Pikmin è una serie partorita dalla fervida mente di Shigeru Miyamoto, il padre di Super Mario e di innumerevoli altre saghe del mondo dei videogiochi. Secondo quanto lo stesso Miyamoto racconta, l’idea per gli venne mentre curava le piante del suo giardino; ecco quindi prendere vita un mondo fatto da esserini ibridi, i pikmin appunto, metà animali e metà piante, un mondo rigoglioso, ma al contempo pieno di pericoli, nel quale il giocatore è un estraneo piombato lì da un altro pianeta. Un canovaccio narrativo ripetuto nei primi due episodi della serie e che ancora viene riproposto nel terzo, Pikmin 3, primo sequel diretto della saga dall’ormai lontano 2004.
Pikmin 3 è un gioco strategico molto particolare dove, con una visuale dall’alto, ci si muove per sconfiggere nemici, raccogliere oggetti, risolvere piccoli enigmi. Il giocatore non controlla direttamente i buffi esserini, ma un gruppo di tre astronauti, impegnati in una missione per raccogliere risorse per il loro pianeta, vicino all’esaurimento di cibo. Il lancio di pikmin è la loro principale azione, ed essa risolve tutti gli aspetti del sistema di gioco: si combattono mostri, si distruggono ostacoli, si recupera la frutta da riportare sul pianeta natìo. Un sistema molto semplice, ma che funziona in maniera efficace, e permette a chiunque di approcciarsi al titolo, traendone immediato divertimento. La possibilità, tutta nuova, di dividere le proprie forze, assegnando ad ogni membro dell’equipaggio una sua scorta di pikmin, è stata poi sfruttata per creare situazioni più intricate, da risolvere con un ragionamento, e ha migliorato la componente strategica del gioco.
Sotto la sua apparenza accattivante, resa dalla dolcezza che tratteggia i personaggi e gli esseri che popolano il mondo di gioco, Pikmin 3 racchiude un cuore denso di significati. La serie, da sempre, pur non trattando l’argomento in maniera diretta, pone l’accento sulla bellezza degli scenari naturali, e il giocatore non può fare a meno di considerare quanto siano attraenti quelle rigogliose ambientazioni, tra torrenti, boschetti, fiori. Si sente, a ragione, un estraneo in un ecosistema nel quale non è compreso, un punto di rottura nell’equilibrio di un pianeta incontaminato. Il mondo da salvare, in Pikmin 3, non è quello nel quale si svolge l’azione, nel quale nessuno ha mai messo piede, ma quello ampiamente civilizzato degli astronauti: una popolazione che ha completamente esaurito le proprie risorse, costretta a cercare altrove la via per sopravvivere. Ci si meraviglia degli scorci che il gioco offre, non solo per la grafica della console Wii U – sulla quale uscirà in esclusiva il 26 agosto -, ma per la loro coerenza naturale. Persino la maggior parte degli animali che dobbiamo sconfiggere non sono affatto mostri ripugnanti, ma esseri che solo la necessità di esplorare il pianeta e aumentare le fila dei propri pikmin (si riproducono riportandone i corpi presso la loro casa, chiamata Cipolla) rende nemici. Ce ne sono anche di apertamente ostili, è vero, ma il tutto rientra nelle naturali dinamiche predatorie, che un’enciclopedia interna al gioco descrive perfettamente.
Pikmin 3 riesce quindi a trasmettere questi messaggi a un giocatore attento. Il tono e le atmosfere del gioco non consentono una trattazione diretta, ma forse proprio per questo colpiscono ancora di più: il contrasto tra direzione artistica e contenuti è talmente evidente che non si può fare a meno di notare le fratture che emergono. Pikmin 3 è quindi un perfetto esempio di come i videogiochi, secondo il loro linguaggio e attraverso l’esperienza di gioco, possano essere in grado di far riflettere e trattare argomenti in maniera accessibile, intensa ed efficace.
A cura di Fabio Canonico