Incompatibilità anziché ineleggibilità. E’ la modifica principale alla legge del 1957 (sollevata per il caso di Silvio Berlusconi) proposta da un disegno di legge del Pd depositato al Senato di cui sono primi firmatari Massimo Mucchetti e il capogruppo democratico di Palazzo Madama Luigi Zanda. La modifica scioglierebbe definitivamente il conflitto d’interessi che riguarda il Cavaliere. Il provvedimento sarebbe infatti applicabile anche nella legislatura in corso: contiene infatti anche una norma transitoria che prevede che le disposizioni della legge avranno effetto all’entrata in vigore della legge, cioè all’indomani della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

In pratica con le nuove norme la Giunta delle elezioni invece di dover decidere sulla ineleggibilità, che porterebbe alla decadenza immediata dal seggio, dovrebbe valutare una eventuale incompatibilità che non comporta nessuna decadenza automatica, ma dà la facoltà di optare: starà all’eletto rimuovere la causa senza rinunciare all’ufficio parlamentare o rinunciare al seggio conservando la causa dell’incompatibilità. La rimozione del conflitto potrà avvenire, prevede il disegno di legge, soltanto vendendo la partecipazione di controllo di un’azienda in un tempo certo (il lasso previsto è un anno) oltre il quale il parlamentare inadempiente decade. Detto in altre parole, se si vuole restare senatori o deputati, si dovranno vendere le aziende di cui si è azionisti. La vendita peraltro non dovrebbe essere effettuata a beneficio di parenti stretti né agli amministratori delle aziende.

Il testo è sottoscritto da altri 23 colleghi del Pd che siedono al Senato: Claudio Martini, Vannino Chiti, Miguel Gotor, Franco Mirabelli, Maurizio Migliavacca, Salvatore Tomaselli, Giorgio Tonini, Walter Tocci, Paolo Guerrieri Paleotti, Mauro Del Barba, Stefano Collina, Rosa Maria Di Giorgi, Paolo Corsini, Magda Angela Zanoni, Doris Lo Moro, Mario Tronti, Luciano Pizzetti, Mauro Maria Marino, Nerina Dirindin, Emma Fattorini, Giorgio Pagliari, Rita Ghedini.

Grillo: “Pd con B. più fedele dei cani”. Malan: “Esproprio proletario”
La presentazione del disegno di legge diventa così un nuovo sasso nello stagno dopo le due giornate convulse che hanno visto prima il Pdl bloccare il Parlamento per un giorno dopo la fissazione dell’udienza del processo Mediaset in Cassazione (con lo psicodramma del Pd spaccato e litigioso) e poi Berlusconi passare al contrattacco definendo la magistratura come “un’associazione segreta”. Beppe Grillo non perde tempo. Su Twitter scrive: “I fedeli alleati del pdmenoelle, più fedeli del cane più affezionato”. Protesta anche Laura Puppato“Se l’intenzione è quella di tentare una forma compromissoria per mantenere inalterati gli equilibri politici nazionali – dice – allora io metto in guardia: non verrebbe compreso dalla maggior parte dei nostri elettori, per non dire da tutti”. 

Mucchetti cerca di parare il tiro da una parte e dall’altra: “Il disegno di legge che ho presentato al Senato non c’entra nulla con Berlusconi. Annunciai in alcune interviste mesi fa la mia intenzione di modificare la legge del ’57 perché inadeguata e non in linea con i tempi”. Ma il Pdl si mette in guardia. Lucio Malan definisce il progetto del disegno di legge “un esproprio proletario: sarebbe più facile e semplice se a questo punto scrivessero in una legge che ‘non si può candidare chi si chiama Berlusconi, senza neanche mettere il nome di Silvio, perché con quel testo non si potrebbe candidare in politica nessun Berlusconi, nemmeno i figli'”. Lo aiuta l’ex ministro Stefania Prestigiacomo: “Gioverebbe innanzitutto al paese se il Pd convogliasse sulla crisi economica tutte le energie che spreca per trovare il modo, l’escamotage di eliminare Berlusconi dalla vita pubblica”.

Le divisioni nel Pd sull’ineleggibilità
Il disegno di legge riprende lo spirito delle parole pronunciate ieri da Anna Finocchiaro, secondo la quale con le norme del 1957 non si può dichiarare l’ineleggibilità di Berlusconi. La presidente della commissione Affari costituzionali aveva aggiunto: “Quello è un testo mal fatto, la legge va cambiata perché non è adeguata a fotografare in maniera compiuta le ipotesi di ineleggibilità. Non è adeguata alla modernità del Paese non è una legge moderna”. Certo, è anche uno stratagemma perché il Pd superi le divisioni interne al partito sulla questione di ineleggibilità che riguarda Silvio Berlusconi e che ha visto avviare l’iter in giunta per le elezioni. Giusto alcune ore fa l’ultimo esempio plastico: il capogruppo alla Camera Roberto Speranza aveva detto che secondo lui il Cavaliere non è ineleggibile. Poco dopo il senatore Felice Casson, “battitore libero” e componente della Giunta per le elezioni, l’aveva smentito: “Questa è la posizione del partito? Non mi risulta”. 

Ma salta agli occhi anche il punto d’equilibrio che avrebbe trovato, a questo punto, il partito dopo che lo stesso Luigi Zanda a più riprese aveva detto di essere pronto a votare l’ineleggibilità dell’ex presidente del Consiglio: “Quando sarà il momento i senatori del Pd decideranno, ma se io sarò in giunta voterò per l’ineleggibilità” disse il 19 marzo, “è ridicolo che l’ineleggibilità colpisca Confalonieri e non lui” aveva ribadito il 16 maggio. Ma evidentemente la quadra all’interno del Partito democratico non è stata trovata. 

