Gennaro Miano, 42 anni, lavorava per la Nokia. "Entrare lì è stato realizzare un sogno". Tre anni fa, però, ha capito di non essere più felice e si è trasferito. Da New Delhi ha importato le "retròciclette" Roadster che oggi rivende in Italia a basso costo. "Ho scoperto che si vive bene con poco"
Basta guardarlo per capire quanto sia a suo agio nella sua nuova vita. Abiti comodi, capelli e barba molto cresciuti, sguardo sereno e distaccato di chi ha da tempo fatto propri gli insegnamenti dei maestri orientali. Niente che lasci trasparire i dieci anni da manager al servizio di una delle più grandi compagnie telefoniche internazionali. Niente, a parte quando prova a spiegarmi il concetto di felicità marginale, “quella che aumenta con l’aumentare del beneficio”. Quando tre anni fa Gennaro Miano, oggi 42 anni, ha capito che nel suo posto di lavoro quella felicità non cresceva più, se n’è andato. Fino a quel momento aveva trascorso tanto tempo all’estero: un anno a Singapore, due in Sud America, due in Finlandia. E poi riunioni a tutte le ore, cene, alberghi, voli da una parte all’altra del mondo: tutto quello che aveva sempre desiderato.
“Entrare alla Nokia per me è stato vedere un sogno realizzarsi. In poco tempo ho vissuto tante esperienze che hanno fatto crescere rapidamente la mia carriera e mi hanno insegnato tanto. Dai finlandesi per esempio ho imparato il rispetto della parola data. Sono persone sincere e corrette, per loro una stretta di mano è un contratto. In Italia un contratto non è valido, si può ridiscutere in mille modi ”. Tante soddisfazioni, grosse responsabilità, vantaggi innegabili. Poi, tre anni fa, la grande decisione. “Ho capito che stare lì non m’interessava più, avevo esaurito il mio percorso insieme ai motivi per cui mi ero arruolato in quell’avventura. Ero arrivato a un punto in cui non vedevo nulla, ma non a livello professionale. Più guardavo i miei capi più inorridivo a scoprire che la loro vita era completamente permeata dal lavoro. Così quando la mia azienda ha iniziato a risentire della crisi e, come di solito si fa, prima di iniziare a licenziare, ha chiesto se ci fossero volontari, io mi sono fatto avanti e loro mi hanno lasciato andare. È stato uno dei giorni più belli della mia vita”.
Saluta, ringrazia e parte, con un biglietto di sola andata per l’India, davanti allo sguardo perplesso e incredulo di parenti e amici. L’unico progetto per occupare i mesi a venire è un corso di medicina ayurvedica nel sud del paese. Per spostarsi Gennaro usa una bicicletta di quelle che si vedevano da noi negli anni Cinquanta: design semplice, elegante, essenziale. Lì le usano tutti, qui da noi nessuno più se le ricorda. Quando rientra in Italia ne porta una con sé e, vedendo l’entusiasmo dei suoi amici davanti a quell’oggetto d’altri tempi, gli viene un’idea: aprire un mercato di quelle biciclette in Italia a prezzi più contenuti rispetto agli altri paesi. “Ho contattato due delle più grandi case produttrici indiane e sono riuscito a farmi ricevere dall’amministratore di una di queste. Era un vero sikh indiano, col turbante e lo sguardo autoritario. Un uomo di quelli che quando parla non si discute, non esiste una negoziazione, lui parla e tu scrivi. Per cercare la chiave di accesso alla sua impermeabilità ho detto che avrei voluto vendere le sue biciclette in Italia a prezzi bassi perché volevo che anche gli indiani che vivono nel nostro Paese potessero permettersele. L’ho convinto. Ho riempito un container di 360 biciclette e l’ho spedito in Italia”.
Grazie alle sue biciclette Roadster, battezzate retròciclette, e ad un piccolo bed & breakfast nel centro di Roma, oggi Gennaro può vivere senza grandi preoccupazioni. Ogni tanto torna in India per immergersi totalmente in un paese che è diventato la sua seconda casa e stare a contatto con una cultura che gli ha insegnato a capire quali sono le cose importanti nella sua vita e come fare a raggiungerle. “Ho scoperto che si vive bene con poco, ma è un percorso che prevede delle tappe, ognuna delle quali è stata fondamentale per arrivare dove sono. Dopo essermi licenziato ho dovuto ricostruire la mia identità, uscire dall’ombra di un brand che mi faceva da scudo, ma mi toglieva anche tanta luce. Quel lavoro mi ha formato e mi ha dato anche le risorse per gestire la mia vita in modo diverso, fare delle cose che mi piacciono. Adesso sono contento di occuparmi di questa nuova avventura”.