Durante l'audizione, il segretario generale della Difesa e direttore nazionale armamenti non ha dato spiegazioni ai quesiti avanzati da M5S e Sel, rimandando alla futura indagine conoscitiva parlamentare
Come prevedibile, nel corso dell’audizione alle commissioni Difesa di Camera e Senato di ieri pomeriggio, il segretario generale della Difesa e direttore nazionale armamenti, generale Claudio Debertolis, è stato bersagliato di domande sul programma di acquisizione degli F-35. Ma chi si aspettava finalmente qualche chiarimento e un po’ di trasparenza è rimasto a bocca asciutta. Agli interrogativi più stringenti avanzati da M5S (Massimo Artini) e Sel (Donatella Durandi) sullo stato di avanzamento del piano di acquisizione dei cacciabombardieri e sul costo dei primi F-35 acquistati, Debertolis non ha dato alcuna risposta, rimandando all’indagine conoscitiva parlamentare – che verrà aperta settimana prossima e si concluderà prima del Consiglio europeo sulla difesa di dicembre: giusto in tempo per la prevista sottoscrizione di impegni contrattuali per “ulteriori acquisizioni” (403 milioni per altri tre aerei, più 113 milioni di saldo per i primi tre, secondo informazioni ufficiose).
Quando poi gli sono state chieste delucidazioni sul numero dei velivoli ad oggi operativi che andrebbero sostituiti dai 90 F-35, il generale ha recitato la solita cantilena dei 254 aerei originariamente acquistati negli scorsi decenni (100 Tornado, 136 Amx e 18 Harrier) invece di ammettere che oggi l’aeronautica è perfettamente operativa con 128 velivoli da attacco (58 Tornado, 52 Amx e 18 Harrier), come dimostrato dal loro ampio impiego in Libia e in Afghanistan. La distorsione della realtà è proseguita sulle alternative agli F-35. Sia il cinquestelle Artini che la democratica Rosa Calipari hanno chiesto al generale perché mai l’Italia abbia deciso di puntare sull’F-35 invece che sull’Eurofighter: la scelta inversa rispetto a quella fatta dalla Luftwaffe tedesca, che sostituirà i suoi Tornado con la versione multiruolo di questo aereo (rinunciando agli F-35), e dalla Royal Air Force britannica, che ha già impiegato gli Eurofighter nei bombardamenti in Libia.
“Non abbiamo abbandonato il programma Eurofighter, il quale non verrà affatto penalizzato dalla scelta F-35”, ha dichiarato Debertolis. Una mezza verità che nasconde un paradosso, come spiega Silvio Lora-Lamia, ex condirettore della rivista Volare e oggi collaboratore di Analisi Difesa, profondo conoscitore del programma JSF: “Noi continuiamo a partecipare, anche economicamente, allo sviluppo del programma Eurofighter, ma a differenza di altri paesi abbiamo deciso di non impiegare questo aereo in veste multiruolo per privilegiare a tale scopo l’F-35”. Debertolis ha infine respinto come “fantascienza” le preoccupazioni, rilanciate dalla deputata di Sel, riguardo all’Alis, il sistema logistico informatizzato concepito e gestito dagli americani attraverso una grande centrale operativa alla quale tutte le flotte di F-35 dovranno restare sempre collegate secondo procedure che alla fine faranno dell’F-35 un aereo ‘a sovranità limitata’. “L’Alis non è un ‘Grande Fratello‘, ma un semplice strumento di manutenzione che sarà sotto controllo italiano”, ha garantito il generale.
Ma Lora-Lamia, che è stato il primo a sollevare il problema, non concorda: “E’ innegabile che l’Alis funzioni con un gestore unico che sta sopra tutti, negli Stati Uniti, e che controlla istante per istante l’efficienza di tutti gli F-35 sparsi per il pianeta, gestendone in questo modo anche lo stato di servizio. Un modo per limitare la sovranità operativa delle flotte, già in parte negata dal fatto che su questo aereo ci sono tecnologie che gli americani, per legge, non possono condividere con nessun altro paese”.