Politica

Decreto Fare, sì alla fiducia. Opposizioni all’attacco: 251 ordini del giorno

L'iniziativa di M5S, Sel e Lega allunga di parecchie ore la discussione e il voto sul provvedimento dopo la fiducia posta dal governo. Saltata la trattativa con i Cinque Stelle su alcuni emendamenti, la maggioranza sceglie la discussione a oltranza nella notte

E’ ancora battaglia da parte delle opposizioni al decreto legge “del fare”: sono infatti 251 gli ordini del giorno presentati da Movimento Cinque Stelle, Sel e Lega, mentre solo pochi di essi sono stati depositati da singoli deputati della maggioranza. La Camera ha confermato la fiducia al governo sul decreto: i sì sono stati 427, i no 167. 

Ma il timore di maggioranza e governo è che la discussione e il voto, richiederanno parecchie ore, sposti la calendarizzazione di alcuni provvedimenti del governo. L’esame degli ordini del giorno è cominciato nel pomeriggio e occuperà verosimilmente tutta la notte dopo che i capigruppo hanno scelto di proseguire la seduta a oltranza. Solo dopo gli ordini del giorno l’Aula potrà infatti passare alle dichiarazioni di voto finali: ogni deputato, a termini di regolamento, ha a disposizione mezz’ora per parlare in quella fase. 

Il governo vuole fare presto per “rinfrescare la sua immagine”
Il governo aveva annunciato di voler porre la fiducia a Montecitorio per accelerare l’approvazione di alcuni provvedimenti entro l’estate in modo da dare una rinfrescata alla propria immagine. Perché, sì, le opposizioni cercano di mettere i bastoni tra le ruote, ma nel merito anche all’interno della maggioranza ci sono diverse spaccature. Tra le misure che l’esecutivo vuole definire prima della pausa di agosto anche la legge sull’omofobia che è un pallino della sinistra del Pd, ma anche 6 decreti, le leggi europee, il finanziamento ai partiti, il disegno di legge sulle riforme. Resta però il problema del rapporto con le opposizioni. I Cinque Stelle avevano presentato 400 emendamenti: per ritirarli i deputati M5S hanno chiesto al governo di accoglierne 8, definiti “qualificanti”, ma ritenuti “irricevibili” dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. L’esecutivo ha risposto che sarebbe stato possibile solo per 4 e la trattativa è saltata, nonostante durante l’esame in commissione fossero state approvate diverse sue proposte, l’ultima delle quali la liberalizzazione del wi-fi.

Pd: “Ostruzionismo”. Sel: “Crepe nella maggioranza”
Ettore Rosato
(Pd) accusa i deputati M5S di ostruzionismo, ma anche Sel critica il governo e con Ciccio Ferrara afferma che la fiducia serve a coprire le “crepe” nella maggioranza ed effettivamente contrasti in Commissione ci sono stati sul capitolo delle deregolamentazioni. E polemiche infatti sorgono anche sul merito del testo su cui è stata posta la fiducia: per evitare il taglio di 19 milioni alle emittenti locali sono state sottratte risorse (non utilizzate) alla banda larga, mentre sono state esentate le aziende non quotate di interesse economico (Poste, Ferrovie ecc) dal tetto agli stipendi dei manager. Secondo i deputati della maggioranza per un errore materiale che potrà essere corretto in Senato, secondo M5S per opera di una “manina” che ha inserito un “non” nel testo consapevolmente. 

Scelta Civica: “Tetto a superstipendi pubblici: il governo ha sbagliato”
Ma la polemica interna alla maggioranza. Da una parte Pippo Civati: “Io non voto la fiducia come ho sempre detto – dice a IntelligoNews – C’è da dire che l’ostruzionismo dei 5 Stelle è totale. Torti e ragioni si alternano in questa vicenda. Il mio è sempre stato un sostegno rispetto alle cose che questo governo fa. E il mio giudizio non è cambiato, anzi in queste settimane è peggiorato largamente”.

Dall’altra parte c’è Andrea Vecchio (Scelta Civica) che se la prende con il governo che ha tolto il tetto massimo per gli stipendi dei supermanager pubblici: “E’ un atto molto grave e in totale contrasto con la situazione economica e sociale del Paese”.

No di Sel, Lega e Movimento Cinque Stelle
“Noi non vi daremo la fiducia ma vi daremo qualche consiglio – ha dichiarato in Aula il capogruppo di Sinistra ecologia e libertà, Gennaro Migliore – Nei prossimi mesi avremo bisogno di un governo che faccia delle scelte più impegnative. Almeno ritornate alla numerazione piuttosto che continuare con i nomi di fantasia. Dal dl salva Italia a quello del Fare non c’è stato un solo decreto che abbia corrisposto a quello che prometteva nel titolo”.  “Mi sono chiesto cosa volesse dire decreto del fare – ha affermato il deputato della Lega Matteo Bragantini– Poi ho capito: voleva dire fare marchette”. Il Carroccio voterà contro. 

