Dal 3 luglio, giorno della deposizione del presidente Morsi, le persone arrestate tra i simpatizzanti e i membri della Fratellanza musulmana sarebbero state oltre 660: tra loro, anche esponenti di primo piano del Partito libertà e giustizia, la guida spirituale del gruppo e l’avvocato Abdelmonim Abdelmaqsoud, nonché collaboratori di Morsi.
Lo stesso ex presidente risulterebbe agli arresti in una località sconosciuta, insieme a diversi suoi collaboratori.
Buona parte degli arresti è stata eseguita l’8 luglio, durante gli atti di violenza alla sede della Guardia repubblicana, in cui sono stati uccisi almeno 51 sostenitori di Morsi.
La maggior parte degli arrestati è stata rilasciata, ma altri alla fine della scorsa settimana rimanevano in carcere perché impossibilitati a pagare la cauzione (da 106 a 531 euro). Numerosi ulteriori mandati di cattura potrebbero essere eseguiti in questi giorni.
Amnesty International ha sollecitato le autorità egiziane a rispettare il diritto a un giusto processo di coloro che sono stati arrestati e rischiano l’incriminazione per incitamento o partecipazione alla violenza.
Amnesty International ha anche chiesto l’apertura di un’inchiesta che faccia pienamente luce sulle denunce di maltrattamenti e torture presentate dai detenuti, soprattutto in occasione degli arresti avvenuti di fronte alla sede della Guardia repubblicana.
I detenuti hanno riferito di essere stati colpiti coi calci dei fucili e di essere stati sottoposti a scariche elettriche. Una volta portati alle stazioni di polizia, secondo i loro racconti, sono stati bendati e interrogati da uomini ritenuti appartenere ai servizi segreti dell’Agenzia nazionale per la sicurezza, una modalità che ricorda le tattiche dell’era Mubarak. Sarebbe poi stato impedito loro di contattare le famiglie e gli avvocati.
Un ex detenuto, Mostafa Ali, ha riferito che lui e sua moglie sono stati costretti a strisciare su vetri rotti. I due si erano riparati in un edificio nei pressi della sede della Guardia repubblicana, dopo che le proteste erano state disperse. Gli uomini della sicurezza li hanno arrestati insieme ad altre persone, hanno ammanettato gli uni agli altri e li hanno costretti a strisciare sull’asfalto ricoperto di resti di bottiglie.
La Fratellanza musulmana ha dato prove, a più riprese, del suo disprezzo per i diritti umani e l’anno di presidenza Morsi è stato segnato da corruzione, violenza (soprattutto contro le donne), autoritarismo, pesanti limitazioni alla libertà d’espressione e attacchi contro oppositori e appartenenti alle minoranze religiose. Ne abbiamo parlato più volte nel blog. Tutto questo, tuttavia, non può essere un motivo valido per violare i diritti umani dei suoi aderenti e simpatizzanti e per plaudire all’operato delle forze armate egiziane.
Nelle prime due settimane dal ritorno al potere dell’esercito, sembra di essere tornati al tempi dello Scaf. Il post-Morsi pare come il post-Mubarak. L’Egitto merita di meglio.