Oggi è venerdì, e come ogni giorno dispari che si rispetti il Pd ha salvato Berlusconi. Domani è sabato e, come ci aspetta dai giorni pari, dal Pd si leveranno critiche sparse contro la destra, il governo, e soprattutto contro il Pd, nella simulazione di un dibattito interno in cui, alla fine, a prendere le decisioni che contano è sempre e solo la “vecchia” dirigenza. Dibattito invero utilissimo per far credere alle persone di buona volontà che “il partito si cambia dall’interno”, dunque non va abbandonato. Domenica, come da tradizione, si chiuderà la due giorni di apparente schizofrenia col momento della riflessione, che produrrà un elenco aggiornato delle giustificazioni dell’ennesimo tradimento delle speranze e delle aspirazioni dei cittadini che hanno votato centrosinistra.

Già, le giustificazioni: 1. Non c’erano alternative. 2. Le conseguenze per l’economia sarebbero state nefaste. 3. È estate, la gente non avrebbe capito. 4. Ha prevalso il nostro senso di responsabilità, quando sarete vecchi capirete. 5. Si è trattato di un equivoco, ma da domani staremo più attenti. 6. Ci siamo fidati un po’ troppo, ma da domani staremo più attenti. 7. È colpa di internet e di quei cosi lì, i reticoli sociali. 8. Ci hanno preso di sorpresa. 9. Era tutto regolare, una prassi. 10. Non eravamo noi. 11. Le cavallette.

E intanto sugli altari della responsabilità, della miopia che impedisce di scorgere ogni alternativa, dei mercati di cui non si capisce il funzionamento, di una ingenuità e una impreparazione sempre più incredibili, si continuano a sacrificare ideali, diritti, giustizia, coraggio, democrazia. Futuro. E in alcuni casi si tratta di veri e proprio sacrifici umani.

Da ricercatore in economia, la presa in giro delle conseguenze nefaste per l’economia, declinata ieri da Napolitano in persona, non mi fa ridere neanche un po’. Crediamo davvero che all’economia giovi il governo del non fare, che rinvia a tempi migliori ogni decisione su qualsiasi tema pur di tirare a campare? E da cittadino ed elettore sono ogni giorno più offeso dal mantra della mancanza di alternative. In parte, le alternative mancano perché a sinistra si è fatto del proprio meglio per distruggerle. In parte, le alternative non mancano affatto.

Davvero per il ministero dell’interno non ci sono alternative ad Alfano? E, a ritroso nel tempo: si doveva proprio bloccare il Parlamento? Era indispensabile candidare Marini e affossare Rodotà? La promessa di non comprare gli F-35 non poteva essere mantenuta? Dell’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione non si poteva fare a meno? L’assenza dei parlamentari dall’aula il giorno del voto sullo scudo fiscale era inevitabile? La garanzia di impunità giudiziaria di Berlusconi e di tenuta e prosperità del suo impero mediatico doveva per forza essere un punto fermo dell’orizzonte politico del centrosinistra degli ultimi venti anni (come dimenticare il celebre discorso di Violante alla Camera)?

Domande retoriche, naturalmente. Una delusione dopo l’altra, che poco a poco spingono gli elettori di centrosinistra verso la clandestinità politica. Nessuno che li rappresenti, nessuno di cui fidarsi, la passione per la cosa pubblica che inevitabilmente si attenua, l’astensionismo come scelta residuale eppure sempre più allettante e credibile. Fino a diventare esuli in patria, ex cittadini, estranei. Il cui sogno di “tornare” viene reso giorno per giorno sempre più irrealizzabile dallo stillicidio delle larghe intese.

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