “nel modo più categorico: non ci sono investimenti diretti riferiti a Paolo Basilico e Kairos in Rcs. Le posizioni acquistate da fondi Kairos rientrano nella normale attività di gestione della società e comunque inferiori a soglie rilevanti”.
Resta quindi il giallo su chi ha messo le mani sulla casa editrice, mentre la reazione in Borsa è stata incerta: il titolo ha chiuso a -1,4% dopo essersi spinto fino a +2,72%. Si è svolta intanto una nuova riunione del cda di Rcs finalizzata a tirare le somme sull’aumento di capitale da poco concluso.