Il leader talebano pachistano Adnan Rasheed ha mandato una lettera a Malala in cui si scusa, a titolo personale, per l’attacco condotto contro la ragazza pachistana e rivendicato dal suo gruppo Tehrik-e-Taleban (Ttp). “Quando sei stata attaccata è stato uno choc per me”, scrive Rasheed. “Vorrei che non fosse mai successo”. Anche se il leader aggiunge che la lettera (datata al 15 luglio) è scritta “a titolo personale” e “potrebbe non rispecchiare l’opinione del Ttp o di altri gruppi talebani”. Nel testo, inoltre, Rasheed non rinnega e anzi difende l’operato del suo partito nel Paese; e conclude invitando Malala a “tornare a casa, abbracciare la cultura islamica, studiare e aiutare con la sua penna l’Islam”.

Lo scorso ottobre la giovanissima attivista per i diritti umani era stata ferita con due colpi di pistola da un commando di talebani, i quali avevano rivendicato il loro gesto sostenendo che “chi opera contro la sharia (legge coranica) per noi deve essere punito con la stessa sharia”. Dopo essere sopravvissuta alla rappresaglia, Malala nel febbraio del 2013 era stata candidata dal partito laburista norvegese al premio Nobel per la pace, e negli scorsi giorni, in occasione del suo sedicesimo compleanno, ha tenuto un discorso all’Onu. Adesso arriva anche un parziale riconoscimento di colpa da parte di chi ha attentato alla sua vita.

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