A Bosco Mesola, 400 persone hanno marciato per protestare contro l'ipotesi di costruzione di un insediamento in un'area attrezzata per i camper. Ad attirare la gente in piazza sono bastate le "voci" sulla vendita della zona
Un intero paese ha marciato contro lo spettro di un campo rom nelle proprie vicinanze. Quattrocento persone a Bosco Mesola, frazione di Mesola, nel Basso ferrarese, comune di poco più di settemila anime, si sono raccolte spontaneamente e hanno protestato contro un’idea. Meno di un’idea, un’ipotesi. Perché nessuna carovana rom aveva intenzione di stabilirsi in quel luogo. E soprattutto, non c’era nessun rom da ‘cacciare’. Al massimo qualche sinti, raccolto in preghiera.
Il casus belli nasce da una voce, “più che fondata” secondo lo stesso sindaco, che voleva l’Oasi Park, area sosta per camper, messa in vendita. Con una trattativa avviata con famiglie rom. Inconcepibile per la popolazione, che in un batter d’occhio ha iniziato a raccogliere firme e distribuire volantini in tutti gli esercizi pubblici della piccola frazione e nei paesi limitrofi.
Marcia contro la vendita dell’oasi ai rom: “protestare contro il possibile insediamento rom”. L’appuntamento fissato era per mercoledì 17 luglio nella piazza del paese. Da qui è partita una camminata pacifica verso l’area camper. Alla marcia si sono presentati in 400. Questo grazie anche al tam tam sui social network, dove rimbalzava la premura di “salvaguardare il nostro piccolo paese se non vogliamo che tutto ciò un giorno diventi incontrollabile”.
A tranquillizzare i suoi cittadini, a manifestazione avvenuta, ci ha pensato anche il sindaco Pd di Mesola, Lorenzo Marchesini. Su facebook informava che presto avrebbe incontrato i gestori dell’Oasi Park, sottolineando che“nessuno ha mai autorizzato questo raduno o peggio ancora (sic) la vendita a nomadi o altro e che nessuno aveva avuto informazioni in tal senso”.
A dire la verità l’unica cosa non autorizzata era proprio la camminata. Che ha portato, come detto, 400 persone davanti all’area dove soggiornavano in maniera del tutto pacifica trenta famiglie con donne e bambini. E che, pur svolgendosi in maniera pacata, ha intimorito gli ignari ospiti. Che non erano rom. Bensì sinti. Erano arrivati lì da qualche giorno, pagando la dovuta quota, per un raduno spirituale sotto una tenda evangelica. Ovviamente il raduno è saltato. E questo viene letto come “un brutto episodio di discriminazione – accusa Davide Casadio, presidente dell’Associazione nazionale dei Sinti e ministro di culto – mi chiedo come si possa permettere che centinaia di persone marcino di sera verso un posto dove ci sono famiglie con bambini, che passano semplicemente alcuni giorni di vacanza assieme. Per fortuna non ci sono stati episodi di rilievo, ma la tensione era alta, come testimoniano le registrazioni audio che abbiamo”. A Casadio non è sfuggito nemmeno il volantino contro “il possibile insediamento rom”: “noi non c’entriamo nulla con i rom, siamo sinti; ma quelle parole hanno il sapore di incitamento all’odio razziale contro il loro popolo”.
Scoperto il ‘disguido’, il sindaco cerca di gettare acqua sul fuoco, chiarendo che “nessuno ce l’aveva con loro. Il problema, rientrato, era con i proprietari dell’Oasi Park: l’area per legge può ospitare solo camper per 72 ore e, quanto all’eventuale vendita, quella zona, per via del suo valore turistico, è vincolata e non può essere destinata ad altri usi. La vendita è possibile, ma l’uso diverso da quello di destinazione no”.
Nessuna discriminazione, insomma. Ma se arriva la domanda fatidica, concederebbe un’area a una carovana nomade per stanziarsi temporaneamente sul territorio comunale?, il primo cittadino fa spallucce: “Non saremmo in grado di sostenerlo e non abbiamo i luoghi adatti”.