Il mondo FQ

L’America’s Cup simbolo della fine. E del nuovo inizio

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Ecco qui l’emblema di un mondo morto e sepolto, che ancora si agita per sembrare vivo: l’America’s Cup. Leggo da Gaia Piccardi sul Corriere: “Volevano barche in grado di regatare con ogni vento (…) qui a San Francisco abbiamo atteso sette giorni, tra polemiche-avvocati-ricorsi, per assistere alla prima regata vera. (…) Volevano barche economiche. Solo l’ala rigida degli Ac72 costa 5 milioni di dollari (ma temo mi abbiano fatto lo sconto per fare bella figura…). Con meno di 50 milioni di dollari (il budget ufficiale più basso è quello di Luna Rossa, Larry Ellison per Oracle ne ha spesi almeno quattro volte tanto), invece, a San Francisco non scendi nemmeno in acqua. Volevano tanti challenger, da tutto il mondo: russi, cinesi, francesi, australiani, (…) Sono in 2. (…) Fin qui, dunque, (…) un flop totale”.

E veniamo a noi, invece. Con un gruppo di appassionati (con cui partiremo per 5 anni per Mediterraneo, Mar Nero e Mar Rosso settentrionale), stiamo navigando da 80 giorni tra Grecia, Albania, Montenegro, Croazia. Stiamo attenti a usare poco la cucina per risparmiare sul gas. La barca (Mediterranea) sono tre mesi che non è collegata alla rete elettrica, resa autonoma dal pannello solare. Una scotta la cambiamo solo quando si rompe. Viviamo lentamente, navighiamo a vela ad ogni refolo di vento, facciamo la differenziata. Viviamo emozioni splendide, continue, incontriamo tante persone, siamo a contatto col mare. La gente, quando sbarca, si commuove. E anche noi…
Eppure il nostro budget annuale credo non basti a pagare il caffè ai team della Grande Coppa America.

Nell’epoca della crisi ogni cosa si ridimensiona. Tutto torna com’era. Vincono le idee, le cose fatte per passione. Vince navigare con una barca del 1980. Vince andare in giro con due magliette da lavare in un secchio sul molo. Vince cucinare cene (meravigliose) con 2  euro a testa. Vince avere sogni profondi, pesanti, radicati, e sbattersi per realizzarli. (A proposito, se qualcuno ci dà una mano siamo qui. Ma il nostro viaggio lo faremo comunque, perché non di solo pane vivono i sogni).

Basta con i mega progetti. Basta con i megaeventi. Basta con i megawatt. Il denaro c’è, e basta per tutti, come dice Gino Strada. Dipende come lo usiamo, cosa ci facciamo, cosa abbiamo nel cuore quando viviamo. Questo è il dopoguerra signori, dove tutto è possibile se si pretende poco, se non si pretende meno della voglia di sognare e fare. L’America’s Cup è morta, sepolta viva dal denaro. Vediamo di mettere in salvo almeno le nostre anime semplici (e low-cost). 

Foto: Mediterranea @Simone Perotti

 

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