Nella prima lezione del mio corso all’Università Bocconi, quando spiego alle mie studentesse e ai miei studenti che cos’è il diritto internazionale, temo sempre che qualcuno di loro alzi la mano e mi ponga la diabolica domanda: ma che razza di diritto è se nessuno lo rispetta? E la mente va immediatamente all’invasione dell’Iraq, alle continue violazioni dei diritti umani, all’infinita lotta alla povertà, agli sforzi vani per uno sviluppo sostenibile. E gli esempi potrebbero continuare.
Tremo alla sola idea di dover fronteggiare questo momento, questo dubbio, profondo e sincero perché viene dalla coscienza di futuri giuristi e studiosi, del perché sia così difficile fare rispettare il diritto internazionale, un diritto i cui soggetti sono gli Stati, enti sovrani che, come spesso ricordo in classe, superiores non recognoscentes.
Rispondo allora, non senza qualche esitazione io stesso, che vediamo le grosse violazioni ma trascuriamo i piccoli passi quotidiani, i momenti di fermento diplomatico che si risolvono con un pacifico arbitrato, le tante intese vantaggiose per la comunità umana, le convenzioni sul disarmo, il lavoro dei pubblici ministeri dei tribunali penali internazionali che perseguono criminali internazionali, e tanto altro. Penso a tutto ciò che c’è di buono nel mondo delle relazioni tra Stati, e ce n’è parecchio, anche se non lo percepiamo con immediata consapevolezza.
Eppure, è difficile mantenere la fiducia nelle attuali modalità di svolgimento della vita internazionale quando si assiste allo scempio – l’ennesimo, verrebbe da dire – che il Governo italiano ha fatto, in un sol colpo, del diritto internazionale vigente.
Eravamo abituati allo snervante avanti-indietro della vicenda dei Marò nella controversia con l’India (rientro sì, rientro no, processo qui, processo lì) e all’ancor più vergognosa storia della rendition di Abu Omar, gestita dalla CIA in combutta con i servizi italiani all’epoca dell’intesa nuziale Berlusconi-Bush. Ma qui, oggi, il vaso è colmo.
Esiste una norma cogente, espressione di estrema umanità e di quell’attenzione al concreto che sempre di più si manifesta nell’esperienza giuridica odierna, che vieta in modo assoluto agli Stati di trasferire una persona in un Paese dove rischi di subire persecuzioni politiche, magari accompagnate da ritorsioni, torture e trattamenti inumani e degradanti. Si richiede poi massima attenzione quando è in ballo la vita di una bambina.
Mi riferisco ovviamente al caso di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, che insieme alla figlia è stata spedita in Kazakistan (con un jet privato del governo kazako!), proprio nelle mani di quello stesso Presidente Nursultan Nazabayev capo di un regime corrotto (come denunciano i rapporti di Transparency International) oggetto di attenta osservazione da parte delle istituzioni internazionali ed europee e di Amnesty International.
Stupisce l’assenza, nel provvedimento della Prefettura di Roma, al rischio occorso alla donna e a sua figlia; nessun cenno, poi, all’autentica ragione che teneva la famiglia di Ablyazov lontana dalla patria, cioè la volontà di sottrarsi alla persecuzione politica – quella stessa ragione che invece la Prefettura ritiene decisiva (“ha dichiarato di NON voler tornare nel suo paese d’origine“, recita il decreto) a supporto dell’espulsione.
Stupisce, o forse non troppo, la “revoca” dell’espulsione, deliberata ieri in serata dal Consiglio dei Ministri, revoca che anche gli studenti del primo anno sanno (o immaginano facilmente) essere totalmente inefficace, non solo perché, trattandosi di enti sovrani, non si può trasferire un individuo da un Paese a un’altro senza il consenso del primo, ma anche perché le due protagoniste sono cittadine kazake, e possiamo supporre, pur non conoscendo il diritto di quel Paese, che il Kazakistan potrebbe non avere alcuna intenzione o ragione di rimandarcele indietro.
