L'ex amministratore, ora commissario dell'azienda dei Riva ha inviato una perizia al presidente della Regione Puglia Vendola e al direttore generale di Arpa, Giorgio Assennato: "Il ruolo dell'impianto? Dipende da altri fattori come fumo di sigarette e difficoltà nell'accesso a cure mediche". Inoltre, “l'enfasi sul possibile ruolo dell'impianto siderurgico sembra essere un effetto della pressione mediatico-giudiziaria, ma non ha giustificazioni scientifiche”
“È erroneo e fuorviante attribuire gli eccessi di patologie croniche oggi a Taranto a esposizioni occupazionali e ambientali occorse negli ultimi due decenni”. Anche Enrico Bondi nega le responsabilità dell‘Ilva per la delicata situazione sanitaria a Taranto. L’Ilva non ha colpe, i fattori responsabili per le malattie e i decessi per tumore a Taranto sarebbero altri: “Fumo di tabacco e alcol, nonché difficoltà nell’accesso a cure mediche e programmi di screening”.
In una nota inviata al presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e al direttore generale di Arpa, Giorgio Assennato, il commissario straordinario ed ex amministratore delegato dell’azienda dei Riva, ha allegato una perizia in cui si critica duramente lo studio ‘Sentieri’ compiuto dal ministero della Salute e la valutazione del danno sanitario effettuato da Arpa Puglia che aveva spiegato che, anche con la piena attuazione delle misure previste nell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), l’impatto degli inquinanti sulla popolazione non si sarebbe azzerata, ma solo dimezzata. “I dati di mortalità per tumori nello studio ‘Sentieri’ – si legge nel documento in possesso de Il Fatto Quotidiano – si riferiscono al periodo 2003-2009. L’incidenza e la mortalità per tumori riflette esposizioni che risalgono a un lontano passato. I tumori al polmone hanno una latenza di 30-40 anni, e riflettono quindi essenzialmente esposizioni dagli anni ’60 e ’70, o precedenti. A tale proposito – chiariscono gli esperti del commissario Bondi – è noto che a Taranto, città portuale, la disponibilità di sigarette era in passato più alto rispetto ad altre aree del Sud”.
Della serie prendetevela con i contrabbandieri. E come se questo non fosse sufficiente, gli esperti tentano di scagionare completamente le emissioni dello stabilimento siderurgico spiegando che “l’enfasi sul possibile ruolo dell’impianto siderurgico sulla mortalità a Taranto sembra essere un effetto della pressione mediatico-giudiziaria, ma non ha giustificazioni scientifiche”. Dichiarazioni che il commissario Bondi, non solo condivide in pieno, ma che addirittura rilancia aggiungendo nella sua nota a Vendola e Assennato che “dalla memoria emerge come i criteri adottati e la procedura valutativa seguita presentino numerosi profili critici, sia sotto il profilo dell’attendibilità scientifica, sia sotto il profilo delle conclusioni raggiunte”.
I dati utilizzati da Arpa nella valutazione del danno sanitario vi sarebbe una “sovrastima sulle emissioni inquinanti” che comporterebbe una valutazione falsata. Ma l’attacco più duro è quello nel quale gli esperti accusano l’Arpa di aver prodotto un documento escludendo dall’elenco degli inquinanti il Pm10. Un’omissione cercata perché “i dati di esposizione a questo inquinante sono sostanzialmente nella norma” e quindi “la scelta di concentrarsi su tre gruppi di cancerogeni (Ipa, composti organici e metalli) offre più garanzie di ottenere un risultato che attribuirebbe all’Ilva un certo numero di casi di tumore o di decessi”. Insomma tutti contro l’Ilva. Senza motivo. Non importa se le perizie disposte dal tribunale hanno chiaramente affermato che le emissioni inquinanti della fabbrica ionica causano “malattia e morte”. Per Bondi e i suoi esperti “a Taranto la mortalità per alcuni tumori era già elevata negli anni Ottanta e Novanta per tre cause principali e ben note: il fumo, l’asbesto, causa del mesotelioma e presente in grandi quantità soprattutto nei cantieri navali, e la particolare condizione di zona deprivata”.
In questi giorni si celebra un processo per omicidio colposo plurimo di ex operai Ilva deceduti per mesotelioma pleurico. Alla sbarra ci sono i vertici della fabbrica dal 1978 a oggi. Ma forse è solo l’ennesimo complotto di stampa e magistratura.
da Il Fatto Quotidiano del 14 luglio 2013