Lanciagranate e kamikaze contro il carcere vicino a Baghdad divenuto famoso per le torture inflitte dai soldati Usa. Attaccato in simultanea il penitenziario di Taji. Militanti islamici rivendicano on line la liberazione di migliaia di detenuti, ma le fonti ufficiali ridimensionano
Almeno 500 detenuti, molti dei quali appartenenti ad Al Qaida, sono fuggiti la scorsa notte dalla prigione di Abu Ghraib, poco fuori Baghdad, in Iraq, dopo un assalto di insorti. Lo ha affermato il deputato Hakim al Zamili, membro della commissione sicurezza e difesa del Parlamento iracheno, citato dall’agenzia Nina. Sarebbero almeno 41 i morti rimasti sul terreno nell’attacco al carcere – divenuto famoso durante l’occupazione americana per le torture perpetrate dai soldati Usa ai prigionieri iracheni – e all’altra prigione di al-Hout a Taji, a nord di Baghdad. Lo hanno riferito fonti della sicurezza irachena, citate dall’agenzia d’informazione Dpa, secondo cui i feriti sono complessivamente 64.
Nella notte, decine di uomini armati di fucili d’assalto e granate hanno tentato simultaneamente l’irruzione nei due pentenziari. Nell’attacco, a cui hanno preso parte anche dei kamikaze, sono stati utilizzati lanciarazzi Rpg. L’assalto è stato bloccato dall’intervento degli elicotteri delle forze di sicurezza. Nel corso della “sommossa” che ha seguito gli attacchi sono morti ventuno prigionieri e venti tra agenti di polizia, soldati e guardie carcerarie. Negli scontri notturni, durati quasi 10 ore, sono inoltre rimasti feriti 25 prigionieri, ha riferito il portavoce del ministero della giustizia Wassam al-Fraiji.
In mattinata gruppi di militanti islamici avevano diffuso su Internet proclami sulla liberazione di migliaia di prigionieri. Era seguita una nota del ministero dell’Interno iracheno che ridimensionava l’accaduto: “Le forze di sicurezza del Comando operativo di Baghdad, con il supporto di velivoli militari, sono riuscite a sventare attacchi armati contro le due prigioni di Taji e Abu Ghraib”, spiegava il comunicato, e le forze governative hanno “il pieno controllo delle due regioni”.