Economia & Lobby

Il governo gioca a Risiko con gli F-35 ma la vera partita è sulla nostra pelle

C’è la crisi, e allora che facciamo? Compriamo cacciabombardieri. Ovvio, no? Anche a voi sarà capitato che qualche amico disoccupato vi abbia esternato le sue preoccupazioni. Tipo: “Speriamo che comprino subito una flotta di aerei da guerra”.
 
Domani in un Senato esautorato (si veda l’ultimo Consiglio superiore di Difesa), si torna a discutere del fondamentale acquisto di 90 (novanta!) F-35 che ci costeranno la modica cifra di circa 100 (cento!) milioni l’uno. Intanto sui social network (e ovunque in Rete) è in corso una rivolta di cittadini contrari allo shopping militare, per diversi ordini di ragioni.
Alcune riguardano l’opportunità di comprare aerei da guerra in un paese che “ripudia la guerra”, altre l’opportunità di buttare miliardi in un momento in cui le imprese chiudono, la disoccupazione continua a crescere e si tagliano scuola e sanità. Alcuni costituzionalisti spiegano che ci sono forti dubbi di legittimità sulla destinazione dei fondi per gli F-35, quando appunto vengono tagliati i finanziamenti a servizi che garantiscono diritti fondamentali.
 
Ma anche senza dotti giuristi, basta il buon senso: questi cacciabombardieri non li vuole nessuno. Politici a parte. Nel programma elettorale del Partito democratico si poteva leggere: “Il Pd condivide la preoccupazione dell’opinione pubblica sulle spese per gli armamenti. Fermo restando che le esigenze di difesa e di sicurezza dello Stato si sono radicalmente modificate, ma restano, bisogna assolutamente rivedere il nostro impegno per gli F-35. La nostra priorità in questo momento è il lavoro”.

Poi, a causa della cosiddetta pacificazione nazionale (le parole sono importanti) le priorità sono cambiate. Del pacchetto “larghe intese” fanno parte anche i cacciabombardieri e quindi il governissimo intende confermare l’acquisto. Tra i Democratici, però, qualche voce contraria si leva. Alcuni deputati del Pd hanno firmato la mozione di Sel (sottoscritta anche da M5s) che chiede il ritiro dell’Italia dal programma. Ma sono pochissimi.

Per esempio il presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia, fedelissimo di Letta jr, ha scritto su Twitter: “In sostanza non si tratta di fare guerre, con gli elicotteri si spengono incendi, trasportano malati, salvano vite umane #F35”. Salvo, dopo essere stato subissato di sfottò, dare la colpa di aver confuso elicotteri da pace con aerei da guerra a uno stagista (mossa elegante). Comunque Boccia si dice favorevole: perché gli F-35 “creano posti di lavoro e danno valore all’eccellenza tecnologica”. Da segnalare anche il ministro della Difesa, il montiano Mario Mauro, innamorato di un calembour che è un terribile ossimoro: “Per amare la pace, armare la pace”.

Al di là della questione “guerra e pace”, resta il fatto che mancano i posti letto negli ospedali e tante scuole italiane sono pericolose e fatiscenti (sono solo alcuni esempi). Le petizioni, le manifestazioni con cui i cittadini si fanno sentire non vengono considerate. E nemmeno viene rispettata la loro volontà elettorale, se dopo il voto vengono ribaltati programmi e alleanze: una vera “democrazia matura”. Sembra una partita a Risiko, ma queste armi non sono carriarmati di plastica. E in gioco c’è la qualità della nostra vita, in ogni senso.

Il Fatto Quotidiano, 14 Luglio 2013

@SilviaTruzzi1