Nell’Italia ancora alle prese con la crisi economica, almeno un dato sembra confortante: gli incidenti stradali sono in costante diminuzione e, di conseguenza, anche il numero di vittime e feriti. Nel 2011, ultimo dato certo diffuso da Aci-Istat, sono stati esattamente 205.638, nei quali hanno perso la vita 3.860 persone e 292.019 sono rimaste ferite. Rispetto all’anno precedente, il calo è stato del -2,7% per quanto riguarda i sinistri, -3,5% i feriti e -5,6% i morti. E nel 2012 le percentuali in diminuzione sarebbero più o meno le stesse, a conferma del trend positivo. Le motivazioni sono varie. Gli effetti benefici della repressione delle infrazioni stradali soprattutto per quanto riguarda la velocità attraverso autovelox e tutor, a cui si aggiunge, forse, un crescente senso di responsabilità generale. Non solo. Altre concause potrebbero essere una certa diminuzione del traffico dovuto alla crisi e la maggior efficienza (capacità di frenata, resistenza strutturale, ecc.) delle auto più moderne. Se si  pensa che nel 1972, annus horribilis della nostra storia automobilistica, i morti furono addirittura 12.750 e che dal 1950 ad oggi le vittime della strada sono state intorno alle 400mila,  i dati odierni confortano, anche se non soddisfano completamente i parametri imposti dall’Europa, che chiedeva una diminuzione del 50% nell’ultimo decennio. Ci siamo fermati al 45%, anche se non è poco.

Tutto riassumibile in un dato semplice: i decessi per milione di abitanti. In tal senso, è interessante il confronto con due realtà molto diverse: quella tedesca e quella americana, nel senso di Stati Uniti, ovvero due paesi caratterizzati da una costante diminuzione degli incidenti, tanto che in America i morti per droga e avvelenamento hanno superato quelli degli incidenti stradaliItalia: 64 vittime per milione di abitanti; Germania: 44 vittime per milione di abitanti; Stati Uniti: 95 vittime per milione di abitanti. Cambiano un po’ i dati  se riferiti al numero di auto in circolazione. Italia: 104 decessi per milione di auto circolanti; Germania: 85 decessi per milione di auto circolanti; Stati Uniti: 129 decessi per milione di auto circolanti. L’analisi lascia piuttosto perplessi: nel paese più veloce del mondo, la Germania, che risulta l’unico stato al mondo in cui esistono strade senza limiti di velocità, si muore meno che nel Paese più lento del mondo, gli Stati Uniti, dove il limite in autostrada varia di stato in stato, da 55 miglia orarie, cioè 88 km all’ora, fino a 85 miglia (136 km/h, ma è l’eccezione di un solo stato, il Texas). Mediamente i limiti più diffusi sono 70 e 75 miglia (112 e 120 km/h): tenendo conto della conformazione delle highway americane, spesso con poco traffico e senza una curva perfino per centinaia di chilometri, sono limiti estremamente prudenti. Sembrerebbe un paradosso, oppure si deve trarre la conclusione che la velocità non è sempre la causa degli incidenti.

Dove trovare la spiegazione? Uno studio della Erie Insurance, una grossa compagnia di assicurazioni americana ha stabilito che (escludendo situazioni illegali, come l’assunzione di alcool e droga per esempio) la distrazione rappresenta il 62% delle cause di incidenti negli Usa. A seguire, l’uso del telefono che rappresenta il 12%, mentre il fumo in auto (in molti Stati vietato anche in auto) conta solo l’1%. Se ci si distrae dalla guida a una velocità intorno ai 100 all’ora gli effetti sono gravi: per conferma, basta guardare come si riduce un’auto nei crash test, che in caso dell’Euro Ncap, i più duri, si effettuano ad una velocità di soli 55 km/h. Vuol dire che anche a 88 km all’ora se si è distratti si muore.

