Il comitato articolo 33, per ricordare all'amministrazione la vittoria in occasione della consultazione del maggio scorso, ha organizzato una staffetta dal 19 al 22 luglio davanti al municipio. Gli attivisti: "Non possono ignorarci"
Una veglia – staffetta di 72 ore filate in piazza Nettuno a Bologna per ricordare alla giunta Merola l’esito del referendum sulla scuola pubblica del 26 maggio 2013. Inizierà venerdì 19 luglio alle 13, a pochi passi da Palazzo d’Accursio, per poi finire il 22 sempre alle 13, una lunga manifestazione dei componenti del Comitato Articolo 33 che con turni di tre ore a testa, compresa la notte, “veglieranno” ininterrottamente su quell’aula consiliare dove la maggioranza di centrosinistra si pronuncerà, o con un ordine del giorno, o direttamente con una delibera, sulla vittoria referendaria.
Al quesito proposto dal Comitato contro il milione di euro che il Comune destina alle scuole paritarie ogni anno, parteciparono circa 86000 bolognesi (il 28,7% degli aventi a diritto) e tra loro l’opzione A, quella che invitava a cancellare il finanziamento, appoggiata da Sel e Movimento 5 Stelle, raccolse il 59% (pari a 50.517 voti); la B, sostenuta dall’intero Pd, dalla giunta Merola, dal Pdl, Lega e Curia locale, il 41% (35.160).
“Per regolamento entro tre mesi dal voto il consiglio comunale deve deliberare in merito all’esito referendario, non può ripassare la palla alla giunta”, spiega Alessandro Bernardi, attivista del Comitato e partecipante alla staffetta, “tra il 22 luglio ed eventualmente il 29 si deciderà dove verrà destinato il milione di euro. Noi vogliamo che il consiglio rispetti il risultato del referendum e reputiamo che i giochi non siano ancora fatti. Per questo manifesteremo immobili come delle statue ed in silenzio per tre giorni, rivolgendo il nostro sguardo al palazzo comunale”.
Così mentre il sindaco Merola e la sua giunta tirano dritto per la loro strada di disinteresse rispetto all’avverso esito del voto, si avvia una disputa tutta interna alla maggioranza di centrosinistra che vede per l’ennesima volta una paventata spaccatura Pd-Sel, ma che all’interno dei Democratici, a maggio molto uniti sotto l’insegna dell’opzione B, registra qualche scricchiolio: “E’ stato un errore, come giunta, sostenere dopo il referendum che si sarebbe proceduto comunque per la stessa strada”, spiega Francesco Errani, giovane consigliere comunale Pd, “Noi come gruppo consiliare ci incontreremo lunedì prima della seduta del pomeriggio per fare il punto della situazione. A mio avviso non tenere conto dell’esito referendario non ha senso, faremo qualche passo verso quella direzione, vanno ripensate insieme alcune regole per ricostruire il sistema scuola in questi tempi di crisi, la convenzione può essere rivista nei metodi e nei criteri”.
“Ma quale revisione vogliamo fare? Dobbiamo rispondere ai bisogni della famiglie da buoni amministratori”, ribatte il collega di partito, Claudio Mazzanti, “da ateo non credente io sostenni l’opzione B e lo rifarei. Continuo a sostenere che la maggioranza dei bolognesi non si è espressa sul referendum. E poi ricordo che venti giorni fa, dopo che erano stati minacciati fuoco e fiamme da Sel, la maggioranza ha votato compatta il bilancio e una delle voci è proprio quel milione di euro alle paritarie. Siamo di fronte alla solita “ammuina” di una parte della maggioranza per questioni meramente ideologiche”.
La manifestazione “civile, semplice, non aggressiva”, la definisce il suo ideatore Giancarlo Ambrogio Vitali, s’ispira stilisticamente ad una protesta avvenuta ad Istanbul quindici giorni fa contro il governo turco. “I cambiamenti all’interno del Pd negli ultimi 10-15 anni sono impressionanti”, commenta Katia Zanotti, del Comitato Articolo 33, “Continuo a ricordare agli amici democratici che stiamo parlando del diritto costituzionale alla scuola pubblica, non di posizioni ideologiche”. “Non so cosa accadrà il 22 luglio”, chiosa l’ex sindaco di Bologna, Walter Vitali, che il 26 maggio ha invitato pubblicamente a votare a favore dei finanziamenti alle paritarie, “ma sono fermamente convinto che l’esito referendario non si possa tradurre in una revisione delle attuali convenzioni in atto”.