L’iniziativa, che ha già coinvolto migliaia di giovani volontari, si propone di “rafforzare la conoscenza e la condivisione dei valori promananti dalle forze armate“. Lo scopo dichiarato è quello di propagandare una cultura militarista, come ben spiegava all’avvio del progetto il colonnello Alessandro Pinelli, comandante del 6° reggimento alpini, dicendosi felice di vedere i ragazzi “recepire i valori e il significato di fare il soldato, il ‘cittadino soldato’: valori che oggi, con la sospensione della leva, sono sempre meno diffusi e meno percepiti dalle giovani generazioni”.
Le immagini di ragazzi e ragazze che giocano a fare la guerra, con elmetto in testa e fucile in mano, possono inquietare o far sorridere.
Ma dietro a questa iniziativa non ci sono solo scopi propagandistici. Per il segretario del Partito dei Diritti dei Militari, Luca Marco Comellini (ex militare e sindacalista), che definisce la mini-naja voluta da La Russa “un’iniziativa inutile e costosa che non può più essere tollerata, un offensivo spreco di risorse pubbliche in tempi di crisi e di pesantissimi tagli al personale della Difesa”, questi corsi hanno soprattutto fini di carattere commerciale e politico. “Il dato più banale – spiega Comellini – è che grazie a questa iniziativa si genera un grosso circuito di vendita per il merchandising militare, visto che i ragazzi pagano una cauzione di 350 euro per il vestiario militare che usano durante il corso e che poi tutti si tengono. Ma la cosa più grave è che i partecipanti al termine del corso possono iscriversi automaticamente alle associazioni d’arma: consorterie che vivono di sovvenzioni ministeriali erogate in base al numero di iscritti e che manovrano cariche e voti alle elezioni”.
E a proposito di politici, il principale beneficiario della mini-naja risulta essere proprio il suo ideatore, Ignazio La Russa, che “grazie a questa iniziativa vede ingrossarsi le fila della sua associazione di giovani balilla”, spiega Comellini. Dal 2011 La Russa è infatti presidente onorario di un’associazione che riunisce tutti i “reduci” dell’iniziativa “Vivi le Forze Armate”. L’omonima associazione nazionale, patrocinata dal ministero della Difesa, dichiara di essere “apolitica”, prefiggendosi tra i suoi scopi quelli di “mantenere vivo il culto della Patria” e “custodire ed esaltare il patrimonio culturale e spirituale rappresentato dalle gloriose tradizioni delle Forze armate”.
Ai balilla di La Russa è richiesto d’indossare in pubblico una divisa composta da basco militare, vestito nero e cravatta blu, alle femmine di “raccogliere i capelli in un ordinato chignon” e ai maschi di “curare la barba”. Uno stile in perfetta sintonia con il recente invito che il generale Vincenzo Lops, ex comandante delle forze italiane a Nassiriya, ha ufficialmente rivolto a tutti gli appartenenti alle forze armate affinché “si taglino barbe e pizzetti”, spiegando con una circolare che “un volto pulito e rasato è fondamentale dal punto di vista della marzialità della disciplina e dell’aspetto esteriore, segno di vigore ed ordine militare”. “Sono questi – si chiede ironicamente Comellini – i valori fondamentali che verranno insegnati alle ‘giovani marmotte’ della mini-naja?”.