Emanuele Feltri ha lasciato la città per stabilirsi nelle campagne di Paternò e dar vita a un'azienda agricola in un'area protetta ma comunque semi abbandonata. La sua attività ha dato fastidio a qualcuno: negli ultimi tempi ha denunciato tutta una serie di attentati nei suoi confronti
Non erano bastate le quattro pecore che gli avevano ucciso a fucilate la notte del 30 giugno. Non era bastata quella testa d’agnello che gli avevano fatto trovare davanti alla porta di casa, due settimane fa. Emanuele Feltri, catanese di 33 anni, perito agrario, continua a subire intimidazioni. Ieri notte qualcuno si è introdotto nella sua proprietà – un terreno di cinque ettari nell’area protetta della valle del fiume Simeto, a Paternò (in provincia di Catania) – e ha abbandonato accanto alla sua cascina una pecora sventrata. Al fianco della carcassa, una sbarra di ferro insanguinata. “Foto, testimoni più che attendibili, denuncia immediata ai carabinieri e il gelo che scende di nuovo lungo la mia schiena”, racconta il giovane.
Gli avvertimenti, gli inviti non troppo velati a tenere la bocca chiusa sono iniziati appena si è trasferito su quella collina, in contrada Sciddicuni, con vista sull’oasi di Ponte Barca, che un decreto regionale del 2009 ha reso area protetta. Emanuele Feltri ha comprato una vecchia azienda agricola, abbandonata da 15 anni. L’ha rimessa a nuovo, ci ha speso tutti i suoi soldi, quelli che aveva messo da parte dopo aver venduto il suo appartamento di città per trasferirsi in campagna. “La mia idea era quella di creare una rete di piccoli imprenditori della terra, in grado di produrre e vendere direttamente i propri prodotti”, racconta il giovane. Vuole sciogliere i vincoli della grande distribuzione, “coltivare in modo biologico e sostenibile, commerciare fuori dai circuiti tradizionali”. E vuole farlo “in una zona bellissima ma abbandonata”.
Nel 2011, Legambiente Catania aveva censito 50 discariche nell’oasi del Simeto. Non tutte facilmente raggiungibili e con troppi rifiuti per essere state create da singoli privati. Emanuele Feltri, negli ultimi due anni, le ha viste coi suoi occhi e le ha denunciate. “La vallata è diventata una discarica a cielo aperto di amianto e pneumatici usati”, racconta. Senza contare gli sversamenti abusivi che inquinano il fiume e lo sfruttamento degli immigrati per i lavori nei campi. “Ho organizzato delle domeniche ecologiche di bonifica, percorsi di scoperta di tutta questa zona, ho portato la gente a vedere le discariche, ho fatto dei corsi di permacultura – spiega il giovane – E la risposta di chi vorrebbe che di queste terre non si parlasse non si è fatta attendere”. Prima i furti in casa, poi qualcuno gli ha fatto sparire il carrello della jeep e un intero raccolto di arance. Gli hanno perfino distrutto l’impianto di irrigazione. “Ottomila euro di danni – dice Feltri – E io qui guadagno quello che mi basta appena per vivere, tra mille difficoltà, visto che non c’è una strada asfaltata per arrivare a casa mia, e l’Enel non mi ha ancora allacciato l’energia elettrica, anche se ho stipulato il contratto più di un anno fa”. In più c’è la beffa dell’Imu, quei “quasi duemila euro da pagare” per abitare in un posto senza alcun servizio.
All’inizio di luglio, quando gli hanno ammazzato quattro delle sue cinque pecore – “Una è riuscita a nascondersi, poverina” – la sua denuncia è approdata alla Camera dei deputati. Due interrogazioni parlamentari, una del Partito democratico, l’altra di Sinistra Ecologia Libertà, hanno chiesto risposte e indagini più approfondite. Pure il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta è andato a Paternò, a incontrare Emanuele Feltri: “Chiederò che sul territorio ci siano più controlli e una presenza tangibile delle forze dell’ordine”, aveva dichiarato. Ma la pecora sventrata nella tarda notte di ieri “un ultimo chiarissimo messaggio è stato lasciato davanti alla mia abitazione”, racconta Emanuele Feltri. A casa sua c’era gente, c’erano dei torcioni accesi nel cortile, era evidente che ci fossero “più persone a farmi compagnia”. Eppure quella pecora sventrata gliel’hanno portata lo stesso accanto alla porta, “nel silenzio assordante delle istituzioni e delle forze dell’ordine”.
“La procura di Catania sta valutando se aprire un fascicolo”, rendono noto fonti investigative. “Fatti come questi sono all’ordine del giorno, anche per banali questioni agricole”, spiegano gli inquirenti. Ma precisano: “Questo non significa che dietro le intimidazioni a Feltri non ci siano motivazioni più profonde”. In altre parole: che non ci sia la malavita organizzata. Per questo, i controlli delle pattuglie dei carabinieri cambieranno tenore: “Fino a questo momento la sorveglianza è stata piuttosto discreta. Ma ormai è evidente che c’è bisogno di segnali di protezione più netti”.
di Luisa Santangelo