Dunque, solo per ricapitolare: il Pd non commenta le sentenze della magistratura e tantomeno la calendarizzazione delle medesime, tanto più se si tratta della Corte di Cassazione perché secondo la litania di partito “le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi” non devono in alcun modo interferire con la vita del governo delle larghe intese. Contemporaneamente non ha visto particolari controindicazioni nel trattare con il suo partner di governo per ridurre ad una sola giornata, una specie di modica quantità eversiva, la sospensione dei lavori parlamentari agitata dal Pdl come una clava contro il massimo organo di giurisdizione, reo di aver applicato la legge.

Votare con il Pdl “una protesta” tecnicamente eversiva finalizzata dichiaratemente a “spaventare ed intimidire la Corte di Cassazione”, come ha riconosciuto persino Gaetano Pecorella già difensore storico di Silvio Berlusconi, è sembrato al partito che vede in Grillo e nel suo Movimento un pericolo per la democrazia, opportuno e persino coerente con il suo ostentato quanto ipocrita low profil sul fronte politica-giustizia.

L’anticipazione della trattazione dell’udienza Mediaset da parte della Corte di Cassazione, additata come un terremoto e una mina sotto i piedi di Berlusconi è solo un provvedimento ordinario per evitare la prescrizione anche parziale, nell’ossequiosa applicazione della legge che prevede pure come l’udienza non possa essere dilazionabile oltre i 10 giorni dal suo inizio fissato per il 30 luglio.

Il primo presidente della Corte Giorgio Santacroce considerato “non ostile” da Berlusconi, sostenuto da Unicost, Magistratura Indipendente e non togati di area Pdl, agli antipodi del cliché da “Toga rossa”, ha dovuto spiegare in solitudine, davanti all’offensiva scatenata dagli scudi umani del Cavaliere e dagli organi di disinformazione annessi, la banale, elementare evidenza che“la Cassazione ha l’obbligo di determinare l’udienza di trattazione di ogni ricorso prima della prescrizione….a pena di responsabilità anche di natura disciplinare”.

Come inevitabile corollario, data la inquietante paradossalità della situazione, ha anche dovuto aggiungere che “non c’è stato nessun accanimento nei confronti del senatore Berlusconi, trattato come qualsiasi altra persona imputata in un procedimento con prescrizione imminente”. E in riferimento alle reazioni, misurando le parole,  ha definito quelli rivolti alla corte “attacchi non consoni alla democrazia”.

Purtroppo nelle aule del Parlamento hanno trovato condivisione quanto meno implicita non solo attacchi verbali inimmaginabili, stigmatizzati peraltro da un magistrato che con parametri giornalisti si può definire “conservatore”. Il Pd ha platealmente accondisceso con il voto anche ad un fatto concreto ed inimmaginabile come la sospensione dei lavori parlamentari, quando peraltro, con plateale conflitto di interessi tra impunità del solito noto ed interessi dei cittadini, si doveva discutere di misure economiche e di Imu, il cavallo di propaganda preferito dalla banda berlusconiana.

Ma quello che non è stato messo abbastanza in evidenza è che se il Pd ha condiviso la reazione aberrante del Pdl ad un passaggio tecnico dovuto per il concreto rischio prescrizione nei 45 giorni successivi al periodo feriale, non si riesce nemmeno ad immaginare che cosa può essere chiamato ad avallare all’indomani della sentenza del 30 luglio.

Però ormai si può fondatamente prevedere come “lo sventurato” potrebbe rispondere all’appello-diktat del suo partner. Intanto i giornali di famiglia titolano già “In caso di condanna grazia a Silvio, ci sta anche Letta”. Figuriamoci se il Pd vuole essere “divisivo”. 

Questa è stata “solo”  una prova generale di pressione ed intimidazione in vista della sentenza. Fino a che punto vorrà spingersi il Pd nell’affiancare la forzatura eversiva nei confronti della magistratura, sfidata frontalmente e minacciata nella sua totalità, dagli odiati pm ai giudici di legittimità? Forse il Pd  ha voluto, al di là delle dichiarazioni, dimostrarsi fin d’ora disponibile ad assecondare le pretese di impunità del senatore Berlusconi anche dopo un’eventuale sentenza definitiva di condanna negando con il voto contrario la decadenza dalla carica per interdizione?

Epifani con una vocina alquanto flebile ha tardivamente invitato il Pdl a “non tirare troppo la corda” perché così “si spezza”.

Ma forse farebbe bene da segretario, anche a seguito del circuito tragicomico innescato dalla lettera dei 70 contro “gli autogol” dove non si distinguono più i mittenti dai destinatari, a ricordare al partito di non tirare troppo la corda con gli elettori perché potrebbero anche non “pazientare” all’infinito.

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