Qualche giorno dopo le cose si leggono più chiaramente; si aggiungono anche altre certezze, a quello che già si sapeva fino qui. E lo sgomento sale ulteriormente, questo termine che è anche aggettivo e dice così bene questo forte turbamento, il timore per l’inevitabile indebolimento che, a causa della vicenda Shalabayeva, investe le massime cariche istituzionali.
Quello che è andato in scena ieri, nel Senato della Repubblica, è una parodia della politica.
La politica è coraggio, non un generico richiamo all’ordine da caserma. La politica è tenere alta la bandiera della democrazia, dei diritti, della libertà e della sovranità di un Popolo; non può limitarsi a impedire tensioni di governo; a maggior ragione quando queste si originano da comportamenti supponenti di una parte e perciò stesso inaccettabili. Ho avuto stima del “j’accuse” del mio capogruppo Zanda, il quale in una sola frase ha fatto sintesi di un problema e di un’anomalia chiedendo se non sia il caso di rivedere il surplus di ruoli rivestiti dal vicepremier, ministro degli Interni e segretario nazionale del Pdl Alfano.
Come a dire: “devi dimetterti, perché da questa situazione emerge che da parte tua non è stata gestita una vicenda grave e delicata, come avrebbe dovuto fare un Mmnistro deputato”. Ma anche che non si può contemporaneamente occupare più ruoli con il concreto rischio di svolgerli tutti, inevitabilmente, poco e male. La scelta conseguente avrebbe dovuto essere quella di ottenere in ogni modo quelle dimissioni, facendo prevalere la credibilità istituzionale piuttosto che la difesa ad oltranza di un comportamento manifestamente negligente e lacunoso – se non connivente.
Così ancora non è ad oggi ma, lo ribadisco, dovrà essere.
Quando si è scelto il difficile percorso di governo con il Pdl – viste le opposte visioni e il risultare da sempre avversari politici – era implicito che la lealtà tra così diversi alleati avrebbe richiesto impegno, serietà e limpidezza nelle scelte. Si sapeva anche che avremmo giocato una partita con giocatori come il leader Berlusconi, abituato alle partite di poker non certo a quelle di briscola. Nessun arretramento dunque può essere accettato, si deve accettare con determinazione e persino con durezza la sfida per la vittoria dei valori democratici, quand’anche sul filo del rischio-governo.
Il giorno dopo mi conferma che gli illuminanti artt. 67 e 95 della Costituzione sono stati dimenticati o almeno messi in discussione nelle dichiarazioni rese da più soggetti politici; ma la Costituzione, faro del nostro viaggio, afferma con chiarezza diritti e doveri di ognuno, compreso il costo della responsabilità di un ruolo.
A pagare sono in pochi e normalmente i meno in vista. Gli Italiani lo sanno, e a tutti loro abbiamo promesso un cambio di marcia, un rispetto autentico delle regole che ci siamo dati. Abbiamo promesso una politica capace di essere esempio e comprensibile, un impegno difficile da mantenere, ma è nostro dovere impegnarci fino in fondo per farlo.
Serve un colpo di reni che può valere molto.