Un ridicolo rattoppo giuridico, questa revoca, legalmente impossibile e in definitiva politicamente imbarazzante.
Un pasticcio brutto, insomma. Che però dimostra non certo che il diritto internazionale non esiste (altrimenti il Governo avrebbe tentato in qualche modo di giustificare l’avvenuta espulsione, non certo di revocarla), ma che siamo troppo abituati a pensare che esso non vada rispettato per impegnarci veramente a che lo sia.
E che siamo troppo abituati a lamentarci se gli altri Stati ci chiedono di rispettare gli impegni.
Matteo Winkler
Docente universitario
Diritti - 13 Luglio 2013
Caso Kazakistan. Quello spregio per il diritto internazionale
Nella prima lezione del mio corso all’Università Bocconi, quando spiego alle mie studentesse e ai miei studenti che cos’è il diritto internazionale, temo sempre che qualcuno di loro alzi la mano e mi ponga la diabolica domanda: ma che razza di diritto è se nessuno lo rispetta? E la mente va immediatamente all’invasione dell’Iraq, alle continue violazioni dei diritti umani, all’infinita lotta alla povertà, agli sforzi vani per uno sviluppo sostenibile. E gli esempi potrebbero continuare.
Tremo alla sola idea di dover fronteggiare questo momento, questo dubbio, profondo e sincero perché viene dalla coscienza di futuri giuristi e studiosi, del perché sia così difficile fare rispettare il diritto internazionale, un diritto i cui soggetti sono gli Stati, enti sovrani che, come spesso ricordo in classe, superiores non recognoscentes.
Rispondo allora, non senza qualche esitazione io stesso, che vediamo le grosse violazioni ma trascuriamo i piccoli passi quotidiani, i momenti di fermento diplomatico che si risolvono con un pacifico arbitrato, le tante intese vantaggiose per la comunità umana, le convenzioni sul disarmo, il lavoro dei pubblici ministeri dei tribunali penali internazionali che perseguono criminali internazionali, e tanto altro. Penso a tutto ciò che c’è di buono nel mondo delle relazioni tra Stati, e ce n’è parecchio, anche se non lo percepiamo con immediata consapevolezza.
Eppure, è difficile mantenere la fiducia nelle attuali modalità di svolgimento della vita internazionale quando si assiste allo scempio – l’ennesimo, verrebbe da dire – che il Governo italiano ha fatto, in un sol colpo, del diritto internazionale vigente.
Eravamo abituati allo snervante avanti-indietro della vicenda dei Marò nella controversia con l’India (rientro sì, rientro no, processo qui, processo lì) e all’ancor più vergognosa storia della rendition di Abu Omar, gestita dalla CIA in combutta con i servizi italiani all’epoca dell’intesa nuziale Berlusconi-Bush. Ma qui, oggi, il vaso è colmo.
Esiste una norma cogente, espressione di estrema umanità e di quell’attenzione al concreto che sempre di più si manifesta nell’esperienza giuridica odierna, che vieta in modo assoluto agli Stati di trasferire una persona in un Paese dove rischi di subire persecuzioni politiche, magari accompagnate da ritorsioni, torture e trattamenti inumani e degradanti. Si richiede poi massima attenzione quando è in ballo la vita di una bambina.
Mi riferisco ovviamente al caso di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, che insieme alla figlia è stata spedita in Kazakistan (con un jet privato del governo kazako!), proprio nelle mani di quello stesso Presidente Nursultan Nazabayev capo di un regime corrotto (come denunciano i rapporti di Transparency International) oggetto di attenta osservazione da parte delle istituzioni internazionali ed europee e di Amnesty International.
