Il prefetto Alessandro Pansa non ha detto tutta la verità al Parlamento. E non su una circostanza secondaria, ma sullo status di rifugiato del miliardario Mukhtar Ablyazov e di sua moglie Alma Shalabayeva. Sulla donna deportata in Kazakistan con la figlia e sul dissidente-ricercato, per il quale la polizia italiana si è prestata a tentare un arresto, con dispiegamento notevole di forze e due blitz, su richiesta, pressione e interferenza del-l’ambasciatore kazako a Roma, Andrian Yelemessov. “Abbiamo chiesto formalmente all’Inghilterra se Ablyazov è un rifugiato, ma ancora non abbiamo avuto risposte”, ha detto il capo della Polizia alla stampa lasciando l’audizione in Commissione diritti umani al Senato. Aggiungendo che l’Interpol “per statuto non inserisce nel bollettino delle ricerche i rifugiati”. Da settimane gli eserciti berlusconiani (giornalisti e parlamentari) insistono su questo concetto: Ablyazov potrebbe non essere un rifugiato ma anzi un pericoloso criminale, come ripete il governo kazako guidato dal dittatore Nursultan Nazarbayev, amico di Silvio Berlusconi. Quindi tutto questo rumore per l’espulsione della moglie e della figlia sarebbe ingiustificato.

Sarebbe bastata una ricerca su internet – Pansa dice una cosa vera quando afferma che manca una risposta formale, ma ne omette una più importante e altrettanto vera: Scotland Yard già il 4 giugno comunica con una lettera scritta (anche se definita informale dalla polizia italiana) che Ablyazov e la moglie sono rifugiati in Gran Bretagna. Informazione fra l’altro ottenuta non su interessamento o richiesta avanzata dalla Questura, che aveva tentato di catturare Ablyazov, o del ministero dell’Interno, ma su interessamento della Farnesina che si attiva nei primi giorni di giugno. Inoltre Pansa non racconta che secondo la stessa relazione del capo dell’Interpol italiana Gennaro Capoluongo, i dati sullo status dei rifugiati non sono inseriti nella banca dati Interpol. Anche se magari, come nel caso di Ablyazov, basta fare una ricerca su Google o una telefonata alla polizia britannica per farsi venire qualche dubbio. Pansa ha consegnato alla Commissione diritti umani gli allegati. Quindi non aveva intenzione di nasconderli, ovviamente. Però la rappresentazione dei fatti, prima nella relazione consegnata al vicepremier Angelino Alfano e da questa letta nei due rami del Parlamento, poi durante l’audizione in commissione a Palazzo Madama è stata lacunosa e da lì è nata una leggenda che va sfatata: non corrisponde al vero il fatto che la polizia italiana non è a conoscenza dello status di rifugiati in Gran Bretagna di Ablyazov e della moglie. Formali o informali che siano, gli atti che oggi pubblichiamo dimostrano l’esatto contrario. Non solo. Uno dei due passaggi evidenziati in neretto nella relazione del direttore facente funzione della direzione Cooperazione internazionale di polizia, Gennaro Capoluongo, è relativa proprio allo status: “Va precisato che la Cooperazione di polizia, attraverso i detti canali non afferisce a tali tematiche (concessione di asilo, di status di rifugiato) attesa la particolare riservatezza che gli Stati adottano nella comunicazione di tali benefici a tutela della sicurezza personale del richiedente e dei familiari e le specifiche attribuzioni in capo ad altri uffici e organismi”.

Quindi non è affatto vero, come ha sostenuto Pansa, che un rifugiato non può risultare anche ricercato dall’Interpol. Soprattutto dal suo Paese. Altrimenti da cosa si rifugia un rifugiato politico? Sarebbe stato sufficiente, ancora una volta, effettuare una semplice verifica su internet. A fine maggio. Guardare le mail tra il 4 e il 5 giugno o, terza possibilità per avere conferma che il kazako era un rifugiato, leggere la relazione del 6 giugno redatta da Capoluongo che riassume le comunicazioni ricevute da Satnam Rayit, capo dell’ufficio immigrazione di Londra che, il mattino del 5 giugno comunica all’ambasciata italiana in Inghilterra lo status di rifugiato di cui gode Ablyazov e la moglie Alma. E Giampietro Moscatelli, esperto della sicurezza a Londra, gira l’informazione a tutti i funzionari e i dirigenti del Viminale. “Il soggetto ha status di rifugiato”, scrive alle 14.09 e pochi minuti dopo aggiunge: “La moglie ha status rifugiato ma non ha divieto di espatrio”.

La relazione del capo dell’Interpol italiana – Infine il 6 giugno, come detto, Capoluongo relaziona. “Il fascicolo del soggetto alla Uk Border Agency è riservato con accesso ristretto. (…) Tale agenzia mi informava, anche via email, che la persona in argomento gode di asilo dal 2011 e valevole fino al 2016 (…). Tali informazioni mi sono state ulteriormente confermate stamani”. Ma già il 31 maggio, mentre veniva accompagnata a Ciampino, Alma disse all’agente che l’aveva in custodia, Laura Scipioni, che suo marito era perseguitato. “Mi disse che suo marito era stato in prigione e molti loro amici erano stati uccisi dagli uomini del presidente”, ha ammesso Scipioni a verbale. Dopo aver già consegnato Alma e la piccola Alua al Kazakistan. E dal sei giugno le autorità, sapendo il grave errore commesso, sono rimaste inermi.

di Marco Lillo e Davide Vecchi

Da Il Fatto Quotidiano del 20 luglio 2013

LA PRECISAZIONE DEL DIPARTIMENTO DI PUBBLICA SICUREZZA

L’informazione secondo la quale Mukhtar Ablyazov e la moglie avrebbero ottenuto il riconoscimento all’asilo nel Regno Unito “non è ufficiale e quindi non utilizzabile”. Lo precisa il Dipartimento della Pubblica sicurezza in merito all’articolo pubblicato oggi dal “Fatto Quotidiano”, secondo il quale lo scorso 4 giugno Scotland Yard aveva comunicato alla polizia italiana lo status di rifugiato del kazako e di sua moglie.

“Anche il segretario Interpol di Lione – prosegue il Dipartimento – ha chiesto ripetutamente conferma all’Interpol di Londra di comunicare la condizione di asilante del latitante e non ha ottenuto risposta”. Lo stesso Dipartimento, aggiunge, “ha chiesto e sollecitato la medesima informazione all’Interpol britannico e non ha ottenuto risposta”.

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