Che cosa intendete voi per qualità della vita? Cosa vi tiene ancora in questo paese, nonostante gli ostacoli quotidiani ad un vivere civile frapposti da istituzioni, cittadini furbi, criminalità organizzata etc..? Provate a formulare questa domanda ad uno straniero che vive in Italia da qualche anno. Nessuno vi dirà che il piacere di vivere in Italia si concretizza nel fare una coda alle poste o nel telefonare al numero verde dell’Agenzia delle Entrate per avere delucidazioni su una pratica. Le risposte che riceverete sono quelle standard: il gusto di bersi un bicchiere di Barolo in un tavolino all’aperto di una splendida piazza italiana; il week-end in costiera amalfitana o nella campagna senese; la visita alle meravigliose chiese, palazzi e musei che popolano anche i più piccoli borghi italici.
D’altronde, se guardiamo i dati macro non c’è da stare allegri: siamo un paese ad alta capacità di innovare? Direi di no, nel suo complesso: date un’occhiata al ranking del Global Innovation Index 2013, ed una della prime 10 economie mondiali – la nostra – si posiziona al 29esimo posto, dietro giganti come Islanda, Cipro e Malta. L’indice misura la performance di una serie di fattori quali istituzioni, capitale umano, ricerca, infrastruttura, conoscenza e tecnologia, mercato e creatività. Cosa vuol dire questo? Che senza innovazione la nostra posizione economica è destinata non solo a non consolidarsi, ma a scivolare inesorabilmente verso il basso. A livello marco e micro, intendiamoci, con dirette conseguenze sulla vita di tutti noi e sulla nostra capacità di attrarre: vi sfido a trovare uno straniero che risiede in Italia per le enormi opportunità e potenzialità lavorative e di business offerte dal nostro Paese.
Da dove si origina questo gap? Da vari fattori, tra i quali uno dei maggiormente prominenti è sicuramente la qualità della nostra educazione su tutto il ciclo accademico. Vi sono varie classifiche che corroborano la sensazione di molti circa la non adeguatezza del nostro sistema scolastico relativamente alle sfide future: se parliamo di educazione nel suo complesso, date un’occhiata alla mappa di Traget Map, il cui ranking ci pone al 23esimo posto per quanto concerne la qualità globale del sistema accademico.
Un altro dato, a mio parere ancora più sconcertante, è relativo alla performance delle nostre Università: anche qui vi sono varie classifiche, vi propongo due delle più affidabili che, con parametri diversi, non prevedono nessuna Università italiana tra le prime 100. Times Higher Education ‘premia’ – per così dire – l’Università di Milano con un posto oltre il 250 nel ranking mondiale, mentre l’Academic Ranking of World Universities 2012 più magnanimamente promuove la medesima Università di Milano più in alto, poco dopo il 100esimo posto.
Tutto questo snocciolare di dati non è per piangerci addosso, si badi bene. Anzi, ci conferma quanto siamo a nostro modo geniali nel camminare su un crinale così fragile e conservare ancora posizioni di eccellenza in alcuni campi. Insomma, la nostra economia va molto meglio – nel suo complesso – dei vari fattori che la determinano. E’ un miracolo, a suo modo.
Torniamo all’assunto iniziale: avendo l’Italia questi talenti da mettere in mostra (cibo, turismo e cultura), un Governo visionario e responsabile dovrebbe valorizzare al massimo le componenti che ancora ci accreditano con prestigio nel mondo, con una guida politica forte e di sviluppo.
Facciamo un piccolo test. Ricordate il governo Monti? Chi era il Ministro della Cultura? Bello sforzo di memoria, no? Ve lo dico io: Lorenzo Ornaghi. Se non lo ricordate un motivo ci sarà. Idem per il Ministro del Turismo. Vuoto totale? Piero Gnudi. El desaparecido. Agricoltura? Si fa sempre più difficile? Mario Catania. Quello che ogni tanto si materializzava a Ballarò, sì.
Va meglio con il Governo Letta? Mah, insomma: alle Politiche Agricole c’è Nunzia de Girolamo, cambiale da pagare al Pdl per garantirsi la tenuta della larga intesa. Alla Cultura Massimo Bray, indefesso cronoman dentro la Reggia di Caserta e poi stop. Al Turismo nessuno, Ministero soppresso. Evidentemente non ce n’è bisogno, il settore è sano, solido e ben governato. Mentre io continuo a pensare che il vulnus provocato alla nostra immagine internazionale dalle code di turisti stranieri che non possono accedere al Colosseo ed ai Fori Imperiali causa assemblee dei lavoratori non sia minore della “deportazione” della moglie e figlia del dissidente kazako.