Stupisce l’assenza, nel provvedimento della Prefettura di Roma, al rischio occorso alla donna e a sua figlia; nessun cenno, poi, all’autentica ragione che teneva la famiglia di Ablyazov lontana dalla patria, cioè la volontà di sottrarsi alla persecuzione politica – quella stessa ragione che invece la Prefettura ritiene decisiva (“ha dichiarato di NON voler tornare nel suo paese d’origine“, recita il decreto) a supporto dell’espulsione.
Stupisce, o forse non troppo, la “revoca” dell’espulsione, deliberata ieri in serata dal Consiglio dei Ministri, revoca che anche gli studenti del primo anno sanno (o immaginano facilmente) essere totalmente inefficace, non solo perché, trattandosi di enti sovrani, non si può trasferire un individuo da un Paese a un’altro senza il consenso del primo, ma anche perché le due protagoniste sono cittadine kazake, e possiamo supporre, pur non conoscendo il diritto di quel Paese, che il Kazakistan potrebbe non avere alcuna intenzione o ragione di rimandarcele indietro.
Un ridicolo rattoppo giuridico, questa revoca, legalmente impossibile e in definitiva politicamente imbarazzante.
Un pasticcio brutto, insomma. Che però dimostra non certo che il diritto internazionale non esiste (altrimenti il Governo avrebbe tentato in qualche modo di giustificare l’avvenuta espulsione, non certo di revocarla), ma che siamo troppo abituati a pensare che esso non vada rispettato per impegnarci veramente a che lo sia.
E che siamo troppo abituati a lamentarci se gli altri Stati ci chiedono di rispettare gli impegni.
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Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "Il definanziamento del fondo per la povertà educativa, che pure in 10 anni ha dato sollievo e maggiori opportunità a mezzo milione di bambini e bambine in condizioni di fragilità. E poi, ancora niente per non autosufficienza e disabilità, così come si profilano nuove nuvole all'orizzonte a causa dei tagli agli enti locali e quindi anche al welfare". Lo dichiara in una nota Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria nazionale del Pd con delega al Terzo Settore e all'Associazionismo.
"Contravvenendo alle tante promesse, la manovra di bilancio appena approvata dal Parlamento - la terza dell'era Meloni - chiude una porta in faccia a tutto il comparto del Terzo Settore. Non va meglio poi per quanto riguarda la mancata rimozione del tetto per il 5 per mille agli Enti del Terzo Settore, soldi che non finiscono là dove gli stessi contribuenti indicano di volerli indirizzare".
"Speriamo almeno che la proroga dell'entrata in vigore del regime dell'Iva per il Terzo Settore serva a risolvere la cosa una volta per tutte. Come Partito Democratico ci impegneremo in questo senso a partire già dai primi giorni del 2025".
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "Uno dei lati più cupi e tristi di una catastrofe umanitaria è che i morti fanno sempre meno notizia: a Gaza siamo oltre la tragedia, siamo oltre la più bieca e feroce disumanità. Gli ospedali i personale sanitario sono diventati il bersaglio delle truppe israeliane . E nelle tende degli sfollati, ogni giorno neonati muoiono morti di freddo : che he responsabilità avevano dei bambini ? Collaboravano con Hamas, sostenevano Hamas, erano complici di Hamas? Cos'è questo se non un crimine di guerra?". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs.
"Lo chiedo - prosegue il leader di SI - a chi contesta la decisione del Tribunale Internazionale dell'Aja, che ha spiccato un mandato d'arresto per Netanyahu per crimini di guerra. Lo chiedo a Matteo Salvini, che ha detto che quella decisione sarebbe disattesa dal nostro Paese se il criminale di guerra Netanyahu venisse in Italia. Lo chiedo a chiunque si metta a fare l'analisi semantica della parola genocidio. Cos'altro vi serve dopo migliaia e migliaia di bambini morti?".
"Non basta continuare a dire 'due popoli, due Stati' senza fare nient'altro. Perché lo Stato di Palestina non c’è, e a breve - conclude amaramente Fratoianni - potrebbe non esserci più nemmeno il popolo palestinese".
