Ho incontrato una sola volta Vincenzo Cerami. Ero un giovane promettente produttore, alle prese con Valentino Orsini, un regista ormai maturo che si era messo in testa, innaturalmente, di fare un film con me. Fu nello studio di Orsini, a Trastevere, che conobbi Cerami.
Allora lui per me era quello di Un borghese piccolo piccolo, ma soprattutto quello che era cresciuto accanto a Pasolini e aveva sceneggiato tre film di Gianni Amelio, che in quel momento era il mio regista italiano preferito. Come spesso mi accade, ero in tremenda soggezione. Lui mi mise subito a mio agio, chiedendomi di dargli del tu e cominciando a parlare di calcio, ma soprattutto della Roma. Sul film ci scambiammo poche intense e piacevoli parole, sufficienti a smontare l’idea che io e il regista ci eravamo fatti.
Poi, prima di andarsene, Cerami mi guardò, sorrise con il suo sorriso che gli illuminava il viso e strizzando l’occhio verso Orsini mi disse: a lavorare con i vecchi, non si progredisce, si diventa poveri. Quelle parole, dette per scherzo, me le sono portate dietro fino ad oggi, capendole e interpretandole fino in fondo col tempo.
Ogni volta che ho letto un suo libro, una sua poesia, una sua canzone; ogni volta che ho visto un film in cui aveva lavorato alla sceneggiatura, per registi che vanno da Roberto Benigni a Giuseppe Bertolucci, da Ettore Scola a Marco Bellocchio, da Giovanni Veronesi a Antonio Albanese, da Sergio Citti a Francesco Nuti, mi è tornato alla mente quell’incontro, quel sorriso, quelle parole dette prima di stringerci con fermezza la mano.
E’ forse banale dire oggi, ma io lo dico lo stesso, che Vincenzo Cerami è stato un grande uomo moderno nella sua indefinibilità assoluta, calato in maniera totale nella contemporaneità, tanto da fare il ministro di un governo ombra o l’assessore di una piccola città di provincia, rimanendo un poeta, uno scrittore, uno sceneggiatore, un attore.
Il cinema italiano, che tanto gli doveva, avendogli lui regalato con La vita è bella l’ultimo vero grande successo internazionale, poche settimane fa lo aveva omaggiato con un David alla carriera, intempestivo perché purtroppo aveva già il sapore della memoria. E i premi alla memoria non dovrebbero esistere. “Un tempo ai piani alti abitavano i poveri, per via delle scale. Gli ascensori hanno rovesciato i palazzi, ma hanno anche ristabilito il privilegio delle gerarchie. La scienza mette le cose al loro posto”