Trash-Chic

Trash-Chic, c’era una volta Saint Tropez luogo d’incanto. Ora ci sono passati tutti

De Colmont gestisce un business miliardario, fatto di 1000 coperti al giorno, dove ingorghi umani per passare tra i tavoli trasformano i camerieri in improvvisati equilibristi. E da yacht grandi come portaerei sbarcano a getto continuo avventori dai gonfi portafogli

C’era una volta Saint Tropez, luogo d’incanto
Ci venivano artisti e bella gente, bella davvero da vedersi. C’era una volta le Club 55, pochi tavoli, sistemati alla meglio sotto un canneto da una coppia di veri hippy chic. Il caso volle che Roger Vadim girasse Et Dieu Crea la  femme proprio lì, sulla spiaggia di Pampelonne. Finite le riprese ci andavano a mangiare il pescato del giorno, compresa una poco più che adolescente B.B. Oggi, Patrice De Colmont, il figlio, gestisce un business miliardario, fatto di 900/1000 coperti al giorno. Tutta Hollywood è passata di lì. E yacht grandi come portaerei sbarcano a getto continuo avventori dai gonfi portafogli. I tavoli sotto giunchi e tamerici sono sempre tinteggiati bianchi e blu e le tovaglie in stile provenzale ma gli ingorghi umani per passare tra i tavoli trasformano i camerieri in improvvisati equilibristi.

Se tu vuoi chiamali bungalow, quelli del Kon Tiki, poco più in là del Club 55. Un’altra esclusività, dicono. Per 4500 euro a settimana, si può vivere alla Gauguin de noialtri. Il finto bungalow è una casetta prefabbricata, modello Ikea, con il tetto esternamente ricoperto di paglia intrecciata. Dentro ci sono tutti i confort, compresa un’attrezzata cucina. La distanza fra un bungalow e l’altro è tale che se il vicino frigge le alici, ti stuzzica l’appetito mentre sei con la tua bella “tahitiana” rivestita di fiori. Se non sei in seconda o in terza fila, la vista del bungalow è sul mare. Ma di giorno la spiaggia è d’appannaggio di nudisti. La vista su un umanità di carni tremule e pubi incolti non è proprio un belvedere. Neanche all’alba quando s’inchinano a fare il saluto al sole.

Nobiltà napoletana contro aristocrazia papalina
Palazzo Farnese versus la reggia di Capodimonte. I mondani di lungo corso hanno messo mano al portafoglio e un’altra sul cuore, si sono messi in ghingheri, hanno rispolverato gioie di famiglie e si sono dati alla charity. L’anfitrione della seratona di beneficenza è stato Mario d’Urso, banchiere ed ex senatore, che all’Ambasciata di Francia è di casa. Obolo richiesto 300 euro a cranio, inclusivo del prezzo anche la visione delle sale affrescate del rinascimentale Palazzo Farnese. Banchetto sontuoso anche se l’ambasciatore aveva  chiesto sobrietà nelle mises. Il concetto di sobrietà alle dame capitoline non è chiarissimo, a vederle così agghindate.

Mentre qualche gentiluomo allo smoking bianco e cravattino nero (dinner jacket come direbbero gli inglesi) ha preferito l’abito scuro. Meglio, così non inciampano nell’inconveniente di essere scambiati  per camerieri. La causa è buona, anzi, ottima. I soldi vanno alla Fondazione “A hole in the Wall“, fortemente voluta dall’attore Hollywoodiano Paul Newman. Un buco nel muro (d’indifferenza) serve a garantire all’infanzia abbandonata qualche barlume di speranza.

Si sono aperti i cancelli della Reggia borbonica di Capodimonte per volere di Gloria Frezza di Sanfelice, presidentessa della delegazione Campania dell’ A.I.R.C. Benconsigliata  da Roberta Buccino Grimaldi, Patrizia Pignata e Sergio Cappelli (consiglieri tuttofare) sul format “beneficenza porta a porta”, solo 50 euro a capoccia, per 800 invitati. Il ricavato della serata è stato interamente devoluto a favore della ricerca e le spese sostenute per l’organizzazione sono state interamente coperte dagli sponsor. Dopo lo gnocco alla sorrentina il dj (Ciro Cacciola, alias Cerchietto) al posto dell’orchestra apriva le danze a ritmo hip hop.