“La lunga ‘maratona’ parlamentare è iniziata – scrive Roberto Fico Dopo la decisione del governo di porre la fiducia sul decreto ‘del Fare’, era necessario un gesto decisivo da parte del M5S, una risposta da opposizione a un testo impresentabile, che non ha copertura finanziaria e che crea, inoltre, confusione sull’estensione del tetto agli stipendi (300mila euro) degli amministratori di società come Poste, Ferrovie dello Stato, Anas”. “Chissà – si chiede Marina Sereni (Pd) – se i militanti e gli elettori del Movimento di Grillo sanno che i loro deputati stanno bloccando il decreto ‘del fare’ con un ostruzionismo fine a se stesso, messo in campo perché il governo, dopo un ampio confronto in commissione che ha portato ad accogliere anche proposte del M5S, non ha accettato la pretesa di avere approvati ad ogni costo altri loro emendamenti. Chissà se sanno che questo atteggiamento sta mettendo a rischio la possibilità che la Camera decida sulla legge contro l’omofobia e sulla riforma che supera il finanziamento pubblico dei partiti”.

Sel e M5S: “Rinviare a settembre il ddl sulle riforme”
Ma le tensioni tra maggioranza e opposizioni sono destinate ad estendersi anche ad altre questioni. A partire dal disegno di legge sulle riforme costituzionali che sia Cinque Stelle sia Sel chiedono di rinviare a settembre. Il capogruppo M5S Riccardo Nuti annuncia ostruzionismo a oltranza: “Useremo qualunque atteggiamento per farlo slittare a settembre. Chiediamo da settimane di spostare l’esame della riforma costituzionale a settembre – aggiunge – Non si può esternalizzare la modifica della Costituzione, questa delocalizzazione che porta un comitato, anziché le Camere, a modificare la Costituzione. Per noi è inaccettabile”. La nostra “strategia partirà da oggi e andrà avanti a oltranza, finché il provvedimento non verrà spostato a settembre”, dichiara il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. Sel, aggiunge il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, si dice “molto turbata da vere e proprie azioni del governo contro gli interessi del Paese, come avviene nel dl Fare” e denuncia il “tentativo dell’Esecutivo di strangolare il Parlamento alluvionandolo di decreti legge e provvedimenti moto impegnativi”. Nichi Vendola giura battaglia senza sosta: “Il giudizio su questo governo è sempre più netto: si va dal processo di precarizzazione selvaggia del lavoro fino all’assalto alla costituzione, si vuole lo svuotamento del nostro modello di democrazia. L’opposizione non potrà che essere sempre più forte e netta”.

Ma il governo conferma che sul tema non ci si sposterà di un millimetro e che la strada è segnata. “Sui tempi è difficile transigere” dichiara il ministro per le Riforme istituzionali Gaetano Quagliariello. “Letta ha preso un impegno su 18 mesi – aggiunge – Se ora la legge non passa, si perde non un mese ma due o tre e i 18 mesi rischiano di diventare 20 o 21”. “Se ci sono ragioni di merito discutiamone, si può ragionare – prosegue il ministro Quagliariello – Ma non mi pare che ci siano ragioni che giustifichino il rinvio”. A M5S e Sel che annunciano ostruzionismo, il ministro replica: “Le opposizioni fanno il loro mestiere, sono sicuro che la maggioranza farà il suo”. 

Grillo: “Ripulire l’Italia dal letame”
Sullo sfondo il nuovo attacco di Beppe Grillo al governo delle larghe intese, dopo che nelle ore precedenti aveva accusato il presidente del Consiglio di “zittire il Parlamento”: “Bisogna ripulire l’Italia – scrive sul blog – come fece Ercole con le stalle di Augia, enormi depositi di letame spazzati via da due fiumi deviati dall’eroe. E’ una fatica immane, ma per salvarsi, o almeno limitare i danni, bisogna risanare il Paese, vanno sradicati inciuci, connivenze, diritti acquisiti, rendite di posizione, burocrazia”. Grillo invita a rompere lo status quo e attacca il governo Letta, “inesistente e senza alcun peso internazionale”. 
“L’Italia – continua – è come una scimmia ipnotizzata da un pitone. Ferma, immobile, paralizzata. La mancanza di una reazione qualunque di fronte alla protervia della politica sconfina nel mistero. Sembra che un intero popolo sia in attesa di qualcosa che verrà, che percepisce, ma non ha ancora messo a fuoco”.