In una nota ufficiale tre esperti delle Nazioni Unite giudicano irregolare la procedura di espulsione e chiedono a Italia e Kazakistan un "rapido ritorno" di moglie e figlia del dissidente kazako Ablyazov. Intanto l'ong polacca Open Dialog, tra le più attive nel denunciare le storture del sistema giudiziario del Paese di Nazarbayev, ha denunciato altri tre casi in Spagna, Repubblica Ceca e Polonia. Ma questi paesi hanno seguito procedure più consone rispetto a quelle italiane
Le circostanze dell’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako Ablyazov danno “l’impressione che si sia trattato di una extraordinary rendition“. Lo affermano tre esperti dell’Onuin un comunicato dell’Alto commissariato dei diritti umani, chiedendo a Italia e Kazakistan un “rapido ritorno” di Alma Shalabayeva e sua figlia nel nostro Paese.
Ma non ci sono solo Alma Shalabayeva e la piccola Alua. Negli ultimi sei mesi gli uomini di Nazarbayev stanno cercando di stringere il cerchio intorno all’esule Ablyazov in tutta Europa. E, tramite l’utilizzo di mandati di cattura Interpol, cercano di far arrestare ed estradare i rappresentanti dell’opposizione politica e affaristica all’attuale presidente kazako. Ma se in Italia ci sono volute solo 72 ore e una serie di procedure discutibili per rispedire in Kazakistan la moglie del più attivo oppositore di Nazarbayev, nel resto del continente gli inquirenti hanno deciso di seguire altre procedure. Oltre ad Alma e sua figlia, l’organizzazione non governativa polacca Open Dialog, tra le più attive nel denunciare le storture del sistema giudiziario kazako (corruzione, diritto di difesa limitato, maltrattamenti degli imputati) e il mancato rispetto dei diritti umani nelle prigioni di Almaty e Astana, ha denunciato altri quattro casi.
Il primo è quello di Aleksandr Pavlov. Ex capo delle guardie del corpo di Ablyazov, è stato arrestato a Madrid l’11 dicembre del 2012 con l’accusa di avere svolto attività terroristica in Kazakistan e di avere distrutto documenti della BTA, la Turan Alem Bank di cui Ablyazov era a capo e che Nazarbayev ha nazionalizzato nel 2009, accusando Ablyazov di avere sottratto alla banca tra i 5 e i 6 miliardi di dollari. L’arresto di Pavlov è avvenuto in seguito a un mandato di cattura internazionale dell’Interpol del 23 maggio 2012 su richiesta kazaka per il reato di frode e appropriazione indebita. E solo successivamente all’arresto le autorità kazake ne hanno chiesto l’estradizione per terrorismo. Il governo spagnolo ha rifiutato a Pavlov l’asilo politico, ma ad aprile ha respinto una prima richiesta di estradizione. Oggi è cominciato a Madrid l’esame della seconda estradizione, chiesta dal Kazakistan dopo avere presentato nuovi documenti. Gli avvocati, che hanno denunciato pressioni da parte delle autorità kazake, sono pessimisti: il servizio segreto spagnolo ha infatti preparato un dossier in cui Pavlov è descritto come una minaccia per la sicurezza interna.
Il secondo caso in ordine cronologico è quello della russa Tatiana Paraskevich, manager della compagnia d’investimento Eurasia ed ex collega in affari con la banca BTA di Ablyazov. La Paraskevich, che ha residenza in Repubblica Ceca, rischia l’espulsione verso l’Ucraina, dove dal 10 aprile 2011 pende sulla sua testa un mandato di cattura internazionale per frode finanziaria su larga scala, sempre riferita alla questione della BTA. Dopo che la corte regionale di Pilzen per due volte ha rifiutato l’estradizione, il 21 febbraio 2013 la Corte Suprema di Praga ha dato il via libera, subordinato al fatto che Paraskevich non possa essere estradata in un terzo paese: ovvero il Kazakistan. Ma il procedimento di estradizione è a stato bloccato perché gli avvocati si sono appellati alla sentenza sostenendo che le accuse sono ‘motivate politicamente’ – i kazaki vorrebbero da Paraskevich informazioni su Ablyazov – e che una volta in Ucraina la donna potrebbe essere facilmente rapita illegalmente dai servizi kazaki.
Il terzo caso è quello di Muratbek Ketebayev, ex collaboratore di Ablyazov e attuale oppositore politico di Nazarbayev, che negli ultimi anni si è recato più volte al Parlamento europeo per denunciare le violazioni dei diritti umani in Kazakistan. Ketebayev, che da anni risiede in Polonia, è stato arrestato a Lublino il 12 giugno 2013, nemmeno due settimane dopo il blitz romano che ha permesso l’espulsione di Alma Shalabayeva, grazie a un mandato di cattura internazionale con le accuse di attività mirata al sovvertimento dell’ordine politico e creazione e partecipazione di un gruppo dedito alla criminalità organizzata. Le stesse che sono rivolte in patria a Vladimir Kozlov, leader del soppresso partito di opposizione kazaka Alga!. Ketebayev sta aspettando risposta alla domanda di asilo politico presentata alle autorità polacche, e in questo caso la fondazione Open Dialog è ottimista dato che anche le autorità polacche sembrano propense a considerare la richiesta di estradizione kazaka come politicamente motivata.
Il perché Nazarbayev stia dando la caccia a tutti gli uomini di Ablyazov ha provato a spiegarlo questa mattina l’ambasciatore kazako Andrian Yelemessov in una lettera a La Stampa. “Il signor Ablyazov si è autodefinito dissidente e leader dell’opposizione in Kazakhstan, non è né l’uno né l’altro – scrive l’ambasciatore – Ma un criminale già condannato e un fuggiasco dalla giustizia in cinque Paesi diversi. Ablyazov ha beneficiato per la maggior parte della sua vita del sistema politico e ne ha fatto parte, è stato pure ministro, fino a quando non è stato colto con le mani nel sacco mentre rubava dal suo Paese. E’ stato proprio a quel punto che si è autoproclamato leader dell’opposizione al governo in Kazakhstan”. Poi Yelemessov, uomo cardine dell’operazione di rendition di Alma e Alua, spiega che Nazarbayev quantifica il ‘buco’ creato da Ablyazov nella banca BTA in 15 miliardi di dollari: e non 5 o 6 come era stato detto finora.
Un’altra versione sul perché Ablyazov e i suoi uomini siano invece così ricercati da mezza Europa, se non da tutto il mondo, la offrono invece cablogrammi di WikiLeaks. Gli scambi diplomatici resi pubblici da Assange e soci dipingono infatti Ablyazov come un ‘kompromat’: termine russo che serve a definire colui che sa, che conosce materiale compromettente. E qui non si tratta solo di politica interna kazaka o degli affari di Nazarbayev e della sua cerchia, ma delle relazioni di affari a livello internazionale che sarebbero basate su tangenti e corruzione. Poi Ablyazov sarebbe a conoscenza di materiale compromettente sull’uranio, di cui il Kazakistan è primo produttore mondiale. Per questo, secondo i vari cablo delle ambasciate, Ablyazov sarebbe stato sotto osservazione di tutti i servizi segreti fin dalla sua estromissione dal potere kazako nel 2009. Difficile quindi che a Roma qualcuno potesse non sapere chi fosse quell’uomo.