Il musicista romagnolo ai microfoni di Radiobici accusa la politica di avergli chiuso le porte in faccia dopo aver visto la sua simpatia per il Cavaliere. L'attacco è contro il Partito democratico e il presidente di Regione Vasco Errani: "Non sono amici del liscio. In Puglia si spendono milioni per valorizzare tarantella e pizzica, mentre qui al massimo ti danno qualche spicciolo"
Tagliato fuori per via delle sue simpatie verso Berlusconi. Parola del re del liscio, il 76enne, Raul Casadei, che ai microfoni mobili di Radiobici, tra una canzone e un’altra, è tornato a puntare il dito sulla politica emiliano romagnola, che, secondo lui, l’avrebbe tenuto lontano dai palchi della riviera: “Sono stato emarginato da tutti gli spettacoli organizzati in Romagna”.
Insomma, il musicista romagnolo che ha fatto ballare generazioni, e che ha scritto la storia dell’Italia del dopoguerra, esportando marchi di fabbrica delle balere riminesi come “Romagna mia” o “Ciao mare”, accusa la politica di avergli chiuso le porte. E di averlo costretto a una pensione anticipata. “Io andavo a suonare alle Feste del’Unità, da Parma a Genova, sempre l’ultima sera – racconta Casadei seduto sul tandem nel corso della famosa intervista su due ruote che ha coinvolto politici e personaggi dello spettacolo – e quella sera c’era sempre Berlinguer”. Poi il Pci è diventato Pds, e dall’altra parte è arrivato Berlusconi, per il quale Casadei non ha mai nascosto un certo interesse. “Silvio ormai è andato e la simpatia oggi è finita (anche se magari in futuro potrà esserci Renzi). Ma quello che non mi va giù è il comportamento della sinistra: vedendo che io avevo preso in simpatia un politico di destra che tentava di farmi sognare, mi ha tagliato le gambe”.
Ma non è la prima volta che Casadei si scaglia contro il Pd e che se la prende con il presidente dell’Emilia Romagna, Vasco Errani. Già nel 2009 dalle pagine dei quotidiani locali lanciò la crociata del liscio, parlando di un boicottaggio dei suoi spettacoli. “Vasco Errani non è di sicuro un amico del liscio” dichiarò. “In Puglia spendono milioni per valorizzare tarantella e pizzica, qui qualunque progetto proponi al massimo ti allungano qualche spicciolo. Se gli parli del liscio, ai politici di sinistra viene la puzza al naso. Sembra quasi che si vergognino di un ballo che ha radici nella tradizione contadina. Per quanto ne so, mi risulta che Errani abbia più volte apertamente detto che lui non ci sta a farsi rappresentare dal zum-pa-pa. Sarebbe come se in Brasile mettessero al bando il samba”.
Nel mirino erano finiti anche Alberto Ronchi, all’epoca assessore regionale alla cultura, e Stefano Pivato, ex assessore di Rimini, reo di aver organizzato un convegno sul liscio senza invitare il musicista romagnolo. L’ anno dopo fu la volta degli organizzatori della Notte Rosa: “Sono stato fatto fuori perché berlusconiano”. Oggi il padre del liscio torna sulla stessa polemica, sostenendo l’esistenza di un vero e proprio diktat per non farlo più suonare e per tenerlo fuori dalle feste: “Io che cantavo bandiera rossa tutte le sere, mi sono sentito escluso di colpo, punito, emarginato da tutti i festival e da tutte le manifestazioni organizzate dai comuni della riviera”. Per dirlo con uno slogan: “In Emilia Romagna non si muove foglia che Errani non voglia”.