Nonostante la frana continui ancora a camminare giorno dopo giorno, risvegliata dagli scavi per la galleria, la procura di Bologna ha depositato la richiesta di archiviazione per l’inchiesta per disastro colposo e frana, sugli effetti degli scavi per realizzare la Variante di valico tra Bologna e Firenze, nella zona di Ripoli, frazione di San Benedetto Val di Sambro sull’appennino. Le indagini partirono nel 2011 dopo diversi esposti di un comitato di residenti che lamentava danni alle case, provocati dai movimenti del terreno. Insieme al paese con la sua chiesa e le sue case, la frana ha fatto muovere anche i piloni della vecchia Autostrada del sole tuttora in esercizio, che passa sopra il paese. L’ultimo sgombero nel paese di Ripoli risale a poche settimane fa. Inoltre decine di persone hanno già perso la loro casa negli ultimi tre anni.
L’inchiesta, che è sempre rimasta a carico di ignoti, aveva avuto il suo momento più importante quando agli inizi di marzo un gruppo di consulenti nominati dalla pm Morena Plazzi avevano portato a termine un lungo studio sui motivi che avevano scatenato quella frana da 60 milioni di metri cubi di terra. La consulenza coordinata dal professor Paolo Berry aveva dimostrato che la frana Santa Maria Maddalena, insieme almeno ad altre due frane anch’esse riattivate, erano ripartite tra il 2010 e il 2011 a causa di quei lavori commissionati dalla società Autostrade per l’Italia. La progettazione della Variante di valico in quel tratto aveva inoltre avuto molte pecche, tra cui quella di non prevedere, con studi accurati, quali potessero essere le conseguenze per il territorio di una galleria lunga 3,8 chilometri.
Secondo la Procura di Bologna tuttavia, nonostante le leggerezze verificatesi in fase di progettazione e nonostante non venga messo in dubbio il nesso scavi-frana (e questo potrà avere conseguenze nelle cause civili aperte), sarebbe stato impossibile al momento della progettazione definire con una previsione precisa quella che poteva essere l’evoluzione della frana.
Due i ragionamenti del pubblico ministero: il primo è che in un eventuale processo l’accusa a un imputato di disastro colposo non reggerebbe. Essendo infatti l’intero Appennino tosco-emiliano caratterizzato da una geologia difficile, simile a quella di Ripoli, non ci sarebbero elementi per affermare che una diversa progettazione o un diverso tracciato della galleria avrebbe sicuramente escluso l’insorgere di frane.
In secondo luogo, per la Procura, per la frana a Ripoli non c’è un vero e proprio colpevole, o meglio è impossibile contestare agli autori dei progetti, in tanti anni di preparazione della grande opera, una colpevole mancanza di attenzione che li abbia portati a scegliere, sbagliando, un tracciato, destinato a franare. I lavori di progettazione, secondo il sostituto procuratore, si basarono infatti sul materiale conoscitivo dell’epoca (anni 80-90), con i limiti tecnici di quel tempo superati solo al momento dell’inizio degli scavi, quando le ditte che scavavano si sono accorte di quanto stava avvenendo.
Appresa la notizia il comitato dei cittadini fa sentire la propria voce: “Tutti i tecnici dicono che il versante di Ripoli è in frana e non vedo per quale motivo la cosa venga derubricata così. Lassù – spiega Dino Ricci, il geometra in pensione che insieme ai suoi cittadini ha sollevato il caso – stanno mettendo in dubbio la vivibilità di una intera comunità, compresa la mia casa. Bisogna fare comunque opposizione. Questa è un’ingiustizia, basta venire su a Ripoli per vedere con i propri occhi cosa sta accadendo”.
La prima reazione politica arriva invece dal Movimento 5 stelle: “Aspetto di leggere le motivazioni della disposizione di archiviazione, perché certo qualcosa manca all’appello, ovvero: le responsabilità. Un paese frana sotto la costruzione di un’infrastruttura che gli sventra la montagna sotto i piedi, e questo senza aver compiuto studi specifici o indagini geologiche, e la procura archivia il caso? Perché?”, è il commento del consigliere regionale Andrea Defranceschi, uno dei pochi politici a occuparsi dei cittadini di Ripoli. Defranceschi, lancia anche una provocazione: “Se le responsabilità non ci sono, la frana nemmeno: perché non chiedere agli abitanti di Ripoli i danni per procurato allarme?”
La parola adesso passa al giudice per le indagini preliminari che dovrà tenere conto anche delle eventuali opposizioni che potrebbero arrivare, soprattutto da parte dei cittadini. Il termine per le impugnazioni alla richiesta di archiviazione della pm, vista la pausa estiva, slittano a metà settembre.