Poi scatta sempre l’ora dei “ma anche”, della condanna con riserva, del “tutti colpevoli e quindi nessun colpevole”. Anche davanti all’insulto del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli al ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge si moltiplicano le distinzioni di coloro che intendono minimizzare quanto ha pronunciato il senatore del Carroccio. Il problema è che poi, a cercare di sparare nel mucchio, si rischia di spararle grosse. Donato Bruno, senatore Pdl, ricorda per esempio “a chi ha parlato sinora qual è il linguaggio politico usato nei confronti dell’avversario politico”. Parla di “nano-tascabile”, riferendosi al capogruppo alla Camera del Popolo delle Libertà Renato Brunetta, ma non risulta che il termine sia stato pronunciato da nessuno dei vicepresidenti delle Camere. Ma Bruno va oltre: “Parlare di ‘pitonessa’ vi assicuro che non è bello”. In questo caso lo scivolone è doppio visto che il soprannome è stato coniato da Giuliano Ferrara, sul Foglio, e la stessa parlamentare del Pdl lo ha poi ricordato orgogliosamente in un’intervista a In mezz’ora quando Lucia Annunziata le ha chiesto se si sentisse più falco o più colomba. E conclude Bruno: “In difesa della Carfagna aggredita poi non ho sentito nessuno, ma non è certo con questi dibattiti che si aiuta la politica a riacquistare credibilità”. La Carfagna in realtà ha ricevuto il messaggio di solidarietà da parte della presidente della Camera Laura Boldrini, ma soprattutto è stata minacciata da un utente di facebook e non certo insultata dal vicepresidente del Senato.
Ma c’è chi fa meglio. Il senatore Sergio Divina spiega che quella di Calderoli è stata “un’intemperanza”, ma il capitolo che si è aperto su questa storia “si deve chiudere qui”. Fin qui quanto deciso durante la segreteria politica in via Bellerio a Milano. Ma il senatore del Carroccio ricorda che la politica “ha spesso fatto ricorso ad un certo tipo di linguaggio quindi non c’è così tanto da scandalizzarsi. E a questo proposito cita il caso del figlio di Bossi il cui “soprannome Trota forse non se lo toglierà più”. Anche in questo caso la questione è che il soprannome “Trota” a Renzo Bossi fu dato non da un passante, ma dallo stesso Senatur, Umberto Bossi. “Invito i colleghi – conclude Divina – a guardare le pagliuzze e le travi che sono nei propri occhi”.