Condanna dal premier Letta: "Parole inaccettabili oltre ogni limite". Il Presidente della Repubblica ha fatto sapere di essere profondamente indignato. Poi la precisazione dell'onorevole leghista: "Era una battuta, magari infelice, mi scuso". La Kyenge: "Scuse accettate, ma questione resta". E Maroni: "Ha sbagliato, ma ha chiesto scusa"
“Quando vedo la Kyenge non posso non pensare ad un orango“. Parola e pensiero di Roberto Calderoli, vice-presidente del Senato, che dal palco della festa della Lega Nord di Treviglio, in provincia di Bergamo, è tornato a riferirsi al ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, in termini gravemente offensivi. “Sono rammaricata”, ha fatto sapere l’interessata, “vorrei un confronto sui contenuti e non sulle offese”. L’espressione ha però scatenato le reazioni dei politici di entrambi gli schieramenti. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha fatto sapere di essere profondamente indignato: “Episodi come questo sono il sintomo dell’imbrarbarimento della vita civile”.
“Avanti Cecile col tuo lavoro!”, ha scritto il premier Enrico Letta su Twitter, “Siamo con te. Inaccettabili oltre ogni limite le parole di Calderoli”. Solidarietà a cui si è unito il ministro dell’Interno Angelino Alfano che ha voluto telefonare personalmente alla collega Pd: “Nessuna differenza politica nè di opinione su singoli argomenti può mai giustificare quello che è accaduto. Voglio esprimere piena solidarietà e forte vicinanza, da parte dei colleghi di governo del Popolo della Libertà e dell’intero partito, per le ingiuriose parole ricevute”. Il Partito democratico, attraverso la voce del segretario Guglielmo Epifani è stato più diretto: “Calderoli accetti un consiglio, si dimetta”. Così come Kalid Chaouki, deputato democratico che ha lanciato una petizione per chiedere al rappresentante del Carroccio di lasciare il suo ruolo politico.
L’uscita di Calderoli ha unito i rappresentanti politici di entrambi gli schieramenti che nel corso delle ore hanno fatto arrivare messaggi di indignazione e preoccupazione, tanto che l’onorevole ha cercato di giustificarsi: “Ho fatto una battuta, magari infelice, ma da comizio, questo è stato subito chiaro a tutti. Non volevo offendere e se Kyenge si è offesa me ne scuso, ma la mia battuta si è inserita in un ben più articolato intervento di critica al ministro. Non vorrei che il polverone su di me servisse a coprire altro. Come le possibili dimissioni di un ministro per l’affare Ablyazov”. E “per farsi perdonare”, ha lanciato una proposta: “la invito ad un dibattito alla Berghemfest. Ma sappia che non le farò sconti sulle critiche”.
Calderoli ha poi detto di avere chiamato il ministro. “Ho parlato al telefono col ministro Kyenge e mi sono scusato”, ha spiegato, precisando che “ci siamo chiariti e ci siamo dati appuntamento in Parlamento per un confronto franco e leale”. E lei ha risposto: ”Sì, il sen. Calderoli mi ha telefonato ed io ho accettato le scuse. Ma il nodo istituzionale resta: ciascuno deve tener presente sempre la carica che riveste”. E ha aggiunto: “Il caso non è mai esistito a livello personale, resta aperto a livello istituzionale”.
Dal palco di Treviglio, l’onorevole leghista aveva ribadito la sua opinione in merito al primo ministro di colore. “Amo gli animali, orsi e lupi com’è noto – ha detto – ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di orango”. Calderoli si è espresso anche sul suo ruolo istituzionale: “La Kyenge fa bene a fare il ministro, ma forse lo dovrebbe fare nel suo Paese. È anche lei a far sognare l’America a tanti clandestini che arrivano qui”, ha rincarato la dose l’onorevole leghista. La risposta è arrivata dopo poche ore: “Le parole di Calderoli”, ha fatto sapere la titolare del dicastero all’integrazione, “non le prendo come un’offesa personale, ma mi rattristano per l’immagine che diamo dell’Italia. Credo che tutte le forze politiche debbano riflettere sull’uso che fanno della comunicazione. Ben vengano le critiche costruttive, purché siano basate sui fatti, sui contenuti, non sulle offese”.
