Musica

Cambierà la musica? (O ci ruberanno anche quella?)

Nel mare magnum delle nuove proposte musicali si naviga con una zattera di fortuna: ci si ritrova a dirigere il traffico di tante probabili comete, in attesa di poter approdare su di un’isola felice che costituirà, forse, una prima certezza da poter portare avanti.

Vista la materia, non mancherà chi – durante il viaggio – vi proporrà di entrare nella sua legione: in difesa del rock o di qualsiasi altra forma di rendita.

E allora, più che di generi dovremmo parlare di “attitudini”: il talento è ciò che spiazza, anche in musica, così come per fare un parallelo calcistico, Maradona non poté fare a meno – contro l’Inghilterra – di scartare difensori e portiere avversari, quando poteva già tirare a botta sicura. Non meno, segnò di mano con la consapevolezza di esser poi rivisto dai più.

L’enorme mole di input che internet ci fornisce al giorno d’oggi comporta il vantaggio di avere a disposizione in tempo reale tutto lo scibile musicale, ma al contempo anche una regressione verso l’intolleranza: specie in paesi, come il nostro, che hanno sì una tradizione musicale invidiabile ma non hanno sviluppato minimamente una cultura della ‘scoperta’. Non è un caso che l’amore verso questo o quell’artista, in Italia, assuma la forma di un tifo spregiudicato che spesso sfocia nell’intransigenza.

Gli album più venduti del 2012 appartengono, in ordine, a: Tiziano Ferro, Eros Ramazzotti, Biagio Antonacci e Jovanotti. Giusto per stare nei primi quattro.

Lungi da me voler criminalizzare i gusti musicali di nessuno, credo esista una risposta ben più esaustiva in grado di spiegare il successo degli artisti appena citati: la loro narrazione.
Questi musicisti ci hanno accompagnato negli ultimi 30 anni: hanno cambiato pelle, arrangiamenti, genere ma non hanno abbandonato una forma canzone totalmente autoreferenziale. E quindi rassicurante.

Fa sorridere che anche nella musica l’esercizio delle dimissioni in Italia rappresenti un periodo ipotetico del terzo tipo: basti pensare a tutte le volte in cui, nell’ultimo anno, Vasco Rossi ci ha fatto sperare di averne veramente abbastanza.

Illuminante il titolo dell’ultimo album in studio dei Ministri – “Per Un Passato Migliore” – poiché credo che ancor prima che un futuro in cui sperare, a noi sia mancato un passato di cui non doverci vergognare. Platone affermava che “quando cambierà la musica cambieranno anche le istituzioni” e io credo c’abbia visto lungo, poiché al nostro paese da troppo tempo manca una narrazione musicale all’altezza.

In questi anni, lontano da Zocca e Correggio, il ruolo dell’opposizione lo hanno giocato le tante band sconosciute ai più e che pochi rappresentanti contano all’assemblea generale delle grandi platee, schiacciate dal peso dei loro amplificatori e dalle stesse logiche provinciali che hanno devastato l’Italia intera.

Ecco allora a sostegno qualche esempio, italiano ed estero, su cui poter contare negli anni a venire: speriamo solo che oltre al futuro, non ci rubino anche la nostra musica.

 

Arcane Roots – You Are

Syd Arthur – Edge Of The Earth

Galoni – Il Prezzo delle Arance

3chevedonoilrE – Karmelita