Emblematici i casi di Marquinhos, Jovetic e soprattutto Cavani, con Roma, Fiorentina e Napoli che grazie alle corpose plusvalenze realizzate con la vendita dei loro campioni possono tesserare fior di calciatori. Perché in Italia chi non vende non può comprare
I grandi campioni lasciano la Serie A e il calcio italiano? Per fortuna sì. Vendere (i migliori) per vincere: il paradosso dell’estate pallonara made in Italy è servito. E pazienza se i tifosi mugugnano per l’addio ai loro beniamini, perché la salute e l’ambizione dei nostri top club passa inevitabilmente da cessioni sì dolorose, ma fondamentali per far entrare in cassa quel denaro fresco necessario a migliorare le squadre. Sono anni, del resto, che il pallone tricolore concede solo sogni con vuoto a rendere. Da noi non ci sono sceicchi o tycoon russi, di euro ne girano sempre meno, il fair play finanziario impone ristrutturazioni di bilancio mica da ridere e gli uomini di mercato non hanno che una strada da seguire: lavorare d’ingegno.
Bene, su questo campo siamo ancora dei maestri. In tal senso la parolina magica è solo una: plusvalenza. Il giochino è assai semplice: anticipi la concorrenza investendo il giusto in alcuni prospetti di campione e poi, se la promessa viene mantenuta sul campo, monetizzi a tuo piacimento con il prezioso aiutino delle clausole di rescissione. Le ultime operazioni di calciomercato (sia in uscita che in entrata) sono lì a dimostrarlo. Tre casi su tutti: Marquinhos, Jovetic e soprattutto Cavani. Storie di mercato molto diverse, ma accomunate da due fattori: l’enorme disponibilità economica di chi compra e la furbizia di chi vende. Il difensore brasiliano, ad esempio, l’anno scorso è stato pagato appena 4,5 milioni di euro dalla Roma, che ora ha incassato la bellezza di 35 milioni dal Paris Saint Germain.
Una boccata di ossigeno non da poco per il dg Sabatini, che con i soldi versati dallo sceicco ha acquistato il difensore Benatia, l’ex ‘tripletista’ nerazzurro Maicon (affare), il centrocampista Strootman (affarissimo) ed è pronto a spendere ancora per assicurarsi un portiere (De Sanctis in pole) e soprattutto un attaccante di livello (il giovane Gonzalo Bueno o qualche nome pesante?). Insomma: via uno, eccone tre (e altri ne arriveranno). L’unico rammarico è quello di aver salutato un classe ’94 destinato a diventare uno dei migliori centrali al mondo (ma i giallorossi si sono cautelati tesserando il baby Jedvaj). Ancor meglio ha fatto la Fiorentina. Il 31 maggio 2008 i viola ufficializzano l’arrivo di Stevan Jovetic dal Partizan di Belgrado, a cui vanno 8 milioni di euro. Dopo quattro anni ad altissimo livello (116 presenze, 35 gol e tante gemme), due giorni fa il montenegrino – che già da tempo aveva espresso il desiderio di cambiare aria – è volato a Manchester (sponda City) in cambio di 30 milioni di euro, ovvero il pagamento per intero della clausola di rescissione. Quei soldi il ds Pradè li ha già investiti nel bomber ex Bayern Monaco Mario Gomez e non è escluso che proverà a far ritornare in Italia il gioiellino Verratti (magari vendendo Adem Ljajic).
Le vendite extralusso, quindi, permettono operazioni di altissimo profilo. Aurelio De Laurentiis lo ha capito meglio di tutti: basta nominargli Parigi, che sui suoi occhiali da sole a specchio compare il simbolo dell’euro. In 24 mesi, infatti, il Psg gli ha versato 35 milioni per Lavezzi (pagato 5 milioni) e 67 per Cavani (costato 12 milioni). “Posso spendere 124 milioni” ha scritto il produttore cinematografico su Twitter e se la matematica non è un’opinione il Napoli rischia davvero di far saltare il banco. Già arrivati Callejon, Albiol (entrambi dal Real Madrid), Mertens e Rafael, sotto il Vesuvio sono in procinto di sbarcare un portiere di assoluta affidabilità (Julio Cesar o Pepe Reina), un esterno (Zuniga andrà alla Juve) e soprattutto due attaccanti: uno è vicinissimo (il nazionale brasiliano Leandro Damiao), l’altro è da scegliere tra l’usato sicuro (Gilardino, Borriello, Osvaldo o Matri), la speranza di ripetere il colpo Cavani (portando a Napoli dal Palermo Abel Hernandez) e il sogno. Quest’ultimo si declina in due nomi: Gonzalo Higuain e Zlatan Ibrahimovic.
Aurelio questa volta vuole realizzare un kolossal (lo scudetto) e non un cinepanettone: ora, grazie a Cavani, ha i soldi per farlo. E a San Gregorio Armeno i maestri della cartapesta già sognano presepi fuori stagione. E le altre? Quelle che non hanno o non possono vendere i campioni arrancano. Ecco il motivo per cui il Milan aveva pensato di mettere sul mercato El Shaarawy. Ecco perché, dopo il rifiuto del Faraone, il mercato rossonero langue. Il motivo è semplice: se non parte nessuno (per Robinho e Boateng le offerte non convincono, ora si pensa di cedere Niang), nessuno arriva. A parte il giapponese Honda, buon centrocampista, ottima operazione di marketing internazionale. Detto dell’Inter alle prese con i sogni indonesiani (se la trattativa per la cessione del club dovesse sbloccarsi, i nerazzurri potrebbero fare la voce grossa sul mercato), un capitolo a parte merita la Juve. Grazie ai soldi della Champions ha tesserato Tevez e Llorente, anticipando tempi e concorrenza. Ora pensa a vendere: già salutato Giaccherini, titoli di coda sulle esperienze bianconere di Isla, Matri, Quagliarella e, perché no, Vucinic. Con i soldi delle cessioni, poi, altri innesti mirati. Perché il refrain, neanche a dirlo, è sempre lo stesso: vendere per vincere.