Mucchetti: “Incompatibilità da estendere a esponenti e consulenti”
Secondo il primo firmatario, l’ex giornalista del Corriere della Sera Mucchetti “la principale novità del disegno di legge è rappresentata dalla proposta di qualificare come cause di incompatibilità le situazioni finora definite come cause di ineleggibilità dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957”. Allo stesso modo “i casi di incompatibilità – continua la relazione allegata alla proposta di modifica – vanno a loro volta estesi dagli esponenti e dai consulenti delle imprese” che si trovino nelle condizioni di cui sopra “agli azionisti che abbiano il controllo di diritto o di fatto o che esercitino il controllo, di diritto o di fatto, in forma congiunta attraverso la partecipazione a patti di sindacato o ad altri accordi”.

“Vendere entro un anno e non a parenti stretti”
In pratica il disegno di legge non prevede un’immediata decadenza in caso di conflitto d’interessi, ma determini una situazione di incompatibilità. In tal modo “si offre ancora la scelta tra il restare parlamentare, rimuovendo in radice la causa di incompatibilità, e il rinunciare al mandato, salvaguardando la propria posizione di azionista”. Per rimuovere la causa di incompatibilità “l’azionista di controllo eletto parlamentare deve conferire entro 30 giorni ad un soggetto non controllato né collegato il mandato irrevocabile a vendere entro 365 giorni le partecipazioni azionarie di cui sopra a soggetti terzi, ossia a soggetti senza rapporti azionari né professionali con il venditore e comunque a soggetti diversi dal coniuge, dal convivente more uxorio e dai parenti fino al quarto grado e affini fino al secondo grado, nonché a soggetti diversi dagli amministratori delle società. I due termini di 30 e di 365 giorni devono intendersi come perentori“.

Più nel dettaglio i promotori del disegno di legge spiegano di aver scelto “la rimozione in radice della partecipazione di controllo” e non un blind trust, giacché, “la devoluzione a un blind trust elimina sì l’influenza del parlamentare nella gestione aziendale, ma non la ben più grave possibilità che il parlamentare pieghi la sua opera a favore della società nella quale conserva il suo interesse patrimoniale”. L’Antitrust svolge così l’istruttoria preliminare sulla condizione di incompatibilità e accerta, se c’è, che la vendita delle partecipazioni azionarie avvenga nelle modalità previste dal disegno di legge”. Decorso invano il termine per rimuovere la causa di incompatibilità si decade dal seggio con delibera della Camera di appartenenza.

Il disegno di legge: “Abrogare la norma sull’ineleggibilità”
Il disegno di legge consta di 4 articoli. Per varare le nuove norme si propone di abrogare l’articolo 10 della legge del 1957 in materia di ineleggibilità che, si spiega nel testo, al primo comma reca disposizioni volte ad evitare che il parlamentare venga a trovarsi in conflitto d’interessi ove intrattenga, “in proprio” o quale esponente di imprese private a scopo di lucro, rapporti contrattuali di notevole entità economica con le pubbliche amministrazioni. È stata pertanto ritenuta causa di ineleggibilità soltanto la proprietà di imprese individuali e la rappresentanza legale di società di capitali, non altrettanto la detenzione della proprietà della maggioranza delle azioni o delle quote sociali di una società titolare di una concessione di notevole entità economica.

“Attuale legge paradossale perché l’azionista può essere eletto”
Ciò comporta la situazione paradossale per cui attualmente può essere dichiarato ineleggibile un imprenditore individuale titolare di una concessione di notevole entità economica, ma non chi di una tale società abbia il controllo azionario ma non rivesta in essa alcuna carica formale. “Prim’ancora dell’amministratore o dell’alto dirigente – continua il ddl Mucchetti-Zanda – depositato in Senato, è l’azionista di controllo della società titolare della concessione o della licenza d’uso ovvero dell’impresa attiva in settori sottoposti a regolazione specifica ad avere l’interesse maggiore, per entità economica e durata temporale, a influenzare pro domo sua le decisioni del Parlamento e del Governo. Sotto questo profilo, le norme sull’ineleggibilità si dimostrano inadeguate a cogliere e risolvere i problemi dell’oggi. È dunque venuta l’ora di rimediare”.

Si ricordano quindi i precedenti affrontati dalle Giunta delle elezioni in parlamento: nel 1989 il “caso D’Angelo” e nel 1994, 1996 e 2002 il “caso Berlusconi“. “In questi casi – si ricorda – è stata respinta la tesi di coloro che propendevano per un’interpretazione estensiva della norma che, al fine di scongiurare conflitti d’interesse, riconduce l’inciso ‘in proprio’, citato in precedenza, agli aspetti ‘sostanziali’ del nesso con l’attività di impresa”. Finora, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, continuano i senatori Pd, “ha inteso che l’espressione ‘in proprio’ sia riferita alla persona fisica titolare del rapporto contrattuale. Sulla base di un’interpretazione costante, la norma di cui all’articolo 10 del testo unico viene infatti riferita alle concessioni ad personam, assegnate cioè a persone fisiche. È stata pertanto ritenuta causa di ineleggibilità soltanto la proprietà di imprese individuali e la rappresentanza legale di società di capitali, non altrettanto la detenzione della proprietà della maggioranza delle azioni o delle quote sociali di una società titolare di una concessione di notevole entità economica. Ciò comporta la situazione paradossale per cui attualmente può essere dichiarato ineleggibile un imprenditore individuale titolare di una concessione di notevole entità economica, ma non chi di una tale società abbia il controllo azionario ma non rivesta in essa alcuna carica formale”.

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