A indurre in distrazione è, anche, il sistema americano della marcia in file parallele, cioè il diritto di conservare la propria corsia e di superare a destra o sinistra indifferentemente. Non è una regola scritta, ma applicata ovunque: chi percorre una corsia di una highway americana a più vie ha diritto di restare sulla propria anche da Los Angeles a New York senza doversi spostare a destra per lasciar passare un’auto che va più veloce. In sostanza non esiste una corsia di sorpasso. In Italia, scomparsa da anni la corsia “veicoli lenti” e la “corsia di sorpasso”,  il codice obbliga ad “occupare la corsia libera più a destra”.  Quindi guidare su un’autostrada italiana significa superare Tir, autocarri e pullman che hanno limiti imposti inferiori a quelli delle auto, rientrare a destra, lasciar passare chi va più veloce, in un cambio continuo di corsia con i rischi conseguenti e la necessaria, continua attenzione alla guida. Che significa stress, ma significa anche una continua reattività.

Che succede con il sistema americano? Che c’è un’autolimitazione automatica della velocità: chi vuol correre di più sarebbe costretto ad uno zig zag tra le auto, i truck, inchiodati legittimamente al limite imposto, anche a 88 km/h. Il risultato: si mette il cruise control (accessorio praticamente standard sulle auto americane), si viaggia tutti insieme alla stessa velocità e ci si rilassa mangiando patatine o bevendo Coca Cola mentre si guida. Cioè mentre ‘non si guida’. E del resto, tra i difetti segnalati come possibile disincentivo alla vendita di un’auto importata in America è la mancanza del portalattine, accessorio indispensabile come il cambio automatico o l’aria condizionata. Conseguenza disastrosa, come abbiamo visto, è la distrazione. Anche se per fortuna si assiste ad una costante diminuzione del numero di incidenti, secondo la National highway traffic
safety administration (Nhtsa) – l’agenzia governativa del
 dipartimento dei Trasporti – il merito è dello 
”sviluppo significativo della tecnologia e della costante 
educazione stradale”.



L’atteggiamento dell’automobilista tedesco, invece, è generalmente l’esatto contrario: attento, reattivo, rispettoso delle norme. E niente patatine mentre si guida. Sono qualità insite nei tedeschi, che la possibilità di correre quanto si vuole sembrerebbe aver reso ancora più responsabili. Come dire, qualche concessione alla velocità (solo in tratti limitati e in condizioni di traffico ottimali) rende più disponibili a rispettare i limiti quando ci sono. Insomma: se qualche volta posso scatenare i miei cavalli, sono anche disposto ad andare a 30 all’ora quando le condizioni della strada me lo impongono. Come si sa, la regola generale è che in autostrada non ci sono limiti se non vengono segnalati, ma la realtà è che non sono molti i tratti autostradali liberi. E non lo sono sempre: appositi pannelli luminosi avvertono della possibilità di correre o meno, a seconda della situazione del traffico e delle condizioni meteo. E c’è sempre una velocità consigliata, di solito 130 km/h e da qualche tempo si sta discutendo di una revisione. In più, l’auto che si guida deve essere autobahn approved, cioè deve essere inserita in un elenco di auto con caratteristiche tecniche adeguate. Ma ci sono anche auto di serie considerate “non idonee” dai tedeschi.

L’Italia sta in mezzo. Un popolo con la passione dei motori, vendite di supercar a livelli notevoli (almeno fino a prima della crisi e del superbollo), la più alta diffusione europea di auto private, buona capacità generale di guida ma nemmeno un metro di strada pubblica dove si possano superare i 130 orari, ma con quasi il 100% di auto circolanti capaci di superare ampiamente il limite (si esclude qualche modello di Smart e poco altro). Un controsenso in termini. Aggiungiamo molta indisciplina che ha dovuto essere combattuta negli ultimi anni con molta repressione. La proposta di imitare, parzialmente, la Germania con qualche concessione in termini di velocità in alcuni tratti autostradali particolarmente sicuri era stata fatta tempo fa, ma sempre bocciata. Se i non-limiti tedeschi sembrano una concessione alla marca di stato Porsche, noi avremmo ben altro in fatto di marchi sportivi. Proposte contrarie di abbassare ulteriormente i limiti sono un altro tema ricorrente. Qual é  la soluzione ideale nella gestione del traffico e della sicurezza sulle strade?

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