Il ruolo del funzionario che ha eseguito a tempi record il decreto di espulsione che ha riportato Alma Shalabayeva e sua figlia in patria. Di servizi di sicurezza interni alla Criminalpol. Dall'ufficio immigrazione alla scalata delle graduatorie e al corso per super dirigenti
Efficenza è la parola che ama di più Maurizio Improta, capo dell’ufficio stranieri della Questura di Roma. Snocciola numeri, statistiche, prestazioni appena ne ha occasione. Con un passato nelle pubbliche relazioni sa che è sempre importante mostrare ottime performance, soprattutto quando si parla di immigrati e di sicurezza. Ed efficiente lo è stato sicuramente dal punto di vista dell’ambasciata del Kazakistan, quando in poco più di 48 ore è riuscito a rispedire in patria la moglie e la figlia del principale dissidente e capo dell’opposizione.
Gestire il più grande ufficio immigrazione in Italia è un affare delicato. Dietro l’aspetto burocratico di un permesso di soggiorno o di un ordine di espulsione ci sono vite e storie a volte uniche. Ci sono casi dimenticati, come il lungo elenco di stranieri rispediti silenziosamente nei paesi che non rispettano i diritti umani – come ha denunciato il senatore del Pd Manconi – e ci sono dossier che si intrecciano con la diplomazia, come quello della moglie del dissidente Ablyazov. Un crocevia che Maurizio Improta dirige dal 2006 e che oggi sta per lasciare dopo una promozione last minute. Un mese dopo la extraordinary rendition romana il dirigente che ha gestito il rimpatrio della famiglia kazaka ha saltato qualche decina di posizioni nella graduatoria delle promozioni annuali nella Polizia di Stato, preparandosi ad affrontare nei prossimi giorni il corso per super dirigente, come ha raccontato nei giorni scorsi il Fatto quotidiano. Una strada spianata verso la promozione ai vertici dell’amministrazione dell’interno.
Maurizio Improta è figlio d’arte. Il padre Umberto – morto nel 2002 a 69 anni – aveva diretto la questura di Milano e la prefettura di Napoli, dopo essersi occupato per anni di terrorismo dagli uffici dell’Ucigos, con molti punti d’ombra sull’uso di metodi particolarmente duri negli interrogatori da parte della sua “squadra”. Alla fine degli anni ’80 Maurizio, il primo figlio, aveva iniziato a seguire la sua carriera, partendo dai servizi di sicurezza interni. Una passione, quella per l’intelligence, che ha mantenuto, continuando a collaborare con la rivista del Sisde Gnosis. Sua l’analisi pubblicata nel 2007, intitolata “L’immigrato a due facce: il regolare e il clandestino”, non particolarmente originale, ma piena di dati e percentuali.
Dal Sisde passò una ventina di anni fa alla Criminalpol del Lazio, per poi continuare la carriera nella questura di Roma: squadra mobile (dal 1999 al 2002), ufficio stampa e pubbliche relazioni, fino ad arrivare alla segreteria particolare del questore. Il 29 giugno del 2006 è arrivata la promozione a dirigente dell’Ufficio stranieri.
Il suo ruolo nell’affaire Shalabayeva è stato centrale. E’ il suo ufficio che decide di proporre prima il trattenimento e poi l’espulsione della moglie di Ablyazov. Ed è sempre il suo ufficio ad eseguire il decreto firmato dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro – che, raccontano diverse fonti, ha uno stretto rapporto di amicizia con Improta – a tempo record, permettendo l’uso inconsueto di un volo appositamente affittato dall’ambasciata del Kazakistan. Senza dire niente a nessuno, come lui stesso scrive in una relazione del 3 giugno: “Non aver informato nessuno dei suoi superiori del volo diretto per l’allontanamento della donna, non essendogli stato specificato dal consigliere dell’Ambasciata kazaka che il volo fosse stato appositamente predisposto”. Nessuno – assicura – non si era accorto che quell’aereo non faceva un normale servizio passeggeri.