Riequilibrare una commissione troppo sbilanciata e composta di persone che in tutto il mondo hanno lavorato per società petrolifere. Giovanni Favia, consigliere regionale ex Movimento 5 stelle oggi passato al gruppo misto, continua la battaglia contro le trivellazioni in Emilia Romagna e mette in discussione il gruppo di studio creato dal governatore Vasco Errani e dal capo della Protezione civile Franco Gabrielli sulle relazioni tra perforazioni e attività sismica.
Gli esperti erano stati nominati su richiesta di Errani dopo il terremoto del maggio 2012 che aveva colpito la Bassa modenese, un territorio interessato sia dal progetto di un grande deposito di stoccaggio del gas a Rivara, sia sede da decenni di molti altri impianti di estrazione. La commissione internazionale, che ancora non ha prodotto alcun documento, è composta di professori finiti spesso sul libro paga dei petrolieri.
Il presidente Peter Styles, spiega Favia, ha dato recentemente “sostegno scientifico alla società Cuadrilla”, che si occupa di estrazioni di gas. Il segretario della commissione, Paolo Gasparini, ha alle spalle diverse consulenze con Agip e Texaco, tanto per citare alcuni nomi. Paolo Scandone, un altro degli studiosi è stato consulente dell’Eni, della British gas, della Texaco, della Fina, della Total. “Per questo chiediamo al presidente Errani di intervenire per chiedere a Gabrielli di inserire come componenti della commissione anche studiosi indipendenti dalle compagnie petrolifere”, ha spiegato Favia.
Tra i sostenitori del legame trivelle-terremoti c’è anche Franco Ortolani, ordinario di geologia all’università Federico II di Napoli. “In Italia il sottosuolo è unico e non bisogna alterarne l’equilibrio. Non sono contrario al petrolio ma prima di scavare si studi dove sono le faglie attive”, spiega il docente. “Non sono state le trivellazioni e tanto meno il fracking la prima causa del terremoto in Emilia – chiarisce tuttavia Favia che ha proposto una legge moratoria su tutte le trivellazioni in Regione – Tuttavia vogliamo capire, anche per precauzione rispetto al futuro, se certe azioni dell’uomo possono essere la scintilla che innesca o accelera un processo naturale come il terremoto che magari sarebbe stato più lento”.
Proprio riguardo al fracking Elisabetta Sala, una militante del coordinamento No triv presente all’incontro, ha sgombrato il campo da idee complottiste: “Non mi risulta sia mai stato utilizzato per l’estrazione di idrocarburi in Emilia”. Secondo Sala comunque gli impianti di estrazione e di ricerca (circa 70 in tutta la regione, senza contare le piattaforme sulle coste della Riviera) influiscono sulla stabilità di una zona già di per sé a rischio terremoti. “Persino in Olanda, a Groningen, una zona che naturalmente sarebbe non sismica, periodicamente ci sono terremoti, anche fino a 4 gradi Richter, a causa dell’estrazione di gas che va avanti da quarant’anni e senza fracking.
Lì le compagnie hanno risarcito e risarciscono i cittadini e tutti, a partire dallo Stato, riconoscono la relazione diretta tra trivellazioni e terremoti”, spiega Sala. Proprio per questo l’attivista oggi ha portato in Regione circa 4 mila firme di abitanti della provincia di Reggio Emilia, contrari al progetto della società australiana Po Valley che ha chiesto il permesso di cercare gas nel vecchio sito Eni a Correggio, oggi chiuso. Sulla zona, spiega Elisabetta Sala, “passa una faglia superficiale: è una zona sismica molto pericolosa”. Poi l’attivista emiliana conclude: “Intorno alla zona del terremoto in Emilia c’è il deposito di gas di Minerbio, e sull’epicentro delle scosse del 2012 c’è il grande giacimento Cavone tra San Possidonio e Mirandola”.