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "È degna di rilievo la notizia che i cattolici democratici si preparano ad assumere una forte iniziativa politica e culturale. Essa è destinata a smuovere le acque stagnanti dentro il Pd, partito ormai consegnato a una deriva populista. Non è indifferente, però, il modo in cui l’iniziativa di Delrio, Prodi, Castagnetti e Ruffini prenderà piede. Perché un conto è la sua costituzione come area culturale all’interno del Pd, altra cosa, ovviamente, sarebbe la nascita di una forza esterna a quel partito. In questo secondo caso, Azione, forza di chiara ispirazione liberale, laica e riformista, potrebbe essere aperta al confronto e al dialogo senza paletti o pregiudizi". Così Osvaldo Napoli di Azione.
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - La locandina dell'evento è pronta. L'appuntamento è per il 18 gennaio a Milano. Occasione: il battesimo di Comunità democratica. A promuoverlo alcuni esponenti cattolico democratici del Pd. L'organizzatore è Graziano Delrio e con lui ci sono Stefano Lepri, Patrizia Toia, Silvia Costa, Fabio Pizzul tra gli altri. Nutrito l'elenco dei partecipanti all'iniziativa. A partire dai 'padri nobili' Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti, presidente dell'associazione 'I Popolari', fino a Ernesto Maria Ruffini, l'ex-direttore dell'Agenzia delle Entrate da cui si è dimesso nelle scorse settimane, attorno a cui si sono condensate suggestioni come possibile 'federatore' di un'area moderata.
Quindi il mondo dell'associazionismo con il dem Paolo Ciani, esponente di Demos, il presidente delle Acli Emiliano Manfredonia ed ancora Francesco Russo, vicepresidente del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia e tra gli animatori della 'rete di Trieste', un nutrito gruppo di amministratori locali di ispirazione cattolica, nata appunto a Trieste a margine della Settimana Sociale dei Cattolici lo scorso luglio.
Ed ancora studiosi e professori come Elena Granata, vicepresidente della Scuola di Economia Civile. E poi tanti amministratori locali. Lombardi, innanzitutto, come l'ex-sindaco di Brescia e consigliere regionale, Emilio Del Bono. "Ci saranno diversi amministratori lombardi perché è da lì che cominciamo, poi faremo iniziative in altre regioni", spiega Lepri interpellato dall'Adnkronos.
"L'incontro del 18 gennaio -aggiunge Lepri- arriva dopo una sequenza di appuntamenti, come quello dello scorso anno de I Popolari, molto partecipato, all'Angelicum (c'erano anche Dario Franceschini e Lorenzo Guerini tra gli altri, ndr) e poi la Settimana Sociale dei Cattolici a Trieste. C'è l'esigenza di un impegno, di confrontarsi e di rappresentare anche l'attualità del pensiero dei cattolico democratici. Lo faremo con la presenza di autorevoli esponenti dell'università e ricerca e con tanti amministratori perchè facendo comunità, di qui il nome che ci siamo dati, che si cambia il mondo e lo si fa partendo dalle comunità locali. E lo faremo con alcuni 'padri nobili' nel segno della continuità politica".
Lepri, ma Comunità democratica sarà un'area del Pd o l'embrione di quel soggetto di centro di cui tanto si parla? "La nostra volontà è quella di confrontarci e rimettere insieme reti che abbiamo cominciato a ricomporre. Non è in discussione che il nostro impegno è nel Pd e per contare di più nel Pd, a partire dalle nostre proposte e dalla nostra capacità di organizzarci. Non c'è nessun ragionamento che va oltre". Ma ci sarà anche il 'federatore' Ruffini... "Lo abbiamo invitato e lui è molto contento di esserci".
