Il funzionario di polizia lo dice chiaro al Fatto Quotidiano: “Andate a vedere dove era Angelino Alfano nelle ore in cui la moglie di Ablyazov veniva fermata e espulsa”. Sotto anonimato sono tanti i funzionari e i prefetti che ripetono domande come questa. Dove era Alfano mentre l’ambasciatore del Kazakistan a Roma prendeva il comando delle operazioni? Dove era il ministro mentre 30 poliziotti armati fino ai denti portavano via da casa sua la moglie di Mukhtar Ablyazov? E dove era mentre il suo capo gabinetto Giuseppe Procaccini e i funzionari di polizia gestivano un caso così delicato? Un ministro che fa il triplo lavoro e che molto spesso non è presente al Viminale non può scaricare così la colpa sulle spalle dei prefetti Procaccini e Valeri e su quelle dei funzionari che si sono presi la responsabilità di agire (e sbagliare) mentre lui era altrove.

I MAL DI PANCIA dei prefetti e dei funzionari sono aumentati dopo l’accettazione delle dimissioni di Procaccini. Un prefetto che se ne è andato con una dichiarazione al Fatto che gli fa onore e che il ministro non ha avuto ancora il coraggio di pronunciare: “Chiedo scusa alla signora Alma”. Il ministro fantasma che si permette di bacchettare funzionari con decenni di onorato servizio spiega anche la simpatia con la quale si guarda al comportamento del capo della segreteria del Dipartimento Alessandro Valeri. Nonostante Alfano abbia chiesto al capo della polizia la sua rimozione che presto avverrà, non si è fatto spontaneamente da parte. Ieri è sceso in campo il sindacato dei prefettizi: “Per il caso Ablyazov paga solo chi non vi ha partecipato: il prefetto Giuseppe Procaccini” , ha denunciato Sinpref ed Ap, l’associazione dei funzionari prefettizi. “Non è dato comprendere – aggiunge il sindacato – le responsabilità che hanno determinato l’immediato accoglimento delle dimissioni di Procaccini. Il tempo sarà galantuomo”.

E allora per capire la ragione profonda di questi mal di pancia è utile seguire il consiglio del funzionario. Dove era Alfano? La relazione del capo della polizia, Alessandro Pansa, è piena di particolari quando parla dei suoi sottoposti. Diventa evasiva sul ministro. Alla data del 28 maggio Pansa scrive: “Nella mattinata l’ambasciatore del Kazakistan a Roma, Adrian Yelemessov, tenta di contattare il ministro dell’Interno, senza esito. L’ambasciatore chiede quindi un appuntamento urgente alla Questura di Roma”. Cosa faceva Alfano in quelle ore? A metà mattinata il ministro del’Interno indossa la giacchetta di vicepremier. Tra le 11 e 23 e le 11 e 50 l’agenzia di stampa Ansa scrive: “È cominciato, a Palazzo Chigi, l’incontro con il presidente del Consiglio Enrico Letta sull’emergenza Ilva sono presenti, tra gli altri (…) anche il vice premier e ministro dell’Interno Angelino Alfano”. Mentre il vicepresidente si occupa del problema dell’industria siderurgica, l’ambasciatore scorrazza tra Viminale e Questura. Alle 15.30 l’ambasciatore incontra il capo della squadra mobile Renato Cortese e gli chiede il blitz a Casal Palocco. Dove sta Alfano? Poco prima, alle 14.49, l’Ansa informa che Alfano ha partecipato alla riunione dei gruppi parlamentari del Pdl durante la quale si è discussa, alla presenza di Denis Verdini, la mozione Giachetti, (Pd) sulle riforme istituzionali. Alfano incontra un ambasciatore. Ma non è quello kazako. Alle 17.23 l’Ansa scrive: “Il ministro dell’interno Angelino Alfano ha incontrato oggi al Viminale l’ambasciatore colombiano Juan Manuel Prieto. Il ministro ha firmato un accordo in materia di cooperazione di polizia”. Un fugace impegno che però non lo distrae dal compito che più lo impegna. Non il destino del blitz a Casal Palocco, ma la mozione Giachetti. La relazione Pansa descrive così il momento chiave: “Nella serata del 28 maggio il ministro dell’Interno Alfano, a seguito di ulteriori telefonate dell’ambasciatore cui non ha risposto, fa incontrare lo stesso con il suo capo di Gabinetto Procaccini, il capo della segreteria del Dipartimento di Ps Valeri, richiestone si reca dal capo di gabinetto del ministro”, che ovviamente è assente. Alle 21, quando la squadra mobile sta preparando il blitz, l’Ansa scrive: “Prosegue da oltre due ore la riunione del gruppo Pdl alla Camera che ha come oggetto la mozione sulle riforme … dopo una pausa è arrivato anche il segretario del Pdl Alfano”. L’ex ministro Claudio Scajola al Fatto ha raccontato: “Ricevevo il capo di Gabinetto ogni mattina entro le otto: leggevo la posta privata, fissavo l’agenda e lui mi aggiornava sui fatti accaduti di notte. Poi ci vedevamo prima di pranzo per capire gli appuntamenti e le pratiche più urgenti. Non lasciavo il Ministero, a tarda sera, se non avevo l’ultimo colloquio che faceva il punto conclusivo. Se non ci vedevamo di persona, era tassativo sentirci al telefono”.

CHISSÀ COME è andata con Alfano in quei giorni. Il 29 maggio Alfano tiene un vertice con il presidente dell’Anci e il ministro degli affari regionali. Ma il 30 maggio ritorna a fare il segretario del Pdl. Mentre Alma Shalabayeva è reclusa nel Cie di Ponte Galeria, il ministro vola dal Cavaliere in Sardegna. Scrive l’Ansa: “Oggi Berlusconi ha avuto un lungo faccia a faccia in Sardegna con Alfano”. Berlusconi illustra al segretario la strategia del partito. Il 31 maggio, quando l’aereo privato che riporterà Alma Shelabayeva in Kazakhistan è già sulla pista di Ciampino, Alfano nomina il nuovo capo della polizia Alessandro Pansa. Troppo tardi. Poche ore dopo la conferenza stampa di presentazione l’aereo con Alma e la figlia decolla. Il funzionario anonimo sentito dal Fatto spiega: “Non ho mai visto un ministro così preso da altri impegni. Il Viminale è una macchina complessa che ha bisogno di essere guidata”. Prima di dire no all’ipotesi dimissioni Alfano dovrebbe farsi almeno questa domanda: come sarebbe andata la vicenda di Alma e Alua se al Viminale ci fosse stato un ministro a tempo pieno?

da Il Fatto Quotidiano del 19 luglio 2013

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