La separazione dei tre poteri è un’usanza abbastanza demodé oggigiorno.
Anzi, azzarderei a dire che l’ultima frontiera sia una contaminazione di usi, costumi, linguaggio che porti ad una trasversalità disciplinare tra i tre.
L’ultimo esempio in questa direzione consiste nella ‘prescrizione’.
In termini giuridici la prescrizione consiste nell’ “estinzione di un diritto, di un reato o di una pena per trascorsi limiti temporali”.
Tappa fissa nelle vicende giudiziare dell’ex Presidente del Consiglio, la parolina aveva già gettato un primo ponte sullo stretto tra politica e legalità, incarnando spesse volte il deus ex machina intervenuto in extremis a salvare le sorti politiche del Cavaliere.
Proprio in questi giorni le dodici lettere salvifiche vedono raddoppiare il loro potenziale connettivo tra poteri, intervenendo come guest star prestate dalle scene della legge al circo della politica.
Il Presidente della Repubblica Napolitano (che, non trovandomi in Parlamento, ho ancora il diritto di nominare invano) con il Discorso del Ventaglio ha definitivamente prescritto la politica, ossia ne ha dichiarato l’estinzione dovuta al superamento di qualsiasi ragionevole limite temporale.
“Non ci si avventuri perciò a creare vuoti, a staccare spine, per il rifiuto di prendere atto di ciò che la realtà politica post-elettorale ha reso obbligato e per un’ingiustificabile sottovalutazione delle conseguenze cui si esporrebbe il paese”, ha detto Napolitano. E il messaggio è arrivato chiaro e tondo: lasciate ogni speranza di fare politica o voi ch’entrate, perché la politica è fuori tempo massimo e indulgere ancora a virtuosismi etici, civili, morali è un anacronismo imperdonabile.
Un inno alla realpolitik quello di Napolitano: parola sciagurata in cui l’aggettivo ‘real’ assume il valore di prefisso negativo, finalizzato ad annullare il senso del termine ‘politik’.
Sostanzialmente, quello di giovedì, se interpretato nel suo senso profondo è un outing che il Presidente ha fatto al Paese: il ruolo di garante che il Capo dello stato è chiamato a ricoprire, non è più quello di custode della Costituzione (altro soggetto prescritto) bensì quello di tutore della realeconomik.
Napolitano, migliorista per costituzione, è arrivato a concludere che il ‘miglioramento’ migliore possibile sia quello di moderare le scelte politiche al punto tale da non farne proprio.
Spesso l’età non conta, ma talvolta invece lo fa: lo spirito critico, la capacità di mettere in discussione lo status quo qualora non lo si ritenga giusto, l’elasticità per tenere a mente che la politica è un’arte in divenire e che al centro di essa, qualunque cosa dicano i tempi, i partner economici e il mercato, deve sempre e comunque stare l’uomo, sono caratteristiche che a volte il disincanto e la staticità degli anni cancellano.
Napolitano, nella sua apparente modernità plasmata sui dettami contemporanei, è e si dimostra un uomo anziano.
Ricorda quelle donne d’età con i capelli lunghi lunghi, tutte truccate e con le minigonne, che nel tentativo disperato di sembrare giovani non fanno che sottolineare la loro vecchiaia.
Poi viene in mente Vanessa Redgrave nello splendore delle sue rughe e dei suoi capelli bianchi che ne suggellano l’eterna giovinezza.
E allora mi ricordo un celebre aforisma: “La vecchiaia è come l’alcool e come l’amore: ci ritrovi dentro quello che ci porti”.