Un’espressione che ha imbarazzato i rappresentanti delle istituzioni che hanno sentito il dovere di lasciare un messaggio sulla questione. “Non ci sono giustificazioni possibili”, ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso, “Già troppe volte il ministro è stato attaccato sul piano personale per la sua provenienza e per il colore della sua pelle, offese inaccettabili in un paese che si vuole moderno, democratico e civile“. Grasso ha parlato di mancanza di rispetto: “Chi rappresenta le istituzioni ha il dovere di mostrare rispetto e decoro in ogni occasione, anche agli incontri di partito, di dare l’esempio e dimostrare che la politica può e deve indicare la strada verso il futuro, non rivangare i più riprovevoli rigurgiti razzisti che speravamo fossero ormai alle nostre spalle”. Parole di solidarietà a cui si è unita la presidente della Camera Laura Boldrini.
Dal Carroccio, pochi commenti. ”Calderoli ha sbagliato e ha chiesto scusa. Ha fatto bene a chiedere scusa, perché noi non attacchiamo le persone ma contrastiamo le idee sbagliate”, ha detto il segretario della Lega Roberto Maroni. Arrivando a una festa del Carroccio, Maroni ha risposto ai giornalisti a proposito della polemica sulla frase di Calderoli, ma non ha voluto dire se sia il caso che quest’ultimo si dimetta da vicepresidente del Senato. “Lo deciderà lui”, si è limitato a rispondere. E ha aggiunto: “Le polemiche sul caso Calderoli-Kyenge servono a coprire cose come il pasticcio kazako, su cui il Governo deve chiarire”, perché “qui c’è una responsabilità politica o un’omissione molto grave dell’esecutivo”.
Mentre il segretario lombardo della Lega Nord Matteo Salvini ha scritto: “Sconfiggeremo il Quarto Reich, i suoi nani e le sue ballerine, con il lavoro, non con le battute. La signora Kyenge, come la signora Boldrini, vanno combattute e fermate con le idee, con le proposte, con la visione di un futuro e di una società diversi. Sono politici pericolosi non perchè sono belli o brutti, perchè modelle od oranghi, ma perchè sono pedine di un disegno che vuole cancellare le identità, le diversità, le storie, le lingue, le tradizioni e il lavoro, nel nome di un pensiero unico basato solo sul denaro”.
Il leader di Sel, Nichi Vendola, ha invece ricordat0 il ‘curriculum’ dell’ex ministro leghista: “Porcellum, poi maglietta con gli insulti anti Islam, ora vergognose parole verso Kyenge. Calderoli non può rappresentare il vertice del Parlamento”, scrive anche il Governatore pugliese su Twitter. Per Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, “Non è possibile e non è degno che un importante rappresentante delle nostre istituzioni insulti, con parole volgari e offensive e razziste una cittadina italiana e ancora di più una donna che oggi, da ministro, rappresenta il nostro Paese”. Anche per Luigi Zanda, capogruppo al senato del Pd, “gli insulti di Calderoli sono incompatibili con il ruolo da lui ricoperto”: “Il senatore Calderoli rappresenta un caso di gravissimo sdoppiamento di personalità: quando presiede il Senato lo fa con equidistanza, quando parla da leghista tocca le vette della massima volgarità politica e civile“. La condanna diventa bipartisan con le parole di Michaela Biancofiore, deputato del Pdl: “Stimo Calderoli sul piano delle capacità politiche, ma questa volta è andato oltre ogni limite”, avverte l’esponente, “Quanto alla richiesta di dimissioni quello di Calderoli non è un ruolo di governo, né politico, ma istituzionale, legato alla composizione dei gruppi in Parlamento.E quindi non si possono chiedere. Certamente, queste uscite non fanno bene alla Lega. Dall’uomo Calderoli mi aspetto delle scuse alla donna Kyenge”.
Quello di ieri è l’ennesimo attacco da parte di un esponente della Lega nei confronti del ministro dell’Integrazione, che da quando si è insediata è diventata il principale oggetto degli strali del mondo leghista. A maggio Mario Borghezio si era scagliato contro la nomina a ministro della Kyenge, parlando di “scelta del cazzo” e “governo del bonga bonga“. Un’affermazione che era costata all’europarlamentare leghista l’espulsione dal Parlamento europeo. A giugno, invece, ancor più pesanti erano state le parole di Dolores Valandro, consigliere di quartiere leghista a Padova, che, in seguito ad un tentativo di stupro a due ragazze italiane da parte di un uomo africano, si era rivolto al ministro su Twitter scrivendo: “Ma mai nessuno che la stupri così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato? Vergogna!”. Anche lei era stata immediatamente espulsa dal partito.