Il cromosoma X, a sorpresa, nell’uomo, svolge un ruolo chiave nella produzione degli spermatozoi. È quanto ha scoperto un gruppo di ricerca americano del Whitehead Institute che ha pubblicato il risultato sulla rivista Nature Genetics. Ma questa non è l’unica sorpresa che arriva dallo studio: i ricercatori hanno anche scoperto che, nonostante la reputazione di cromosoma più stabile, il cromosoma X sta invece subendo cambiamenti molto rapidi.
Presi insieme, questi risultati, sottolineano gli autori, suggeriscono che è il momento di riesaminare l’importanza biologica del cromosoma X. È come se il cromosoma X avesse una ‘doppia vita” ha osservato David Page che ha coordinato il lavoro e il cui laboratorio è noto per le ricerche pionieristiche sul cromosoma maschile Y. I ricercatori hanno confrontato il cromosoma X dei topi con quello dell’uomo, anche per testare il principio biologico secondo cui il contenuto dei geni del cromosomi X è conservato e condiviso tra i mammiferi. Tuttavia, per rendere tale confronto valido, i ricercatori hanno prima dovuto aggiornare, grazie alle nuove tecniche di sequenziamento, la sequenza di riferimento del cromosoma X umano, che era stata originariamente realizzata con un mosaico di sequenze dei cromosomi X di almeno 16 persone. Un mix che però aveva errori e lacune.
Con il riferimento aggiornato alla mano, è stato scoperto che il cromosoma X del topo e dell’uomo condividono quasi il 95% dei geni. Quasi tutti questi geni sono espressi in entrambi i sessi. Sorprendentemente, però, sono stati identificati circa 340 geni che non sono condivisi tra le due specie. La maggior parte di questi geni risiede in regioni del cromosoma che sembrano essere state acquisite in maniera indipendente durante gli 80 milioni di anni in cui uomo e topo si sono evoluti dopo essersi separati da un antenato comune. È stato scoperto che, sia nell’uomo sia nei topi, gran parte di questi geni è attiva quasi esclusivamente nei testicoli, dove, probabilmente giocano un ruolo importante nella produzione degli spermatozoi.
Il link all’abstract sul sito di Nature