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "Con questo governo anche la matematica è un’opinione. Matteo Salvini ha infatti annunciato trionfalmente che 'nei primi 15 giorni di vigore del nuovo codice della strada, i morti sono diminuiti del 25%, passando dai 67 del 14-18 dicembre 2023 rispetto ai 50 dello stesso periodo di quest'anno'. Signor ministro, ma lei è del mestiere? Non vorrei sconvolgerla con questa notizia, ma il periodo 14-18 dicembre è composto da cinque giorni, non da quindici. E un confronto su un lasso di tempo così ridotto è in ogni caso ridicolo per trarre conclusioni e bilanci statistici. Il motivo è semplice: cinque giorni non sono in grado di indicare alcuna tendenza. Sono una fotografia parziale, casuale, distorta. Senza contesto”. Lo scrive sui suoi canali social il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
“Se davvero vuole impegnarsi per la sicurezza stradale, servono dati seri, analisi profonde, non proclami e statistiche creative. Servono - sottolinea Magi - infrastrutture decenti, educazione stradale, mobilità sostenibile, riduzione della velocità e non una caccia alle streghe nei confronti di chi consuma cannabis, di chi vuole istituire le zone 30 o investire nella mobilità sostenibile. Ci penseranno i tribunali a spazzare via queste norme. Ma le vite salvate, ministro Salvini, non sono numeri da lanciare a casaccio per farsi belli. La pianti con la sua propaganda e - conclude Magi - faccia un ripasso in matematica”.
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "Il 18 e 19 gennaio ci ritroveremo a Orvieto con l’associazione Libertà Eguale sul tema generale Idee per una sinistra di Governo. Cosa dobbiamo, cosa vogliamo, cosa possiamo fare. Ci rivolgiamo, come sempre, all’intero centrosinistra per far maturare una moderna cultura liberale di Governo nell’orizzonte segnato dal conflitto tra democrazie e autocrazie”. Lo dichiara Stefano Ceccanti vice-presidente dell’Associazione.
Sono previsti, tra la relazione iniziale di Claudia Mancina, l’intervento di Michele Salvati e le conclusioni del Presidente Enrico Morando alcuni focus particolari, tra cui un’intervista di Giorgio Tonini a Paolo Gentiloni. “Il conflitto tra democrazie e autocrazie – prosegue Ceccanti- comporta di prendere sul serio il tema di un’efficace difesa europea, fuori da qualsiasi forma di appeasement e di forme astratte di pacifismo. E la difesa porta con sé il grande tema di De Gasperi e Spinelli di una maggiore integrazione politica perché difesa comune richiama autorità politica comune”.
Previsto anche un focus sullo stato delle istituzioni a partire dal libro sulla presidenza Napolitano “Presidente di tutti” di Giovanni Matteoli presieduto da Emilia Patta con l’autore, Stefano Ceccanti, Francesco Clementi, Carlo Fusaro. “E’ evidente a tutti che istituzioni non compiutamente e non coerentemente riformate non stanno ferme, immobili . dichiara Ceccanti – ma vedono peggiorare il proprio rendimento. Si può affrontare seriamente una gestione dell’autonomia dopo la sentenza della Corte senza un Senato delle Regioni? Si possono ridurre i decreti senza una data certa per i disegni di legge del governo? Si può intervenire sulla forma di governo senza chiarezza sul bicameralismo, sul voto estero, sull’avvicinamento tra singoli eletti ed elettori, sulle forme di ballottaggio? Le istituzioni non possono essere trattate come una qualsiasi materia che veda per forza lo scontro tra maggioranza e opposizione”. L’Assemblea Nazionale si svolgerà presso l’Aula Magna del Centro Studi città di Orvieto.
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - Gabriele Gravina è l'unico candidato alla presidenza della Figc per il prossimo quadriennio. I termini per la presentazione delle candidature sono scaduti il 25 dicembre. L'assemblea elettiva è in programma il prossimo 3 febbraio presso il Rome Cavalieri a Roma. All'ordine del giorno l'elezione dei Consiglieri federali delle componenti ai sensi dell’art. 26, comma 4 dello Statuto federale; l'elezione del Presidente Federale; l'elezione del Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti.