Il vice-presidente del Senato in Aula spiega di avere detto "una sciocchezza", ma non lascerà l'incarico. Ma per Palazzo Chigi l'episodio non è rientrato. Boldrini: "Arretratezza insopportabile". Prodi: "Scuse postume deprimenti". Grillo: "Battuta razzista da ubriaco da bar. Ma bisogna indignarsi anche con chi l'ha messo lì, in primis il Pd"
“Sarei stato pronto a dimettermi anche oggi se le forze politiche me lo avessero chiesto” e “se ci fosse stata una altissima maggioranza dei capigruppo. Ma così non è stato”. Roberto Calderoli interviene al Senato in merito alle polemiche sorte dopo le sue dichiarazioni, in cui aveva paragonato il ministro Cécile Kyenge a “un orango”. Parole che definisce “esecrabili”. Ammette di avere “fatto una sciocchezza” ma rimanda il giudizio politico agli elettori. Poi rivolge le sue scuse, già accettate dal ministro, anche ai colleghi di Palazzo Madama e promette di non attaccare “mai più l’avversario politico con dichiarazioni offensive”. Al ministro dell’Integrazione, dice, invierà un mazzo di rose, ma sottolinea che non farà sconti “a chi favorisce l’immigrazione clandestina”. Proprio la diretta interessata sulla decisione di Calderoli di non dimettersi ha preferito non commentare: “Io non mi sono pronunciata su questo punto e continuo a non pronunciarmi. E’ una responsabilità politica e istituzionale, non voglio ricondurre l’episodio ad un caso personale. E’ arrivato il momento in Italia in cui ognuno di noi deve guardare e capire il ruolo che riveste l’importanza della parola e la comunicazione che si vuole passare al Paese“, ha detto il ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge. Tuttavia Palazzo Chigi non ritiene che il caso sia rientrato. “La scivolata è solo quella di un leader che non riesce a far dimettere Calderoli da vicepresidente del Senato. Purtroppo – trapela da fonti governative all’indomani dell’invito di Letta a Maroni a chiudere una “vicenda vergognosa” – è una carica che non è oggetto di voce di sfiducia, ma così facendo Maroni è correo dell’insulto al ministro Kyenge”.
E da Londra il premier Letta, durante un dibattito sull’Europa alla Chatam House, ha ringraziato il giornalista del Financial Time che gli ha chiesto conto degli insulti dell’esponente leghista al ministro Kyenge: ”Sono molto felice di questa domanda perché in sala ci sono molti giornalisti italiani che potranno spiegare alla nostra opinione pubblica quanto negative sono per l’immagine del Paese le parole di Calderoli”. Il presidente del Consiglio ha spiegato che il senatore leghista non può essere sfiduciato “solo lui può decidere le dimissioni che risolverebbero il problema perché è una vergogna. Noi non siamo così – ha aggiunto il premier – la presenza del ministro Kyenge nel mio Governo dimostra che l’Italia è un Paese moderno”. In un’intervista con Channel Four “è un grande problema gli abbiamo chiesto di dimettersi perché è stata una vergogna, per il paese e verso il mondo intero. Il suo approccio è stato cattivo e stupido. Sarebbe stato necessario che si dimettesse, per questo glielo ho chiesto e lui è ancora la. Questo è un grande problema”. Ma, al contrario, per Roberto Maroni il caso è ormai archiviato. “La questione per me è chiusa e lo dico da ieri”, dice ai giornalisti il segretario federale della Lega Nord.
Intanto si susseguono le reazioni anche nel mondo politico e sui media cattolici. Per la presidente della Camera Laura Boldrini, intervistata su Radio popolare, “le parole del vicepresidente Calderoli manifestano un’arretratezza insopportabile. Chi svolge ruoli istituzionali non può avere la libertà di dire qualsiasi cosa gli venga in mente. Dev’essere all’altezza di questo ruolo. Se non si riesce a trattenere non è in grado di fare bene il proprio mestiere”. Boldrini aggiunge però che ”nessuno può rimuoverlo” dal suo incarico. Interviene sul caso anche l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi che, intervistato sul Mattino precisa che “dovrebbero essere i colleghi parlamentari tutti, di sinistra di centro e di destra, a sfiduciare uno che dice le cose che ha detto Calderoli” perché ”queste espressioni sono intollerabili in una persona comune. La carica – continua – è solo un aggravante. Certo, il primo passo sono le dimissioni. Ma per sanare la ferita ci vorrebbe un coro di voci che le chiedesse all’unisono”. Le scuse postume sono “deprimenti”, dice Prodi, “anche perché replicano uno schema abusato, che aggiunge al pregiudizio un’immaturità politica e personale. Quasi ci fosse un divertimento goliardico a tirare un sasso e poi far finta di niente”. “Avrebbe fatto meglio a dimettersi”, ribadisce Luigi Zanda, capogruppo Pd al Senato.
Durissima la presa di posizione di Beppe Grillo, che dal suo blog definisce le parole di Calderoli “battuta razzista da ubriaco da bar”. Di conseguenza, scrive Grillo, “l’indignazione verso Calderoli è giusta. La sua battuta razzista verso un ministro di origini congolesi è da condannare“. Ma il discorso del leader del M5s si spinge oltre: “Calderoli non è vicepresidente del Senato per caso, lo hanno voluto lì pdl e pdmenoelle e Capitan Findus Letta non ha fatto a suo tempo alcuna obiezione. Perché – si chiede Grillo – chi ora si indigna ha permesso che venisse nominato al Senato? Se ci si indigna con Calderoli, a maggior ragione bisogna indignarsi con chi ne ha permesso la sua investitura, in primis il pdmenoelle“.
Anche i giornali di area cattolica condannano le parole di Calderoli e ne chiedono le dimissioni. ”Credo anch’io che le parole di scusa (che, più o meno, sono arrivate) in casi come questo non bastino, servono gesti forti e inequivocabili, che risarciscano sul piano morale tanto la persona offesa, la signora ministro Kyenge, quanto l’Istituzione umiliata – scrive il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, rispondendo ad alcune lettere dei lettori. Calderoli si dimetta, almeno dalla vicepresidenza del Senato. Se poi intendesse fare di più, nessuna obiezione (e penso che, al di là delle dichiarazioni di facciata, anche nel suo partito più di qualcuno non se ne dispiacerebbe)”. Infine è un triplice appello quello che il settimanale dei Paolini, Famiglia Cristiana, rivolge al vicepresidente del Senato, al ministro dell’Interno Angelino Alfano, al ministro degli Esteri Emma Bonino. “Per favore, andatevene!”, si legge sull’homepage del sito che prosegue: “Il caso del dissidente kazako, gli insulti alla ministra Kyenge. Ma questi politici dobbiamo proprio tenerceli?”.
Critiche anche dalla stessa area leghista: “Quelle di Calderoli e di Stival sul ministro Kyenge non sono battute ma uscite infelici che non rappresentano il Lega-pensiero”, ha dichiarato il presidente del Veneto, Luca Zaia. “Se qualcuno ci vede strategie dietro – ha spiegato il governatore riferendosi a un eventuale caccia di consensi nella base del Carroccio – di recupero dell’elettorato, direi che è anche uno stolto e un cretino perché, se si pensa di recuperare il consenso della gente facendo queste battute, il consenso lo perdiamo, anche perchè i cittadini sono molto più avanti“. Intanto i segretari provinciale e comunale del Pd di Ferrara, Paolo Calvano e Simone Merli, depositeranno domattina in Procura a Bergamo una denuncia nei confronti del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli per diffamazione aggravata dall’odio razziale, reato procedibile d’ufficio.